La rivoluzione avvenuta del sessantotto culturale.
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Studenti d'Accademia studiano che c'č stato un tempo dove l'arte riusciva a mobilitare ed a partecipare attivamente alla vita pubblica, talvolta in maniera naturale e spontanea senza che nessun potere costituito riuscisse a tirarla per i pennelli (ricordate Courbet, gli Impressionisti e Dada?). Studiano come me a suo tempo che arte, vita e politica possono conciliarsi nonostante il volere del principe. Studiano di un arte non barricate in vetuste aule Accademiche, studiata e dibattuta in locali notturni con passione e partecipazione, viene omesso nel loro studio come su tale situazione misero gli occhi galleristi privati, critici e mercanti. Vengono imposti a tali studenti l'arte e gli artisti del sessantotto, i quali dibattendo su tali problematiche hanno scalato cime Accademiche e consegnato a me come a loro una avvenuta rivoluzione culturale liberale e democratica nelle intenzioni. Subdolamente il sessantotto con la sua cultura attenta ai diritti dell'individuo ha legittimato un genere d'individualismo artistico che solo all'apparenza prendeva le distanze dalle vecchie pastoie culturali delle Accademie d'Arte. Questi artisti maestri hanno smantellato il concetto di stato e di Accademia esprimendo una incrollabile preferenza culturale che rimetteva la distribuzione economica dell'arte ai galleristi privati. Benito Ulivo ha solo raccolto i loro umori rivoluzionari. Oggi tali artisti maestri cominciano a riconoscere i propri mali (specialmente quelli in pensione), intanto io artista loro figlio e nipote cosa cazzo ho ereditato da loro? Un sogno da artista a tempo determinato escluso da un Museo obbligatorio a tempo determinato targato Tiscali?
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