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Revolution.
by Domingo Aniello Tuesday, Jun. 06, 2006 at 2:49 PM mail:

Dal 24 Giugno al 3 Luglio, Palazzo del Municipio Vecchio ad Assemini.

Revolution....
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Precorrendo il futuro democratico che sarà?


Quando ragioniamo d'arte stiamo parlando di un qualche cosa di sciamanico che in qualche modo precorre il tempo.
Di un qualche cosa di profondamente ambiguo impossibilitato a manifestarsi senza l'interazione e l'integrazione dello sguardo dello spettatore, ragion per cui mi sento d'affermare che non esiste arte od artista senza lo sguardo dello spettatore.
Detto questo, provate ad immaginare un sistema dell'arte dove tale ragionamento sia applicabile, esiste sul serio la centralità dello spettatore? L'attuale sistema dell'arte è veramente democratico, liberista e meritocratico?
L'arte sembrava avere conquistato la sua libertà di ricerca artistica e l'artista sua indipendenza culturale e professionale già agli inizi del novecento, purtroppo così non è stato, si è solo assistiti passivamente ad un passaggio di consegne dal potere culturale pubblico, statalista ed accademico mosso ad arte da Napoleone III ad uno privato e privatizzato transnazionale, così è andato meravigliosamente in frantumi il sogno anarchico dell'indipendenza professionale dell'artista targato Courbet.
In pochi oggi riflettono sul fatto che senza un Theo gallerista privato parigino non ci sarebbe un Vincent che tenga, su come Dalì, Magritte ed Ernst abbiano mandato in frantumi la rivoluzione surrealista e su come Duchamp suo malgrado sia stato mercificato e saccheggiato anche più di Pablo Picasso nonostante ad un certo punto abbia preferito giocare a scacchi piuttosto che dipingere perché stufo di sentire “stupido quanto un pittore”.
Sì, perché dal Rinascimento ad oggi l'artista (eccezione fatta per Courbet e Duchamp) è sempre stato una pedina nelle mani del potere imperiale o cortigiano, oggi però tutta l'industria culturale globale sembra deliberatamente omettere che il genio rinascimentale d'artista è figlio della volontà del principe di creare un distacco culturale (qualitativo?) tra quello che si consumava a corte e quello che poteva permettersi un signorotto locale qualunque, ragion per cui si saccheggiavano a bottega dal Ghirlandaio e dal Verrocchio giovani talentosi, li si faceva stravaccare a corte e si debellava il potere delle potentissime corporazioni d'arti e mestieri e dei suoi committenti, proprio quello che succede oggi quando galleristi e curatori crescono giovani ibride menti ancora non formate in nome di una catena di Sant'Antonio sistemica gestita dall'alto che in realtà non esiste.

REVOLUTION:

Oggi sta succedendo però qualche cosa d'anomalo, certi artisti hanno svelato la menzogna ed hanno chiaramente compreso che il canto della sirena della libertà di ricerca artistica può non passare per tappe obbligate, che un altro sistema dell'arte è possibile, a patto che la centralità di giudizio sia democraticamente attribuita allo spettatore generico e non all'utente specializzato (gallerista, critico, curatore o collezionista) in perenne conflitto d'interessi.
Eccomi quindi a dovere presentare io artista scartato di produzione, senza la protezione di un curatore, critico o gallerista, che da sempre ha rifiutato la delega, una mostra di artisti visivi che naturalmente si sono cercati e trovati e che naturalmente mi hanno cercato e trovato visto che in passato qualcuno di loro è stato un mio spettatore ed interlocutore, contribuendo così nel suo ruolo di spettatore critico e non passivo alla mia formazione permanente d'artista precario a tempo determinato ( quelli a tempo indeterminato sono già stati consegnati ai posteri da musei obbligatori permanenti privatizzati).
Ed allora il mio sguardo incolto e popolano, privo di pregiudizi si è interrogato dialogando con tali opere e forse completandole, su che cosa sia il gesto d'artista.....
Il gesto d'artista è nel quotidiano rito del thé (Simona Russo) o nella matrice onirica rivoluzionaria surrealista (Giovanni Pola)?
Nella serialità ripetitiva del gesto ritmico quotidiano mai eguale a sé o nell'incontrollato ed inconfessato sogno liberatorio?
L'arte deve muovere da un istinto domato dalla ragione?
Qualche opera afferma l'esigenza dell'arte di sfuggire al controllo della ragione, partendo dalla ragione stessa, traducendo così il gesto artistico istintivo in un attimo di disobbedienza nei confronti del grande fratello server centrale della ragione (Noemi Riva).
Dialogando con queste opere mi chiedo anche cosa sia oggi la pittura, e mi rispondo che può essere figlia di una idea militante espressiva e melanconica (Antonio Oggiano) così come gestualmente vitale, spirituale e rilevatrice (Andrea D'Ascanio).
Riscopro la pittura come possibilità comunicativa per raccontare e raccontarsi ed innamorarsi della stessa idea del fare pittorico (Carlo Deperu) per poi rivelare il suo stesso inganno visivo (Alessandra Pilleri).
Qualche opera mi ricorda poi che la pittura è anche uno strumento che serve ad indagare e conoscere la realtà e l'essenza profonda delle cose, uno strumento d'analisi ed indagine introspettivo e proiettivo(Elga Mangone) e qualche altra mi dice che niente è più bello del grafismo descrittivo libero per raccontare e scoprire l'essenza intima delle cose, certi segni e certi gesti ancestrali sono a disposizione di tutti e possono essere compresi da tutti in maniera transculturale (Maria Paola Porcu).
Scopro con piacere che il filo rosso dell'arte che si interroga su che cosa sia veramente pubblico e/o privato ed a chi sia rivolta, selezionando il suo pubblico politicamente e responsabilizzando il suo utente sulla grande truffa economica globale che ruota attorno al valore simbolico dell'arte, non si è ancora esaurito, ecco allora qualcuno che ironizza sulla serialità pop e consumistica di Warholiana memoria impoverendola e ricampionandola attraverso la fotocopia d'autore, arrivando così a concepire una auto produzione “house” d'artista (Roberto Serra).
Qualche pittore di razza interpreta la pittura come strumento per auto affermare il sé d'artista, per portarmi ad interrogare su chi possieda chi....
L'artista possiede la sua pittura o nel momento in cui la concepisce urge condividerla con uno spettatore attivo e critico?
Chi si cerca veramente di possedere?
Il media della pittura?
Lo spettatore?
L'oggetto che si crea?
L'impulso pittorico artistico di matrice erotica?
Quello che è certo è che certa pittura aiuta a scaricare nevrosi d'artista esistenziali e filosofiche come queste ed a tradursi praticamente in una inquieta, sincopata e luminosa sinfonia pittorica (Antonello Orgio).
Alla fine di questo percorso ribelle, fortemente voluto da questi artisti che hanno deciso di affrontare lo spettatore senza l'apparato di protezione curatoriale, galleristico e privatistico, forti della loro autonomia, dignità professionale e dell'onestà etica della propria ricerca artistica, un opera mi avvisa facendomi riflettere su eventuali prese di posizione concettuali, consigliandomi di non propormi come uno spettatore campione, gli spettatori sono una moltitudine eterogenea e qualcuno potrà leggere questi lavori e questa mostra in maniera diametralmente opposta rispetto alla mia e non sbaglierà certamente, l'arte è un codice di comunicazione ambiguo, ricampionabile all'infinito dallo spettatore, questa mostra sarà sempre incompleta fino a quando mancherà un punto di vista, il tuo, lettore incapace di gustarsi una mostra priva di una presentazione critica (Francesca Pili).

Domenico Mimmo Di Caterino, artista precario a tempo determinato e scartato di produzione, attualmente okkupante la rubrica “Apocalittici e (Cass)integrati” su Flash Art.

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