Il multiculturalismo funziona?
by Beppe Monday, Oct. 16, 2006 at 11:01 AM mail:

La crisi del multiculturalismo e del "Politically correct" nel Regno Unito.

Da: Telegraph online

Il multiculturalismo non ha funzionato: riscopriamo lo spirito britannico

08/10/2006

di Patience Wheatcroft

La tirannia del politicamente corretto ha soppresso per anni le preoccupazioni che molti britannici avevano riguardo ciò che stava accadendo al loro paese. A imam radicali veniva concesso di predicare l’odio mentre ricevevano contributi statali, ma in pochi, lasciati soli a combattere questa pazzia, hanno osato interrogarsi sulla questione. La dottrina del multiculturalismo imponeva che tutte le opinioni dovessero essere lasciate libere di circolare, e sfidare quel punto di vista era politicamente scorretto.
Gradualmente, tuttavia, le persone stanno acquisendo il coraggio di sfidare gli imperativi del politicamente corretto e di chiedersi cosa debba oggi essere veramente accettabile in Gran Bretagna. Nel Bournemouth la scorsa settimana, David Cameron ha ammesso di sentirsi a disagio di fronte alla segregazione che oggi esiste in molte città, dove le persone rimangono isolate all’interno delle proprie comunità etniche. Jack Straw ha pubblicamente alzato il velo su una questione che, privatamente, in molti avranno ammesso di trovare scomoda. E persino la Chiesa d’Inghilterra, sembra che stia ritrovando la propria spina dorsale e con essa la forza per ribadire l’importanza del suo ruolo come fede predominante nel paese.
Il multiculturalismo, come un gruppo sempre maggiore di voci influenti sostiene, non ha funzionato. Sia i politici laburisti che quelli conservatori hanno ora sottolineato la necessità per tutti gli immigrati di apprendere la lingua inglese, ma parlare la lingua non è sufficiente. Perché il paese si senta a suo agio, c’è bisogno di un senso di coesione. E’ molto improbabile che tale senso di coesione possa essere raggiunto dalla Commissione sulla Coesione e Integrazione che fa capo a Ruth Kelly, il segretario di stato per le comunità. L’assenza di un qualsiasi rappresentante della Chiesa d’Inghilterra nella commissione dei quattordici, che include il segretario generale del forum degli induisti della Gran Bretagna, indica che forse non si sta partendo con il piede giusto. Perché si parta col piede giusto c’è bisogno di una fiducia diffusa e condivisa nei più profondi ideali britannici. Il che non significa regredire alla visione stile Hovis di John Major, di giovani fattorini in bicicletta che si tolgono il cappello davanti alle persone illustri del paese. Ma noi dovremmo riaffermare la rivendicazione britannica di essere un paese che crede nella tolleranza, nella gentilezza e nella misericordia e dove, sebbene l’abitudine di andare in Chiesa sia sempre meno diffusa, prevalgono i valori cristiani.
Il multiculturalismo era sul punto di distruggere questo costume, come mi sembrò evidente parecchi anni fa nella scuola di mia figlia nel sud est di Londra. La scuola, accademicamente selettiva, aveva studenti di svariate razze e religioni e là, nei loro primi anni , essi sembravano non rendersi conto delle differenze tra di loro e erano tutti amici l’uno con l’altro. Tristemente, man mano che crescevano, i raggruppamenti diventavano meno eterogenei. Arrivati alla sesta classe, le diversità erano diventate così evidenti da richiedere l’intervento della direttrice per una disputa in merito alle decorazioni natalizie. La maggioranza delle ragazze voleva addobbare la stanza comune con nastri e festoni, le musulmane non erano d’accordo. La direttrice optò per un vile compromesso: la stanza fu divisa e decorata solo per metà. In tutto il paese il politicamente corretto ha decretato che devono esserci messaggi di auguri di buone feste piuttosto che di buon natale, e ha cercato di abbandonare le nostre tradizioni nel tentativo di non offendere nessuno. Il risultato non è stato la creazione di una società felicemente integrata. L’immigrazione non è nuova alla Gran Bretagna e persone di molti paesi nel corso degli anni sono stati accolti nel migliore dei modi, e assimilati. Nella sua veste attuale, però, il multiculturalismo lotta contro questa assimilazione e tiene le comunità separate. Il vestiario può essere una dimostrazione tangibile di tale separazione. Non deve esserci una barriera all’integrazione: in una società in cui qualsiasi tipo di vestiario è ormai visibile per le strade, non c’è ragione per cui un turbante o un tradizionale abito arabo di shalwar e kamis debba essere considerato fuori luogo rispetto a una t shirt o a un corto abitino a quadri scozzesi. Ma un velo integrale è qualcosa di diverso e Jack Straw ha assolutamente fatto bene a puntualizzarlo. Se una donna desidera coprirsi di nero dalla testa ai piedi e coprire il suo volto interamente lasciando solo una fessura per guardarci attraverso, allora è un suo diritto farlo. I britannici hanno da tempo smesso di fare pressione su qualsiasi particolare codice di abbigliamento nei luoghi pubblici, fatta eccezione per il divieto di andare per le strade completamente nudi. Lo chador femminile può convincere che uno stile opposto basato sull’attirare su di sé l’attenzione, con parti del corpo scoperte e spalline e bretelle di reggiseni e top in bella vista, può offendere molto più che uno stile di abbigliamento sobrio.
Ma l’ argomentazione del signor Straw è che il velo integrale gli impedisce di avere una conversazione faccia a faccia con chi lo indossa e quindi ciò limita la comprensione reale di ciò che si intende dire rispetto a quanto viene detto. Ha assolutamente ragione. Il velo forma una barriera che limita la creazione di relazioni. Unisce coloro che si rannicchiano dietro questo tipo di abiti ma rende per loro più difficile integrarsi con la maggioranza della popolazione.
Può essere che ci siano molte musulmane che scelgono di indossare il velo ma vogliono anche giocare un ruolo attivo nella società britannica. Allora devono capire che stanno rendendo tale obiettivo più difficile da raggiungere proprio a causa dell’uniforme che scelgono di indossare. E se ciò non è stato finora oggetto di dibattito pubblico, questo dimostra quanta responsabilità abbia avuto il politicamente corretto sulla situazione del paese. E che ancora ha in alcune aree. Solo questa settimana un consigliere conservatore è stato costretto a dimettersi dopo aver insinuato che una moderna arca di Noè dovrebbe ospitare alcuni animali omosessuali. "Che offesa!", si è gridato allo scandalo. Il politicamente corretto non è uno scherzo.

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Titolo Autore Data
interculturalismo uno Monday, Oct. 16, 2006 at 1:27 PM
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