Guerra agli immigrati. La "strategia" di Amato
by lettore di UN Monday, Oct. 09, 2006 at 12:36 PM mail:

Umanità Nova, n 31 dell'8 ottobre 2006, anno 86

Dopo mesi di ambiguità e ipocrisie, il governo italiano ha ufficialmente delineato la sua strategia per continuare la guerra agli immigrati. Il ministro dell'Interno, Giuliano Amato, ha illustrato alcuni punti fondamentali di quello che dovrà essere il testo di modifica della legge sull'immigrazione e le sue proposte sono già state presentate alla Commissione affari costituzionali del Senato.
Tre i punti principali: la gestione dei flussi di personale non qualificato con la creazione di "liste di collocamento" all'estero collegate informaticamente, un decreto flussi triennale con aggiornamenti annuali e un sistema che preveda rimpatri volontari (!). Su una cosa il ministro è stato ancora una volta molto chiaro: i centri di permanenza temporanei sono essenziali.
Nello specifico, le proposte di modifica (che i giornali filogovernativi insistono col definire una "riforma" della legge Bossi-Fini) rappresentano un piccolo capolavoro di cinismo e realpolitik che ha il triplice scopo di veicolare un'immagine riformista dell'esecutivo capace di salvaguardare e coccolare le paranoie securitarie dell'opinione pubblica e che, infine, riesca a tenere sotto scacco un movimento antirazzista in buona parte invischiato nelle sabbie mobili della compromissione con il "governo amico".
Amato ha detto che intende "mantenere fermo il principio dell'ingresso degli immigrati legato al lavoro". E quest'affermazione di per sé è sufficiente per avere un quadro preciso dell'ispirazione di questa non-riforma. Viene però introdotta l'odiosa distinzione tra "lavoratori altamente qualificati" e "personale non qualificato": è chiaro il tentativo di spezzare la solidarietà di classe e aumentare i contrasti tra i lavoratori stranieri. Nello specifico, per ricercatori e professori l'ipotesi è quella di un "accesso su chiamata, con permessi di soggiorno lunghi e legati all'incarico". Qualcosa di simile a una proposta del ministro francese Sarkozy che qualche mese fa ebbe a proporre il "permesso di soggiorno per competenze e talenti" (vedi Umanità Nova n. 17 del 14 maggio 2006): un dispositivo di ingresso che crea una corsia privilegiata per una determinata categoria di lavoratori. Proprio a questo scopo, Amato ha rispolverato una vecchia creatura della Turco-Napolitano: lo sponsor, e cioè un soggetto (privato, ma anche associazioni territoriali, camere di commercio, patronati o enti locali) che si impegni finanziariamente per l'immigrato "buono" e ne garantisca il pagamento dei contributi. Come faccia un immigrato che scappa da una guerra o da un'epidemia a mettersi in contatto con una camera di commercio non è dato sapere.
Per quanto riguarda il collocamento, Amato ha ipotizzato un sistema di liste di lavoratori immigrati nei consolati dei paesi "che rappresentano il bacino prevalente di immigrazione" e la "gestione di flussi di personale non qualificato con liste collegate informaticamente, che diventino una sorta di sistema di collocamento all'estero". Nel progetto di modifica della Bossi-Fini resterebbero i decreti sui flussi che aprono e chiudono i rubinetti dell'immigrazione in Italia, e Amato li immagina di durata triennale "a larghe maglie di fabbisogno, consentendo al governo di fare aggiustamenti annuali".
Sul versante più propriamente repressivo, il ministro Amato sembra aver dato fondo a tutta la sua abilità.
I CPT sono essenziali, ma vanno organizzati meglio: visto che ci sono immigrati che hanno commesso reati di natura penale, o che comunque sono stati fatto oggetto di un provvedimento di espulsione, rimane immutata la necessità di mantenere i centri di permanenza temporanea. Per chi, invece, è appena sbarcato e ha bisogno di aiuto immediato (madri con bambini o richiedenti asilo), il ministro immagina strutture in cui "la parola accoglienza corrisponda alla sostanza, e non sia solo un nome". Giuliano Amato ha poi aggiunto una nota davvero disgustosa per giustificare il suo teorema assolutorio nei confronti dei campi di internamento per immigrati. A suo dire, infatti, i CPT sarebbero necessari anche per motivi di sicurezza e sanità pubblica poiché "queste persone che sbarcano potrebbero, tra l'altro, portare malattie": una terribile paranoia igienista (prontamente smentita da molti medici di base intervistati all'indomani di queste dichiarazioni) che ci riporta alla memoria le logiche segregative del nazismo, dei suoi lager e dell'eliminazione fisica dell'indesiderabile.
Esaurito il capitolo dedicato ai CPT, Amato ha parlato dei "rimpatri volontari", e cioè di un sistema di espulsioni per gli immigrati "meno graditi, anche vedendo se si riesce a convincerli". Restiamo di stucco ma poi è lo stesso ministro che chiarisce: "Senza accordi di riammissione con i paesi di origine si crea di fatto un circolo vizioso per cui gli espulsi restano in Italia: perciò, fino a quando questi accordi non saranno fatti, e in gran numero, dobbiamo metterci in condizione di mandare davvero via questi soggetti". E gli accordi, si sa, sono quelli che giustificano le maxideportazioni verso la Libia o, peggio, verso la morte per disidratazione nel deserto di centinaia di immigrati espulsi.
Alla luce di tutto questo, crediamo che non ci sia più molto bisogno di smascherare le ipocrisie del centrosinistra al governo. La volontà repressiva dell'esecutivo è del tutto chiara, così come i presupposti ideologici e politici che stanno a fondamento del razzismo di stato nella sua versione "unionista". Riprendere la lotta conto i CPT e per la libertà di movimento resta, oggi più che mai, un'esigenza imprescindibile.

TAZ laboratorio di comunicazione libertaria



Fonti:
http://www.repubblica.it/2006/06/sezioni/politica/immigrazione/modifica-legge/modifica-legge.html
http://www.meltingpot.org/articolo8648.html
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2006/09_Settembre/27/immigrazione.shtml

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