Il nostro referendum
MARIUCCIA CIOTTA e GABRIELE POLO
Da trentacinque anni il manifesto rappresenta un caso unico nel panorama editoriale italiano e non solo.Nessun padrone se non la cooperativa dei lavoratori che lo mettono ogni giorno in edicola, stipendi (bassi) uguali per tutti, un giornalismo politico indipendente e autogestito specchio delle trasformazioni che hanno segnato questi anni. Un bene comune, un vero e proprio «mostro» - nel senso letterale del termine - che ha l'ambizione di stare sul mercato violandone le leggi, un luogo aperto della sinistra. Anche la porta d'ingresso è sempre spalancata e chiunque può entrare, persino gli indesiderati, come è accaduto qualche anno fa. In questi trentacinque anni abbiamo vissuto pericolosamente (e spericolatamente): centinaia di migliaia di persone lo sanno bene, quelli che ci hanno letto, lavorato e chi ci ha usato per le proprie passioni. Le crisi finanziarie hanno scandito la nostra esistenza: le abbiamo sempre superate con il nostro lavoro e con l'aiuto del «nostro mondo». Ora siamo al punto che trentacinque anni possono precipitare in un pomeriggio d'estate. Perché la libertà costa, soprattutto a chi la pratica, e arriva il momento che quei costi si materializzano in scadenze non più rinviabili. Per evitare il precipizio abbiamo bisogno di aiuto, perché questa crisi è più grave delle altre emette a repentaglio la stessa esistenza del giornale. Non è un grido d'allarme, è una semplice notizia: nelle pagine interne ne illustriamo i termini. Perciò da oggi inizia un referendum sul futuro di questo giornale: le schede elettorali stanno nel portafoglio di tante e tanti. Perché questa è una crisi che non riguarda solo noi. Coinvolge i nostri lettori più affezionati, ma anche chi ci ha comprato una volta sola nella sua vita. Chiama in ballo tutta la sinistra (nell'accezione più ampia del termine, dai partiti ai sindacati all'associazionismo) ma anche il mondo dell'informazione cui questo giornale qualcosa ha pur dato (e continuerà a dare). Sono tutti questi i nostri «padroni», tutti quelli che - magari guardandoci da lontano - pensano che la democrazia abbia bisogno di un «mostruoso» antidoto contro i rischi di omologazione del pensiero. Saremo presuntuosi,macrediamo che la nostra voce sia essenziale, che il nostro essere uno strumento di lavoro per la critica dell'esistente sia una cambiale che non dobbiamo pagare da soli. E che, perciò, la nostra sorte non riguardi solo chi lavora in via Tomacelli o chi continua a stare «dalla parte del torto», ma anche chi la pensa in modo opposto. Per questo la nostra crisi la mettiamo in piazza, per questo faremo «l'appello» dei sottoscrittori e ne racconteremo gli esiti. Da oggi entriamo in una fase di mobilitazione generale. Siamo convinti di farcela. Noi ci metteremo tutto il nostro lavoro di sempre e le nostre aperture al mondo.Maabbiamo bisogno di tutti voi. Diteci se voi avete bisogno di noi. O se - come ha detto quel genio del Savoia - siamo solo una pessima carta e un terribile inchiostro. Sostieni un bene comune Un messaggio di Giorgio Napolitano
Nei giorni scorsi abbiamo scritto al Presidente della Repubblica, on. Giorgio Napolitano, per chiedere una sua parola di incoraggiamento nella nostra difficile crisi. Nella nostra lettera, tra l’altro, scrivevamo: «Nel passato tra il manifesto e la Sua persona ci sono stati momenti di polemica. Ma siamo sicuri che tutto ciò non farà ostacolo, anzi favorirà, il Suo segno di solidarietà». Pubblichiamo di seguito la risposta di Giorgio Napolitano, molto personale e molto solidale. Lo ringraziamo con tutto il cuore. Per noi è un aiuto straordinario.
Caro Parlato, quale potrebbe essere l’ostacolo a esprimere a te e al manifesto la mia piena solidarietà per le difficoltà in cui il giornale nuovamente versa? Ci conosciamo da tanto tempo, ancora prima che cominciasse l’avventura del giornale. Credo che sia anche per questa parte di storia comune che ti rivolgi a me al di là del ruolo di cui sono attualmente investito. E’ vero, nel passato tra noi ci sono state dispute politiche e polemiche giornalistiche, ma sempre nel quadro del reciproco rispetto e come espressione di una dialettica viva e di un pluralismo fecondo. Anche per questo il manifesto è stato per 35 anni, prima come rivista e poi come quotidiano, una voce stimolante, di cui, sinceramente, non riesco a concepire la fine. La vostra è stata ed è una presenza peculiare nel panorama dell’informazione italiana, e continua a rappresentare un segno di quanto sia essenzale garantire la libertà e il pluralismo come condizione imprescindibile della democrazia. E’ nello stesso spirito con cui ho richiamato questo impegno nel messaggio al Parlamento che, oggi, vi auguro che sia scongiurato il rischio della chiusura del giornale e che il manifesto possa trovare la via di un proficuo rilancio. Cordialmente Giorgio Napolitano
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