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e studiatevi pure le innovazioni del linguaggio poetico di Pascoli, le sue sperimentazioni e la sua influenza sui poeti moderni.
ANTIClO dai poemi convivilai
E con un urlo rispondeva Antìclo, dentro il cavallo, a quell'aerea voce; se a lui la bocca non empìa col pugno Odisseo, pronto, gli altri eroi salvando; e ognun chiamando tuttavia per nome la voce alata dileguò lontano; fin ch'all'orecchio degli eroi non giunse che il loro corto anelito nel buio; come già prima, quando già lì fuori impallidiva il vasto urlìo del giorno, l'urlìo venato da virginei cori, che udian dietro una nera ombra di sonno; nel lungo giorno; e poi languì, ché forse era già sera, e forse già sul mare tremolava la stella Espero, e forse la luna piena già sorgea dai monti; ed allora una voce ecco al cavallo girare attorno, che sonava al cuore come la voce dolce più che niuna, come ad ognuno suona al cuor sol una
II
Era la donna amata, era la donna lontana, accorsa, in quella ora di morte, da molta ombra di monti, onda di mari: sbalzò ciascuno quasi a porre il piede su l'inverdita soglia della casa. Ma tutti un cenno di Odisseo contenne: Antìclo, no. Poi ch'era forte Antìclo, sì, ma per forza; e non avea la gloria loquace a cuore, ma la casa e l'orto d'alberi lunghi e il solatìo vigneto e la sua donna. E come udì la voce della sua donna, egli sbalzò d'un tratto su molta onda di mari, ombra di monti; udì lei nelle stanze alte il telaio spinger da sé, scendere l'ardue scale; e schiuso il luminoso uscio chiamare lui che la bocca aprì, tutta, e vi strinse il grave pugno di Odisseo Cent'arte; e sentì nella conca dell'orecchio sibilar come raffica marina: Helena! Helena! è la Morte, infante!
III
Ma quella voce gli restò nel cuore:; e quando uscì con gli altri eroi - la luna piena pendeva in mezzo della notte - gli nereggiava di grande ira il cuore; e per tutto egli uccise, arse, distrusse. Gittò nel fuoco i tripodi di bronzo, spinse nel seno alle fanciulle il ferro; ché non prede voleva; egli voleva udir, tra grida e gemiti e singulti, la voce della sua donna lontana. Ma era nella sacra Ilio il nemico di gloria Antìclo, non in Arne ancora, fertile d'uva, o in Aliarto erboso: e in un vortice rosso Ilio vaniva a' piè del plenilunïo sereno. Morti i guerrieri, giù nelle macerie fumide i Danai ne battean gl'infanti, alle lor navi ne rapian le donne: e d'Ilio in fiamme al cilestrino mare, dalle Porte al Sigeo bianco di luna, passavano con lunghi ululi i carri.
IV
Ma non ancora alle Sinistre Porte Antìclo eroe dalla città giungeva. Lì l'auriga attendeva il suo guerriero insanguinato; e oro e bronzo, il carro, e la giovane schiava alto gemente. Voto era il carro, solo era l'auriga: legati con le briglie abili al tronco del caprifico, in cui fischiava il vento, i due cavalli battean l'ugne a terra, fiutando il sangue, sbalzando alle vampe. Ma non giungeva Antìclo: egli giaceva sul nero sangue, presso l'alta casa di Deifobo. E dentro eravi ancora fremere d'ira, strepere di ferro: poi che, intorno all'amante ultimo, ancora gli eroi venuti con le mille navi, Locri, Etoli, Focei, Dolopi, Abanti, contendean ai Troiani Helena Argiva; tutti per lei si percotean con l'aste i vestiti di bronzo e i domatori di cavalli; e le loro aste, stridendo, rigavano di lunghe ombre le fiamme.
V
Ma pensava alla sua donna morendo Antìclo, presso l'atrïo sonoro dell'alta casa. E divampò la casa come un gran pino; ed al bagliore Antìclo vide Lèito eroe sul limitare. Rapido a nome lo chiamò: gli disse: Lèito figlio d'Alectryone, trova nell'alta casa il vincitore Atride, di cui s'ode il feroce urlo di guerra. Digli che fugge alle mie vene il sangue sì come il vino ad un cratere infranto. E digli che per lui muoio e che muoio per la sua donna, ed ho la mia nel cuore. Che venga la divina Helena, e parli a me la voce della mia lontana: parli la voce dolce più che niuna, come ad ognuno suona al cuor sol una.
VI
Disse, e la casa entrò Lèito, e seguiva tra le fiamme il feroce urlo di guerra, che come tacque, egli trovò l'Atride poggiato all'asta dalla rossa punta, dritto, col piede sopra il suo nemico. E contro gli sedeva Helena Argiva, tacita, sopra l'alto trono d'oro; e lo sgabello aveva sotto i piedi. E Lèito disse al vincitore Atride: Uno mi manda, da cui fugge il sangue sì come il vino da cratere infranto: Antìclo, che muore per te, che muore per la tua donna, ed ha la sua nel cuore. Oh! vada la divina Helena, e parli a lui la voce della sua lontana, la voce dolce forse più che niuna, e come suona forse al cuor sol una.
VII
E così, mentre già moriva Antìclo, veniva a lui con mute orme di sogno Helena. Ardeva intorno a lei l'incendio, su l'incendio brillava il plenilunio. Ella passava tacita e serena, come la luna, sopra il fuoco e il sangue. Le fiamme, un guizzo, al suo passar, più alto; spremeano un rivo più sottil le vene. E scrosciavano l'ultime muraglie, e sonavano gli ultimi singulti. Stette sul capo al moribondo Antìclo pensoso della sua donna lontana. Tacquero allora intorno a lei gli eroi rauchi di strage, e le discinte schiave. E già la bocca apriva ella a chiamarlo con la voce lontana, con la voce della sua donna, che per sempre seco egli nell'infinito Hade portasse; la rosea bocca apriva già; quand'egli - No - disse: - voglio ricordar te sola. -
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