“…quanno faccimo ammore…me perso dint’e parole…stamm sempre abbracciate…nuie cadimmo dint’e vase e sunnammo e ce spusà. Quanno facimmo amore tu saje chell ca io provo…mille brividi n’guollo..se parlano e core e se vonno sempre e cchiu. Pecchè si tu ‘o bene mio carnale e giurame can un me lasse maje e sulo tu me dai a farza ca me fa vivere pecchè io e te simmo fatte pe sta insieme…” La voce di Ciro Di Vaio entrava nella finestra della cameretta di Valentina come un piccolo uragano fatto di parole ,amori e delusioni. Chissà da quale stereo rubato delle case celesti fuoriusciva a stento la voce del giovane neomelodico partenopeo, chissà quale dolce fanciulla aveva acquistato quel cd di contrabbando per poi immaginare il proprio principe azzurro recitare quelle parole che tanto amava di quella canzone. Valentina ha 14 anni, binda, capelli color dell’oro fuso. Indossa un pigiama e il mollettone tra i capelli mentre gira per casa con il secchio e la scopa accompagnata dagli inseparabili zoccoletti di legno. Canta la giovane, canta mentre lo straccio impugnato dalla sua mano toglie la polvere dalle vecchie foto di famiglia. È proprio mentre pulisce una vecchia cornice d’argento che si accorge di quanto sia cambiata la sua vita. All’interno di quel pezzetto di argento c’era una foto di sua madre Carmela e di suo padre Michele che si abbracciavano teneramente ad uno dei tanti mega matrimoni di famiglia. Erano felici, sua madre aveva un sorriso che soltanto le braccia di un marito possono regalarti. Posò quella foto su comodino e ritornò in cucina dove mamma Carmela tagliava le zucchine in silenzio, senza rumori, coperta da chissà quale alone di tristezza. Lo sapeva la piccola Valentina cosa turbava i 47 anni di sua madre. Non vedeva gli uomini di casa da settimane, papà Michele, il vecchio Michele Barone, 43 anni. Dal 12 maggio era in prigione per scontare una pena residua di 3 anni e 23 giorni, su un totale di quasi 13 anni, per rapina, furto, violazione della legge sugli stupefacenti e armi. Quanto sembrava lontano quel matrimonio, quanto sembrava lontana quella foto che brillava sul comodino dove papà appoggiava sempre le chiavi e il portafogli. Francesco, il “cocco” di mamma, era stato scarcerato da qualche giorno dal Tribunale del Riesame. Non era tornato a casa nemmeno per salutare, scappava dalle batterie di fuoco dei Di Lauro che incendiavano le strade da ormai diversi mesi. Faceva parte degli “scissionisti” di quel gruppo che improvvisamente aveva alzato la testa e voleva comandare. Non sentiva il figlio dall’ultimo colloquio, sapeva dove si nascondeva Francesco sapeva che era in libertà, una libertà minacciata dalle pistole di Cosimino Di Lauro. La paura per la sorte del figlio era aumentata quando due dei figli della sorella di mamma Carmela, Paolo e Aldo, erano stati gravemente feriti in un agguato. I giornali oramai parlavano spesso di quello che Carmela ricordava ancora come un bambino un po’ capriccioso ma molto generoso.
“…Francesco Barone viene ritenuto strettamente legato a Gennaro Marino, uno dei capi degli scissionisti, 'dirigente' del gruppo nella zona delle Case Celesti, famigerata per lo spaccio di droga. Negli ambienti di Scampia, Francesco Barone è chiamato con vari soprannomi, tra cui '''o russo"…”
Bussano al citofono, Carmela risponde, è qualcuno che conosce, infila la vestaglia e dice a Valentina di “girare un po’ la pasta”. La biondina fa quello che la mamma gli dice, prende la oramai consumata “cucchiarella” e inizia il solito movimento a spirale che ogni giovane e vecchia napoletana conosce. Che bel profumo che ha quella pasta, che tonalità di verde si mescolano in quella pentola. Pasta e zucchini il piatto preferito di papà. Si siede sulla poltrona e inizia a guardare la tv, inizia ad ascoltare le canzoni dei suoi cantanti preferiti, su canali poco conosciuti, su emittenti private che vivono solo di musica del popolo. Televolla, Rtl, TeleTorre, TelaA+, aumentano giorno per giorno quei canali che mandano in onda video di ragazzi che sognano le imprese di Finizio e D’Alessio, che cantano le loro canzoni tutte uguali sulle sponde delle piscine dei ristoranti , accompagnati da mocciosette un po’ grassocce in bikini. Mamma Carmela non accenna a salire così Valentina non preoccupandosi nemmeno del pigiama che aveva addosso scende le scale che dal 2° piano di uno dei tanti palazzi delle case celesti porta all’ingresso del palazzo. Carmela Attrice, 47 anni e morta. Il suo volto è un macinato di carne e piombo, nemmeno più gli occhi belli di mamma Carmela di riconoscevano. Valentina resta immobile, le gambe gli tremano, la testa sembra quasi rifiutare quella scena incredibile e irreale. Cade in ginocchio la bionda, cade sul corpo della madre impregnato in un lago di sangue. Stringe la mano di quella donna morta, gridando con quella stessa voce che cantava le canzoni d’amore di Natale Galletta , Raimondo, Manuel, Nancy, la piccola Fortuna. La gente si avvicina , qualcuno chiama la polizia che come spesso arriva soltanto a raccogliere bussolotti e disegnare forme astratte con gesso sull’asfalto fetido di sangue marcio. Gli avevano scaricato un caricatore giusto giusto in faccia, avevano voluto cancellare per sempre l’espressione di quella madre che cocciuta come il figlio lo aveva difeso fino alla morte. Chissà quante volte gli avranno fatto la stessa domanda, pensa Valentina, “…addò sta chillu cornuto e figlite…?”e chissà quante volte Carmela attrice gli avrà sorriso in faccia dicendo di non sapere dove cazzo fosse il figlio. Avrà portato alla disperazione quei due camorristi che per uccidere sniffavano roba offerta dal capo dei capi. Era morta Carmela, i killer avevano fatto il loro dovere, avevano punito chi aveva generato un traditore , avevano punito Francesco Barone colpendolo nel bel mezzo del cuore. Sarà durata pochi secondi l’agonia di quella madre eroina, di quella madre che a malincuore aveva accettato le scelte degli uomini che più amava nella sua vita. Il commissario di polizia guardando la 34esima vittima della faida di Scampia, si toglie il cappello, la camorra è cambiata, la vecchia legge dell’onore che proteggeva donne e bambini non era altro che un vecchio ricordo quasi cancellato nei libri scritti sui vecchi “Guappi”. Un agente di polizia accompagna Valentina a casa sua, la invita a non guardare ma lei non resiste vuole vedere per l’ultima volta il corpo della madre che coperto da un lenzuolo macchiato di sangue abbandona le case celesti in un fragoroso applauso. Gli stereo sono spenti, la musica tace in segno di lutto, solo le lacrime di chi resterà sola in casa si propagano nell’aria che puzza di zolfo e sangue innocente.
(dedicata a Carmela Attrice)
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