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Una testa un farmaco
by -- Wednesday, Sep. 13, 2006 at 8:36 PM mail:

E’ l’ultima novità del marketing delle case farmaceutiche. Si chiama farmacogenomica, e promette medicine personalizzate sulla base del profilo genetico individuale. Ad ognuno il suo farmaco, anche se non ti serve. Fa un po’ schifo? Già, ma la propaganda è già all’opera, per mostrare il lato buono della farmacogenomica: l’ultima trovata si chiama PgENI.

Le farmacie stanno cambiando. Non mi riferisco al DL Bersani, anche se c’entra pure quello. Nelle farmacie del futuro, ci presenteremo con una tesserina magnetica che conterrà la nostra impronta genetica. Il farmacista passerà la tessera in una macchina, che in quattro e quattr’otto sputerà il farmaco ideale per noi. Carino, no?

Non sarà un cambiamento da poco. Il Dna, infatti, non parla di malattie. Avere una certa variante genetica vuol dire che, in determinate condizioni ambientali, il rischio di contrarre una certa malattia è maggiore. Ma siccome le condizioni in cui vive ciascuno hanno a che fare con la giustizia sociale, e di questo non se ne vuole occupare più nessuno, si tende ad ingigantire l’influenza del Dna rispetto a quella dell’ambiente. Aggiungeteci che, secondo la lobby biotech dominante (ricercatori, aziende, politici) pure l’angoscia, l’omosessualità o l’alcolismo hanno cause genetiche. Aggiungeteci che per i sistemi sanitari di tutto il mondo sono in via di privatizzazione, e trasformati in società assicurative. E aggiungeteci che le società assicurative già ora propongono test genetici, per decidere i premi delle polizze. Non ci siete ancora arrivati? Andiamo avanti.

Per quanto detto sopra, la farmacogenomica non fornirà terapie, ma una specie di “integratori genetici”, da assumere tutta la vita per prevenire le malattie. Per esempio: se un certo gene, in un ambiente inquinato, può causare un certo tumore, non si ripulisce l’ambiente: si prescrive il giusto farmaco per tutta la vita. Se non te lo puoi permettere, peggio per te. Insomma: una persona sana e benestante viene trasformata in un malato cronico. Capito che miniera d’oro? Grazie al Dna, sta per arrivare un formidabile strumento di controllo socio-sanitario, governato da società finanziarie e multinazionali chimico-farmaceutiche. Non pretendo di convincervi, ma se potete ripensateci fra qualche anno, quando sulla tessera sanitaria digitalizzata ci sarà l’esame del Dna. Ormai dovremmo averlo capito a cosa servono i nostri dati personali, d’altronde. Comunque, se non credete a me, vi fiderete delle università. Ecco, ad esempio, cosa si insegna alla facoltà di Farmacia dell’università di Ferrara:

Il marketing è considerato attualmente la più importante funzione nell’ambito dell’azienda farmaceutica, in quanto fondamentale creatore di valore per l’impresa. Il marketing farmaceutico, d’altra parte, consiste essenzialmente nella costruzione e sviluppo di relazioni con prescrittori ed influenzatori (…) E’ quindi evidente che alla luce dei cambiamenti strutturali del mercato e della crisi degli attuali modelli di marketing e comunicazione si rende necessario per gli operatori del settore operare un cambiamento culturale. Tale rinnovamento sarà comunque reso obbligatorio dall’uscita, fra qualche anno, di un più ampio numero di prodotti chiamati “Targeted Treatment” (Pharma 2010: “the Threshold of Innovation”, Steve Arlington, IBM-BCS) scaturiti dalla ricerca biotecnologica: molecole che saranno differenziate in funzione non soltanto delle sottocategoria nella stessa patologia (ad esempio i diversi tipi di cancro al polmone, al torace, ecc.), ma anche in funzione del patrimonio genetico dei pazienti stessi (farmacogenomica). L’approccio sia sul medico che sul paziente finale dovrà per forza essere completamente “taylorizzato” e differenziato anche in funzione dell’uso dei diversi canali di comunicazione.

Be’, fate voi. Il marketing applicato alla medicina, però, si sta già rivelando una pericolosa arma di distruzione di massa: nei paesi ricchi, le case farmaceutiche cercano di trasformare i pazienti in consumatori; in quelli poveri, le medicine costano troppo e milioni di persone non possono accedere a cure salva-vita. Già adesso, quindi, la medicina non è uguale per tutti. Delle case farmaceutiche ci si fida sempre meno. Perciò, l’avvento della medicina “pay per drug” va preparato con cura, per evitare la crisi di rigetto. La propaganda di Big Pharma è iniziata già da alcuni anni. E oggi arriva PgENI: Pharmacogenomics for Every Nation Initiative, Farmacogenomica in Ogni Nazione. Un progetto appena nato all’università di Washington con la collaborazione dei pià importanti centri di ricerca medica internazionali.

E’ il lato “buono” della farmacogenomica: le medicine hanno effetti diversi, secondo le caratteristiche genetiche di ogni ceppo etnico, le cui differenze sono comunque trascurabili da altri punti di vista (le razze non esistono, ricordatevelo). Perciò, inutile prendere certi farmaci se si hanno certi geni, rischiamo di rovinarci il fegato per niente. Meglio prenderne un altro, magari in dosi minori e a costi più bassi. Bello, no? Infatti, viene pubblicizzato come un progetto di aiuto ai paesi in via di sviluppo, troppo assoggettati alla medicina del nord del mondo. Certo, se si volesse davvero aiutare i paesi poveri sarebbe meglio investire in zanzariere (costano qualche dollaro, e salverebbero la vita di un bambino ogni 5 secondi). Però, volete mettere la formidabile promozione pubblicitaria per la farmacogenomica?

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