Exartsucartaigienica.
mini0605031320-tommasoaniello.jpg, image/jpeg, 80x100
Non si può evitare di fare i conti con le solitudini e le nevrosi dell'artista contemporaneo, di sottovalutare il conflitto d'interesse di cui ogni attore protagonista sistemico dell'arte è portatore insano, basti pensare a come critici, curatori e galleristi intervengono in contesti pubblici. Non si può continuare a credere che un artista che si proponga senza delega sia impossibilitato a lasciare un segno socio culturale, continuare a presumere che una cultura alta (Musei pubblici privatizzati, gallerie private transnazionali, Accademie pubbliche privatizzate in maniera feudale, riviste mercantili d'arte specializzate ecc.) sia sempre e comunque confermabile a prescindere da quello che ribolle nei vicoli sotteranei socioculturali. L'arte oggi deve rapportarsi ad un mondo creativo etereo, globalizzato sotto la bandiera anarco liberista, con un sistema stantio e finto progressista stravolto dal Benito Ulivismo curatoriale e dallo strapotere delle fiere galleristiche d'arte contemporanea. L'arte oggi deve rapportarsi con riviste specializzate più attente al mercato che non a messaggi chiari di evidenti contraddizioni sistemiche o conflitti socio culturali, con un sistema dell'arte che ignora reggersi su logiche di guerre private e privatizzate. L'arte e gli artisti oggi preferiscono guardare altrove evitando la spigolosa realtà. In realtà nel suo nascere, crescere e morire quotidiano il gesto ed il pensiero artistico non potrebbe e non dovrebbe evitare confronti e l'artista non dovrebbe consolarsi con quello che è più facile da fare o da guardare. Tutto il sistema dell'arte necessita di una riformulazione che ancora rifiuta, scoprire ed indagare il non ovvio, il meno ufficiale ed il più vissuto. In questa nuova ottica sociale dell'arte ipersistemica, l'artista scartato di produzione è un prezioso bene culturale da proteggere e tutelare. Provate a contarli, provate a contarvi, quanti sono gli artisti sommersi che si accavallano i nervi per pochi euri al mese cercando una committenza o elemosinando visibilità mediante esposizioni saltuarie in galere-rie? Artisti sommersi e scartati di produzione condannati ad un precariato a vita. Artisti scartati di produzione ultraspecializzati, con consapevolezze culturali e competenze tecnico pratiche superiori a quelle dei loro maestri. Quanti sono gli artisti della moltitudine impossibilitati a trovare una sistemazione permanente in obbligatori musei metropolitani Benito Uliviani? Quanti sono gli artisti scartati di produzione che rifiutano il concetto massonico di delega ed affidamento protezionista culturale? Nel nome di una presunta competitività fondata su di un alchemico concetto qualitativo si negano, annientano e sommergono identità artistiche locali. L'artista oggi è una semplice vittima sacrificale da offrire alla divinità dello stand galleristico e fieristico, un logo di qualità da sgozzare nel buon nome della galleria per offrirlo al mercato, mercato quel non luogo intollerante dove il successo di un artista si sposa necessariamente con il fallimento presente di un altro. Per decenni il sistema dell'arte italiano ha guardato con ammirazione i Don Benito Ulivo ed i suoi figlioletti concettuali, lo si è visto come un antidoto a stantie politiche culturali nazional popolari. Certi artisti sommersi hanno naturalmente finito per ammirarne le capacità enfatico retoriche ignorando la sua istigazione all'imposizione culturale curatoriale e la sua presunzione museale obbligatoria di stampo stalinista. Forte di strategie di marketing culturale Don Benito Ulivo si è autoaccreditato come modello curatoriale di sviluppo artistico liberal, in realtà il suo lavoro curatoriale ha lentamente demolito ogni risorsa artistica locale materiale e culturale. Questo è un sistema dell'arte che sta ripartendo veramente dall'anno zero (come beffardamente recitava una mostra curata da lui ed il cicero in giacca e cravatta), un sistema dove la ricerca artistica è oramai schiacciata sotto il peso di improbabili strategie curatoriali che occultano leggi mal celate di marketing privatizzato globale. L'arte e gli artisti (sommersi e non) si sono immiseriti negli ultimi cinquanta anni di storia dell'arte italica. Immiseriti al punto da finire per disperazione a credere biecamente in chi gli ha ridotti così. Questo sistema deve liberarsi da quell'incantesimo del pregiudizio culturale che obbliga gli artisti alla delega culturale. Incantesimo perseverato dagli artisti stessi, i quali nel miraggio dell'appoggio massonico di galleristi, curatori, stampa specializzata e interessi bancari hanno avallato una politica artistico culturale incentrata esclusivamente su interessi economici personali. Il Catenallismo d'artista si fonda proprio su questo egoismo culturale e sociale. Questo è un sistema dell'arte barbaro, l'unico valore culturale è il profitto senza se e senza ma. La risultante di questo stato di cose è una lotta tra atomi artistici predatori che non tollerano il concetto di posse. L'ingranaggio collettivo della storia mercantile dell'arte diventa così niente altro che un limite della propria limitante libertà personale d'arricchirsi. Gli artisti dovrebbero smettere di ragionare nei termini di grande fratello sistemico imposto anche in rete subdolamente da tristissimi portali trash d'arte effimera contemporanea (http://www.exart.IT), non è scritto da nessuna parte che l'arte debba rassegnarsi ad essere forma , può essere anche contenuto e valido strumento di guerriglia semantica per l'emancipazione dell'artista stesso.
Un artista anarco comunista, produttore e consumista.
www.mariopesceafore.ilcannocchiale.it
|