Lettera di P ai quotidiani Il Tirreno e La Nazione
p.gif, image/gif, 300x441
Salve, sono P. Sono sorpreso dal taglio degli articoli che mi avete dedicato, e per questo, a costo di ripetermi, mi ripresento: Non ce la faccio più a sopportare la continua privazione dei diritti elementari, la negazione delle tutele sociali, i salari da fame, l’impossibilità di potermi iscrivere ad un sindacato, condizione, questa, comune a centinaia di migliaia di persone in tutti i luoghi di lavoro. Vi chiedo, perché mi avete dipinto come un pericolo, parlando di ‘incubo, di allarme, di attentati’? Non sono un pericolo per l’ordine pubblico, non faccio parte di una setta, sono solo uno dei tanti che lavora dieci ore al giorno per guadagnare 700 euro al mese, sono colui e colei che è ricattat@ sul proprio posto di lavoro e deve solo stare zitt@. I soli strumenti che ho e uso sono la parola, la mia penna, la tastiera del mio computer, i miei adesivi, la mia bomboletta spray, con cui spiegare che oggi una intera generazione è senza diritti e priva di un futuro. Sono stat@ per troppo tempo in silenzio, la mia denuncia è appena cominciata e rimbalzerà da un luogo di lavoro all’altro: prendere la parola è il primo passo per riconquistare una dignità. Anche nelle vostre redazioni lavorano numerosi giornalisti che vivono una condizione simile a quella che denuncio. Anche a loro è rivolto il mio messaggio, perché penso gli possa interessare. Vi porgo i miei più cordiali saluti.
Vostro, P. Ricorda sempre il 4 novembre.
|