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telecom / sismi e le nuove intercettazioni
by telenovela Saturday, Jul. 29, 2006 at 2:35 PM mail:

copia e incolla da vari siti.. dichiarazioni di Cossiga e analisi su telecom.. ed infine le nuove intercettazioni di pio pompa, l' idolo estivo dell' anno.

Roma, 28 lug (Velino) - È vero che si sta celebrando il primo anniversario dell’estate dei “furbetti del quartierino”, con un sospiro di sollievo del piccolo establishment. Ma se non si sta attenti, se si continua a rinviare e a scherzare con il fuoco, si rischia di entrare nell’anno del grande “affaire”. Si tratta ormai proprio di un “affaire”, di un affare (alla francese) dai contorni indecifrabili con diversi protagonisti, ma un baricentro: il telefono, fisso e mobile, con il famoso sistema Radar che “pescava” senza lasciare traccia in autentici archivi. Quindi, malgrado le smentite, le precisazioni e i distinguo, l’affare gira intorno a Telecom e al suo management, con in testa il presidente Marco Tronchetti Provera, l’uomo che qualche anno fa pagò “quattro per avere due”, ma con in cambio un potere enorme. I rivoli dell’affare sono diversi e IL VELINO li ha riassunti in giornate successive, partendo dalla realtà aziendale di Telecom per arrivare a tracciare un potere finanziario che mortifica le normali garanzie democratiche dei cittadini italiani. Poiché compiliamo una newsletter che riguarda le aziende, abbiamo insistito sulla pesantezza di Telecom, sul suo controllo a scatole cinesi, sull’indebitamento crescente, sulla gestione insufficiente, che viene poi fotografata dai listini di Borsa.




Dopo un piccolo rimbalzo di ieri, oggi il titolo si abbassa nuovamente su un mercato sostanzialmente stabile. È vero che sale il titolo Pirelli (parte del sistema cinese), ma non è sufficiente a garantire Telecom. I migliori operatori di Borsa a piazza Affari sono arrivati a dire: “Adesso si possono comprare i titoli di Telecom, perché il gruppo c’è, esiste, è un gigante delle telecomunicazioni. È solo ammalato. Quei titoli si possono mettere in un cassetto e tenerli come un risparmio. Comunque vada a finire questa vicenda, alla fine quel titolo, nel giro di un paio d’anni, varrà per lo meno il doppio”. Ma intanto che cosa deve accadere ? Qual è la vicenda? C’è una questione che riguarda il riassetto, gli equilibri interni di Telecom, su cui sia la Consob sia l’Antitrust dovrebbero svegliarsi un pochino, ma in Italia è sempre meglio essere “prudenti”. Ma ci sono delle scelte strategiche da operare in quel grande gruppo, c’è bisogno di un partner e difficilmente potrà essere il perenne “squalo” Rupert Murdoch, che pare completamente disinteressato a Telecom. Ci sono altri “verdoni” (piccoli squali del Mediterraneo) in giro per l’Italia, che stanno guardando più concretamente e con concupiscenza al colosso delle telecomunicazioni. In questo caso o ci si mette d’accordo oppure si fa la guerra. Se le cose si trascinano oltre il lecito è pensabile che alla fine arrivi una guerra per bande, tipicamente italiana. È il primo aspetto dell’affare Telecom.




Ma c’è un altro punto del problema, che si aggroviglia e si intreccia, che ha risvegliato la coscienza democratica del ministro dell’Interno, Giuliano Amato, per ora solo sino all’esterrefatto, non ancora all’indignato. Sono gli archivi di Telecom, centinaia di migliaia di telefonate registrate. Una questione di garanzie democratiche per un Paese normale, tanto per usare un aggettivo caro al centrosinistra. A guardare le cronache delle più prestigiose gazzette nazionali, alcuni si indignano per le commissioni fatte da Telecom al Sismi (questione Abu Omar), altri (forse gli stessi) si preoccupano per le commissioni fatte alle procure e ai giornalisti, altri ancora si preoccupano per l’archivio Telecom. Su quest’ultimo aspetto, c’è un’inchiesta alla procura di Milano molto “pensosa” (dura da un anno e mezzo), mentre qualche uomo Telecom si butta dai cavalcavia napoletani, un tragico suicidio circondato da voci sibilline e da giudizi che disonorano persino il suicida. Mentre tutto questo avviene, continuano insistentemente a circolare voci su altre intercettazioni da “buttare sul mercato” per intercettazioni telefoniche a personaggi politici illustri. Anche un mentecatto comprenderebbe che una simile sarabanda rischia di travolgere l’ultimo spicchio di credibilità di questo Paese. È qui che, se non si arriva a un accordo politico e finanziario decente, c’è da pensare all’esplosione di un “affaire” piuttosto complicato da contenere, da governare, in modo da evitare il famoso frullatore di Rino Formica su tutto il gotha del Paese. In questi casi, una persona responsabile direbbe: “Se la cavino i potenti”. Ma forse la responsabilità è una categoria che non esiste più in Italia, malgrado il proliferare di codici etici in tutti i settori della vita pubblica. E la sensazione è che l’“affaire” alla fine scoppierà.



(Gianluigi Da Rold)


28 lug 18:35


Sismi, anche Cossiga ora getta la spugna





IN ATTESA dell’audizione al Copaco del direttore del Sisimi, Nicolò Pollari, prevista per il 6 agosto, continua la guerra delle rivelazioni a mezzo stampa. Mentre il mondo poltico, maggiornza e opposizione, resta alla finestra, solo il presidente enmerito Francesco Cossiga sembra avere a cuore il destino dei servizi segreti. Ma ieri anche lui ha gettato la spugna. «Cossiga si ritira dalla battaglia». In una nota il presidente emerito della Repubblica, Francesco Cossiga annuncia così di aver ritirato tutte le interrogazioni e interpellanze presentate sul caso «Procura della Repubblica di Milano -Capo della Polizia- Digos-Sismi». Il senatore a vita spiega il perchè di questa iniziativa, sottolineando che se al governo non interessa tutelare i nostri agenti in Italia e all'estero allora «io vecchietto» non continuerò a combattere una lotta contro «funzionari di polizia ambiziosi, magistrati, giornali di un potente gruppo editoriale e gole profonde all'interno del Sismi». «Se al governo della Repubblica, e in particolare al presidente del Consiglio dei ministri, al ministro della Difesa e al ministro dell'Interno - sottolinea Cossiga - nulla importa che vengano spiati dalla polizia sedi, utenze e agenti del Sismi, anche nelle loro relazioni e comunicazioni con i rappresentanti dei servizi dei Paesi alleati e amici in Italia, e nulla importa che il nome e l'impiego di nostri agenti in Italia e all'estero venga rivelato in violazione alle norme sul segreto di Stato e anche mettendo a repentaglio la loro vita (un contributo alla nostra novella amicizia con Siria, Iran, Hamas e Hezbollah nella lotta contro l'imperialismo americano e sionista?), perchè mai debbo continuare, io "vecchietto", in una lotta donchisciottesca contro funzionari di polizia ambiziosi, magistrati d'avanguardia e giornali di un potente gruppo editoriale, e contro i traditori e le 'gole profondè che si annidano certamente dentro il servizio, e sotto i cui colpi di maglio il Sismi si sta sgretolando?», si chiede Cossiga. Il presidente emerito della Repubblica, Cossiga invita, quindi, il governo ad occuparsi della vicenda: «Se ne occupino Prodi, Amato e Parisi!». Il senatore a vita avverte:«Se ammazzano o si ammazza qualcuno dei servizi, sapremo di chi è la colpa!». Da qui un suggerimento ai vertici dei servizi: «Un consiglio ai ragazzi del Sisde, del Sismi e del Ris dello Stato Maggiore della Difesa: fregatevene, non esponetevi, perchè nessuno del patrio governo vi difenderà, mai», assicura. Nel frattempo anche Nicolò Pollari attraverso i suoi legali, Coppi e Titta Madia, ha fatto notare come le irivelazioni apparse sui giornali con la pubblicazione dei nomi degli agenti in servizio equivale a mettere a rischio la lora vita. Dopo la pubblicazione dei nomi dei giornalisti coinvolti in «rapporti deviati» con il Sismi, l'Ordine dei Giornalisti del Lazio, presieduto da Bruno Tucci, ha aperto un'inchiesta ed è in procinto di ascoltare tutti i colleghi i cui nomi sono apparsi negli ultimi giorni sui quotidiani nazionali. Solo alla fine dei colloqui, il Consiglio deciderà quali provvedimento intenderà prendere.



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e ora le intercettazioni da repubblica:
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Il vice direttore di "Libero", Renato Farina
MILANO - "Spataro? Gli ho risposto come Moggi". Renato Farina esce dallo studio del pm milanese e subito chiama l'amico-consigliere Pio Pompa, ostentando sicurezza e cercando di sdrammatizzare "un'ora di confronto durissimo". È solo uno dei passaggi che si leggono nelle centinaia di pagine delle nuove intercettazioni telefoniche sul caso Sismi. Tutte le telefonate partite dal numero fisso del "covo" di via Nazionale. Ce n'è per tutti. Durissimi attacchi e insinuazioni di ogni genere. Un cocktail di messaggi in cui alla fine si smarrisce il filo della verità.

Pio Pompa, Nicolò Pollari contano molto sui giornalisti "amici" e sul controllo di una parte dell'informazione. Il 20 maggio alle 11,33 Pio si sfoga con il direttore: "Questi qua sò riuscito a stabilire un rapporto tale per cui riesco più o meno a controllarli, perché poi ci hanno sempre il bisogno eccetera... visto che faccio decine di cortesie "extra iuris ordinem"". E quando qualcosa non va si lamentano di "una gestione patologica della stampa".

La verità vogliono confezionarla loro, magari attraverso ricatti e delegittimazioni. Molti i bersagli: gli investigatori dei Ros e della Digos, il pm milanese Stefano Dambruoso, Romano Prodi, ma soprattutto il nemico numero uno, Repubblica. Nelle frenetiche telefonate quotidiane si intrecciano continuamente le due indagini della procura milanese: la rendition di Abu Omar e le intercettazioni abusive Telecom. Pompa e i suoi amici mostrano di essere sicuri che si tratta di due facce della stessa medaglia, con "Berlusconi che rischia di essere impalato" e "Tronchetti continuamente attaccato".


Berlusconi, Prodi, Baffetto e i politici - È l'8 giugno. Alle 21, 55 Pompa chiama Pollari, parlano del caso Zarqawi ("è stato usato un Predator e la taglia verrà pagata a chi se l'è venduto"), dell'Iran e di Israele. Poi Pio si lascia andare a uno sfogo, in difesa di Berlusconi, leggendo in anteprima un articolo che comparirà il giorno dopo in prima pagina di Libero, a firma di Renato Farina.
Pio: "Le leggo: abbiamo uno scoop non è stato il governo Berlusconi ad autorizzare azioni di rendition di presunti terroristi, vale a dire rapimenti in paesi europei da parte della Cia e il loro trasferimento in paesi dove è normale la tortura, è stata la Commissione europea ad avallare implicitamente queste pratiche in un incontro ad Atene nel gennaio 2003, magari è una prova di buona volontà nella lotta al terrorismo, di certo la storia è diversa da come ci viene raccontato per impalare Berlusconi e i nostri 007 inventando certezze e attribuendole alla procura di Milano, che si professa totalmente ignara". Da tempo l'uomo del Sismi pensa di confezionare una realtà su misura per "incastrare" Romano Prodi nella questione Abu Omar. Un progetto che emerge anche dalle telefonate con Stefano Cingolani, allora direttore del Riformista.

E proprio parlando con Cingolani, il 31 maggio alle 9,54, Pompa affronta la questione del cambio del direttore del quotidiano e dei giochi politici che starebbero dietro l'operazione.
Pompa: "Ci sono stati problemi riguardo l'operazione Franchi (il nuovo direttore ndr) perché è intervenuto "baffetto" (Massimo D'Alema ndr)".

Le lunghe e interminabili elucubrazioni telefoniche di Pompa toccano anche Marco Minniti, ora viceministro dell'Interno e il capo della polizia Gianni De Gennaro, in una lunga conversazione sui problemi interni al Sismi. Pompa parla con il suo amico Gianfri (che qualcuno identifica con il capo dell'ufficio Sismi alla Farnesina e cugino del deputato azzurro Gianfranco Micciché).
Gianfri: "Zio Pio"
Pompa: "Eccomi"
Gianfri: "Come Stai?"
Pompa: "Ma va bene solo che sto un po' incazzato perché ieri mi sono fatto un mazzo spropositato...è un casino... la struttura non risponde".
Gianfri: "Il capo è tranquillo?".
Pompa: "Sì, il capo è tranquillo... ma ci sono poche persone a lavorare"
Gianfri: "Io ho un po' di paura su alcune cose... perché secondo me in questo momento uno deve fare un taglio su certuni, perché a me alcuni non mi convincono... te l'ho detto qual è il problema Pio, là bisogna eliminare "a capa", testa rasata, che quello è pericoloso, quello non fa sicuramente il lavoro per il capo".
Pompa: "Uhm...".
Gianfri: "Perché purtroppo il problema di Marco (Mancini, ndr) è stato quello, comunque aspettiamo, vabbuò. L'importante è che il capo abbia le idee chiare".
Pompa: "Le idee chiare ci stanno, stiamo manovrando bene".
Poi i due sembrano parlare della nomina di un eventuale nuovo direttore dei servizi. E spunta il nome di Gianni De Gennaro.
Gianfri: "De Gennaro? Ma anche perché Minniti non credo che voglia De Gennaro".

Digos, Ros e Dambruoso - Pompa e i suoi amici hanno anche un'idea personale e molto precisa di com'è andato il rapimento di Abu Omar. Secondo l'uomo del Sismi, Digos e Ros avrebbero avuto un ruolo. Così come il pm milanese Stefano Dambruoso sarebbe stato a conoscenza della cosa.

Il 19 maggio 2006 alle 15,45 Pompa propone a Claudia Fusani di Repubblica la propria ricostruzione dei fatti: "Gli sviluppi smarcano totalmente noi da qualsiasi illazione è stata fatta per quanto riguarda Milano. Capisci? In sostanza c'erano elementi dei Ros dentro fino al collo". Pio disegna scenari, parla di "uno scontro terrificante tra Ros e Digos". Poi cita Dambruoso (per anni responsabile delle indagini di terrorismo poi titolare di un incarico a Vienna per l'Onu e quindi a Bruxelles per la Commissione Europea, ndr) e getta su di lui ombre molto pesanti.
Pompa: "Ludwig (il maresciallo Pironi che ha ammesso di aver partecipato al sequestro, ndr) non rispondeva di fatto a nessuno, faceva capo soltanto a Dambruoso. E adesso i pubblici ministeri hanno interrogato cinque uomini del Ros... secondo me tra Ros e Digos c'entra molto di più la Digos. Dalle intercettazioni si vede che Lady (il capocentro Cia all'epoca del sequestro, ndr) parla mille volte con il responsabile delle Digos e tre volte con Ludwig. Non so se mi sono spiegato...", dice Pompa a Fusani.

La stessa giornalista informa poi Pompa che il collega Giuseppe D'Avanzo ha scritto per il giorno dopo un editoriale sulla riforma della giustizia. A quel punto Pompa avverte Pollari dell'articolo che sarà pubblicato da Repubblica.

Sulla lotta interna alle forze dell'ordine per il controllo delle indagini per il sequestro, ecco un'altra telefonata con Andrea Purgatori. È il 23 maggio. Ore 9,56 del mattino.
Pompa: "Chiaramente loro (i magistrati, ndr) tengono tutto in pugno perché vogliono finire tutta la loro cosa... la loro vetrina... perché se fanno il "passaggio sul viennese" (in pratica se indagano Dambruoso per il sequestro, ndr) la competenza va a Brescia, gli sfilano tutto... comunque" i pm fanno "una grande difesa della Digos e assoluto puntano sui Ros".

Le intercettazioni Telecom e Tronchetti Provera - Sono le 18,46 del 25 maggio quando Pompa ricostruisce con Farina l'indagine sulle intercettazioni abusive Telecom. I due sembrano preoccupati "che i pm saltino addosso a Tronchetti Provera".
Farina: "Quello che si dice negli ambienti intorno a Telecom è in questi termini: l'avvocato di Tronchetti presenterà un esposto, cioè denuncia che Tronchetti Provera è stato di fatto truffato e turlupinato... cioè Telecom non sospettava delle intercettazioni".
Pompa: "Tavaroli e Cipriani".
Farina: "Eh non sapevano che usassero per scopi privati dei dispositivi messi a disposizione di Telecom e Tim per necessità diciamo della magistratura. Loro si chiamano fuori, diranno che tra gli intercettati c'erano personalità di ogni genere, calciatori, veline".
Pompa: "Politici e impreditori".
Farina: "Per certo i vertici di Capitalia e della Rcs, oltre che Afef e lo stesso Tronchetti Provera".
Poi il vicedirettore di Libero parla di "strane consulenze" per i giornalisti e di fondi "per pagare carabinieri e guardia di finanza".
A fine telefonata l'ennesimo attacco a Repubblica.
Farina: "Ecco perché Repubblica calca così tanto su Telecom. Perché loro vogliono tenere alta la temperatura per arrivare al grado di fusione in cui questo discorso su Telecom diventa il discorso su Superamanda e diventa il discorso sulle intercettazioni effettuate da Tavaroli che era amico di Mancini per favorire interventi americani nell'affare Abu Omar".

Il 30 maggio alle 18,54 ecco che tra le frasi smozzicate, lasciate a metà, allusive di Pompa e Farina spunta il nome di Adamo Bove (l'uomo della sicurezza Telecom che si è suicidato a Napoli il 21 luglio).
Pompa: "Guarda che" i magistrati "ci devono andare con i piedi di piombo perché non è mica uno scherzetto, puntano alla caccia grossa".
Farina: "A Tronchetti".
Pompa: "E certo".
Farina: C'è un altro nome, "diciamo l'omologo di Tavaroli a Tim, quello che gestiva i quattro centri per intercettare, Adamo Bove".
Pompa: "Chi è questo?".

Nuovi attacchi a Repubblica - È mattina presto, sono le 7,15 del 26 maggio e Pompa, che ha già letto Repubblica, telefona a un certo Enrico (forse un uomo Sismi).
Pompa: "Hai visto che bravo l'amico tuo?"
Enrico: "Chi è ?"
Pompa: "Niente, Repubblica, Bonini, capito... tacchete... adesso qua si prendono le difese di "doppio Mike" (soprannome di Marco Mancini). Pio legge a Enrico l'articolo di Repubblica, pubblicato a pagina 15.
Pompa: "Capito come l'hanno ribaltata?"
Enrico: "Mannaggia... è un casino"

Lo stesso giorno otto minuti dopo Pompa telefona anche a Pollari per lamentarsi di Repubblica.
Pompa parla di Giovanni Pons e Giuseppe D'Avanzo, di una campagna contro Telecom che dura da "sei-sette mesi". Poi cita il giornalista Carlo Bonini ("Sono paginate").

Pollari: "Vediamo se è il caso di agire..."
Pompa: "Scusi se l'ho chiamata così presto, ma attivandola prima magari le viene qualche riflessione perché qua ormai bisogna avere una strategia".

(29 luglio 2006)

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giu dal pero goduria Saturday, Jul. 29, 2006 at 3:36 PM
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