Su quanto sta accadendo a Roberto Saviano, sul dibattito, sull'assenza degli intellettuali, su "Gomorra", sulla verità
Bertolt Brecht ha scritto: "Beato quel popolo che non ha bisogno di eroi". Questa frase mi piace interpretarla in due modi: "Beato quel popolo che, purificato, non ha bisogno di riconoscersi in nessun eroe", ma anche "Beato quel popolo che non ha bisogno di singoli che si sacrifichino a nome della collettività". Noi popolo napoletano - che abbiamo interiorizzato il codice del sopruso e della rapina che altri hanno fatto ai nostri danni dai tempi dei tempi - abbiamo invece sempre voluto ardentemente i nostri eroi. In entrambi i sensi. L'eroe che viene a riscattarci, vincendo laddove la nostra paura di vivere non ce lo permette (se restiamo nel Novecento mi vengono in mente da Croce a De Curtis, da Lauro a Bassolino); l'eroe che viene a salvarci, ma che poi dobbiamo uccidere per non imbatterci nelle ire del nostro padrone (Masaniello, Maradona...). Roberto Saviano non ha avuto paura di imbattersi nelle ire del padrone e ha saputo gridare, con incredibile onestà intellettuale e con profondo senso civico, i nomi e i cognomi dei colpevoli a casa loro. "Gomorra" ha spiegato per filo e per segno i meccanismi di accumulazione del capitale flessibile, del denaro che viaggia su scala globale e collega in un solo istante la Cina, Aberdeen, Casal di Principe e via Cupa dell'Arco. Saviano ci ha insegnato un metodo, un metodo di ricerca e di scrittura: e nessun scrittore o giornalista potrà prescinderne, da oggi in poi. Purtroppo, come è consuetudine, le firme più prestigiose, gli uomini di poter (nelle istituzioni e nelle amministrazioni), i grandi intellettuali non hanno detto nemmeno A, quando - guarda che strano - sanno benissimo gettare giù pagine intere di cazzate da fiction o da lettore medio-borghese. Altri si sono prodigati in poche righe di generiche attestazioni ipotizzando le soluzioni più originali (più polizia, più intelligence... cioè: repressione senza prevenzione). Le uniche dimostrazioni di stima (ma io direi: le uniche promesse di lotta) sono state quelle di chi da sempre è presente sul territorio e combatte la camorra, la miseria e la criminalità. Penso alle associazioni napoletane nei Quartieri Spagnoli e a Scampia, penso alle Onlus, penso agli scrittori che hanno aperto il dibattito, penso alle scuole, penso agli studenti anticamorra. "Eroe" è un brutto termine, che sicuramente spiacerebbe a Roberto perché lui stesso, con il suo lavoro, ha voluto smontare e demitizzare il fascino epico che il Sistema costruisce attorno a sé.L'altra sera gli A67 hanno urlato d'indignazione su quanto stava succedendo, dal palco dove stavano tenendo un concerto. Ecco, abbiamo bisogno di questo. Non di "eroi". Abbiamo bisogno di urla di rabbia, di urla che gridino la verità ad alta voce. La nostra verità. La vera verità. Quella che non si legge sui giornale, non si vede in televisione, non si sente per strada. La verità di cui "Gomorra" e tutte le inchieste di Roberto Saviano parlano. Perché "Gomorra" insegna come non essere più eroi. Perché "Gomorra" insegna come non avere più bisogno di eroi.
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