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Bove, la telecom, e .. le fregnacce
by arturo iamasgraus Saturday, Jul. 29, 2006 at 4:17 AM mail:

F R E G N A C C E

LE ULTIME SETTIMANE DI VITA DI BOVE SI INTRECCIANO CON I MISTERI TELECOM
TIZIANO CASALI, UOMO-SICUREZZA DI TRONCHETTI, PRENOTAVA HOTEL A MANCINI
NEL MIRINO DEI MAGISTRATI IL RUOLO DI FABIO GHIONI, L’ESPERTO DI HACKERAGGIO


Peter Gomez e Marco Lillo per L’Espresso


La differenza tra il lavoro in polizia e quello in una società privata come la nostra? Una sola: in polizia il nemico ti sta di fronte... Nelle ultime settimane Adamo Bove, il manager della sicurezza Telecom morto suicida a Napoli venerdì 21 luglio, questa frase l'aveva ripetuta spesso. Dal 26 aprile del resto la sua vita era cambiata. Quel giorno il suo vecchio amico Bruno Megale, il capo della Digos di Milano, gli aveva chiesto di identificare quattro utenze cellulari emerse nel corso delle indagini sul sequestro di Abu Omar, l'imam della moschea milanese di via Quaranta rapito nel 2003 dalla Cia e dal Sismi. Bove, in Telecom dal 1999 dopo più di dieci anni trascorsi nelle fila delle forze dell'ordine, già a sera aveva dato la risposta e, senza saperlo, aveva cominciato a morire.




(Adamo Bove)




Quei quattro telefoni appartenevano a tre alti funzionari del servizio segreto militare, mentre il quarto, e questa era stata la vera sorpresa, era invece un cellulare della Pirelli. Era un telefonino utilizzato da una persona che Bove conosceva benissimo: Tiziano Casali, l'uomo che da anni cura la sicurezza personale di Marco Tronchetti Provera e dei suoi familiari. Per Bove quella scoperta era stata un colpo durissimo. Dal gennaio del 2005, quando erano comparsi su 'L'espresso' i primi articoli su SuperAmanda, la rete d'intelligence privata organizzata da Giuliano Tavaroli, il capo supremo di tutta la security della compagnia telefonica, Bove aveva cominciato a dubitare di chi gli stava attorno.

Adamo ne aveva anche discusso con il suo fratello gemello Guglielmo, dirigente come lui di Telecom, ma aveva continuato in silenzio a lavorare. Ora però era diverso. Scoprire che Casali, considerato in azienda un uomo di Tavaroli e una segretaria della Pirelli Re Property, per due volte avevano prenotato delle stanze a Milano all'Hotel Principe di Savoia per conto di Marco Mancini (il capo del controspionaggio del Sismi, arrestato a luglio per il rapimento Abu Omar) era tutta un'altra storia. Trovarsi a partecipare a un'indagine sui servizi segreti e sugli uomini della propria azienda poteva logorare i nervi anche a un investigatore integerrimo e navigato come lui.




(Afef con il marito Marco Tronchetti Provera-U.Pizzi)




Quel 26 aprile Bove non fa domande, non dice niente a nessuno. Tavaroli, del resto, in Telecom è ancora potente. Formalmente dopo che la Procura di Milano nel maggio del 2005 l'ha messo sotto inchiesta per associazione a delinquere finalizzata alla violazione dellla privacy, è stato esautorato. Per chi sta all'esterno è ormai solo il responsabile della sicurezza degli stabilimenti Pirelli in Romania, in realtà è quasi sempre in Italia. In suo favore, come scriverà 'Il Sole 24 Ore', è intervenuto l'allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio: Gianni Letta fa presente ai vertici della compagnia che Tavaroli (da tutti descritto come "il fratello" del capo del controspionaggio Mancini) secondo il Sismi ricopriva un ruolo chiave nella lotta all'estremismo islamico. Così, su pressione di Letta, Telecom lo ha incaricato di curare "l'analisi e l'implementazione delle più opportune iniziative per la prevenzione e la gestione delle eventuali crisi collegate ai rischi di terrorismo internazionale".

Tavaroli, insomma, conta ancora. Ha suoi uomini dappertutto. Nel gruppo, anche nel 2006, è difficile che accada qualcosa a sua insaputa. Bove però non ha esitazioni. Continua a collaborare fedelmente con la Digos e con i procuratori aggiunti di Milano Armando Spataro e Ferdinando Pomarici. L'inchiesta sul ruolo del Sismi nel sequestro Abu Omar è agli sgoccioli. Il 10 maggio su 'L'espresso' esce la notizia che un maresciallo del Ros dei carabinieri ha confessato di essere uno degli esecutori materiali del sequestro Abu Omar. Il maresciallo non è un carabiniere qualsiasi: è amico di Tavaroli e ha lavorato per la Procura di Milano con Fabio Ghioni, un super esperto impiegato, sotto Bove, in Telecom nel settore della sicurezza informatica. Adamo vede aumentare le ombre attorno a sé. La Procura lavora sugli amici dei suoi colleghi, sui suoi capi, ma Bove va avanti. Il 17 maggio consegna agli investigatori i risultati di altri accertamenti sui numeri del Sismi e della Pirelli.




(Renato Farina-LaPresse)




Nel gruppo di Tronchetti Provera intanto sta accadendo di tutto. È in corso una profonda ristrutturazione del comparto sicurezza, scattano controlli su controlli. Tavaroli, a metà mese, si è dimesso da ogni incarico, mentre al Sismi il suo amico Mancini, ormai indicato dai giornali come uno dei responsabili del rapimento dell'imam, si è messo in malattia. Non basta. Anche Fabio Ghioni passa un brutto momento: Bove non si fida di lui, l'azienda gli propone un trasferimento al settore della 'sicurezza fisica' a Roma. Dopo le sue proteste, i suoi capi accettano di mandarlo all'auditing interno. Ed è in queste vesti che incrocia di nuovo la strada di Bove. Il 23 maggio il Garante della privacy segnala alcune falle nei sistemi di sicurezza informatica degli uffici Tim di via Torre Rossa a Roma. Gli uffici dove Adamo Bove lavora. Gli ispettori del Garante scoprono che dai terminali della Telecom è possibile estrarre i tabulati telefonici e altri dati sensibili senza lasciare traccia di quanto accaduto.

Le verifiche di Telecom aggiungono altri dettagli: esiste più di un sistema informatico che permetterebbe di accedere ai tabulati. Ghioni è incaricato di individuare le magagne e proporre soluzioni. La sua relazione si concentra sul sistema Radar, lo strumento di lavoro abituale di Bove. Radar è una piattaforma informatica utilizzata da Tim per scoprire le frodi telefoniche: alcuni system administrator sono in grado di stampare tabulati e addirittura seguire gli spostamenti di chi utilizza un cellulare senza che nessuno si accorga di niente. I vertici di Telecom inviano così i risultati dell'ispezione interna alla Procura di Milano perché li metta agli atti dell'inchiesta su Tavaroli. La notizia però a poco a poco trapela sui giornali. Ghioni, per esempio, racconta quello che sta succedendo a Claudio Antonelli, un giovane cronista di 'Libero'. Antonelli ne parla con il suo vicedirettore Renato Farina, un giornalista che sotto il nome di 'fonte Betulla' da anni collabora con il Sismi. E Forte Braschi, come dimostrano una serie di intercettazioni telefoniche disposte dalla Procura di Milano nell'ambito dell'indagine sul caso Abu Omar, sa tutto in tempo reale.




(Marco Mancini-LaPresse)




Escono altri articoli. Il nome di Bove comincia a far capolino sulle pagine dei giornali. Il 10 giugno 'Il Sole 24 Ore', raccontando le falle nei sistemi di sicurezza Telecom, punta l'indice contro di lui e annuncia che l'ex poliziotto il lunedì successivo sarà sentito dall'auditing interno. Per Adamo Bove, come spiega oggi il fratello, quello è un altro colpo durissimo. Il manager della sicurezza si sente attaccato dall'interno della sua stessa azienda. E, come dirà suo padre alla magistratura napoletana che sta indagando sul suicidio, sospetta che la fonte della fuga di notizie contro di lui si annidi negli uffici auditing, dove lavora Ghioni.

Ma chi è Fabio Ghioni? È questo quello che si chiedono gli investigatori. La sua biografia dice tutto e niente. Poco più di quarant'anni, studi negli Stati Uniti (dove tiene conferenze), perfettamente bilingue, Ghioni è considerato una sorta di mito nel mondo degli hacker. Insieme all'amico Roberto Preatoni ha scritto un libro cult per l'universo del cyberpunk ('Ombre asimmetriche'), tiene corsi sull'hackeraggio spesso organizzati da una società di Tallin (Estonia), la Domina Security, che fa capo al gruppo del raider di Borsa milanese Ernesto Preatoni (padre di Roberto).




(Abu Omar)




Come genio dell'informatica ha pure collaborato con più procure in inchieste sull'estremismo italiano ed estero. In passato, anche se il suo nome non compare tra le carte societarie, è anche stato indicato tra i fondatori di un'azienda dell'hinterland milanese (dalla quale sarebbe poi stato liquidato) specializzata in tecnologie non convenzionali che lavora con forze di polizia e Sismi sia nella formazione del personale, sia nelle indagini informatiche sul terrorismo. Ha insomma rapporti con i servizi segreti (lui interpellato da 'L'espresso' nega) e in ogni caso fa parte del consiglio di amministrazione della Telsy, società controllata al 100 per cento da Telecom, che produce apparecchi per criptare le comunicazioni. Nel cda della Telsy sedeva fino a qualche mese fa anche Tavaroli.

Con questo quadro, non deve sorprendere se gli inquirenti che lavorano sul suicidio di Bove vogliono sentire come testimoni sia Ghioni che Tavaroli. Per Ghioni il faccia a faccia con i pm non è una novità. A Milano, dopo l'arresto di Mancini (avvenuto il 5 luglio) per il sequestro di Abu Omar, Ghioni è già stato ascoltato per oltre sette ore. E nel corso della deposizione ha parlato dei suoi rapporti con Adamo Bove e di quelli con Tavaroli (che lui giura essere stati pessimi). Ha ammesso i suoi incontri con il cronista di 'Libero' e ha parlato anche della situazione interna di Telecom. È dopo questo interrogatorio che l'equilibrio psicologico di Bove, già sotto pressione per quanto sta accadendo in azienda, sembra subire un altro colpo.




(Gianni Letta-U.Pizzi)




Come se non bastasse, da qualche giorno qualcuno ha preso platealmente a seguirlo. Bove se ne rende conto subito. A Roma, sotto casa trova ad attenderlo due giovani robusti, vestiti sportivi. Due ragazzi che appena usciva prendevano in mano il cellulare come per comunicare i suoi spostamenti a qualcuno. Poi gli andavano dietro. Bove dice al fratello: "Lo fanno apposta per farsi notare. Non si pedina così". Poi alle 2 e mezzo del mattino del 15 luglio il manager della sicurezza trova ad aspettarlo sotto il portone un uomo. Bove lo affronta a muso duro: "Chi sei? Che vuoi?".

Ma quello fa finta di non capire. Risponde anzi in inglese. Poi lo guarda e se ne va. Forse Bove a quel punto comincia a pensare a un avvertimento della Cia. Sa che in azienda di uomini legati ai servizi segreti di Oltreoceano ce ne sono molti, come l'ex vicecapocentro a Mogadiscio Jonh Paul Spinelli che fa consulenze per la Pirelli. Forse pensa di essere finito in un giro troppo grande anche per lui. E una settimana dopo muore a Napoli gettandosi da un cavalcavia che porta all'autostrada. Ricorda il fratello: "Una volta Adamo disse ai suoi colleghi della polizia di Napoli: 'Se qualcuno mettesse in dubbio la mia correttezza, mi sparerei un colpo in testa'".


Dagospia 28 Luglio 2006

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