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Lobby continua alle Crociate?
by vincenza perilli Monday, Oct. 30, 2006 at 12:37 PM mail:

Paolo Sorbi lancia un nuovo fronte unito per la "difesa dell'Occidente"

Un trafiletto di Marco Politi su La Repubblica di qualche giorno fa (27 ottobre 2006), annuncia il progetto di Paolo Sorbi, ex militante di Lotta Continua e attuale presidente del Movimento per la Vita ( noto in Italia in particolare per la cosiddetta "difesa dell'embrione") di Milano, di creare una "lobby di massa" che unisca cristiani e seguaci di altre fedi e filosofie per la difesa dell'Occidente dal pericolo del fondamentalismo islamico.
Al seguito dell'esortazione di B16 (vedi il mio Integralismi a confronto) all'unione con tutti coloro che non vogliono "staccarsi dalle radici cristiane della nostra civiltà", Sorbi - che in un'intervista del 24 settembre 2006 al Secolo XIX (che potete leggere su Gaynews) aveva affermato, presentando il suo progetto Living Waters, che "i gay? Sono malati, noi li curiamo" (che fa eco allo slogan di Forza Nuova contro il corteo glbt di Catania dal quale è nata la manifestazione Orgoglioso antifascismo)-, sogna di importare l'attivismo e la capacità di mobilitazione del movimento Pro Life statunitense per fare pressione sulle istituzioni e contrastare una certa cultura democratica e tollerante. Allo scopo Sorbi ha creato un Ufficio socio-politico e prepara la prima sortita pubblica sulla questione Islam con l'appoggio e la partecipazione di Magdi Allam e Giorgio Israel. Cattolici, musulmani ed ebrei uniti nella lotta alla cospirazione dei radicali islamici contro l'Occidente.

In Integralismi a confronto parlavo delle inquietanti assonanze tra le posizioni dell’integralismo islamico e cattolico (nella fattispecie per quanto riguarda l’attacco all’omosessualità). E le assonanze tra gli integralismi ebraico, cristiano e mussulmano erano l’oggetto di un libro di qualche anno fa (Tirs Croisés. La laicité à l’éprouve des intégrismes juif, chrètien et musulman, Calmann-Lévy, 2003)) di Caroline Fourest e Fiammetta Venner (quest’ultima tra l’altro ha lavorato lungamente sui movimenti pro-life, disgraziatamente niente è stato tradotto, ma i meno edotti sappiano almeno che in nome della "difesa della vita" i movimenti pro-life statunitensi hanno ucciso un buon numero di persone a partire dai medici abortisti). L’interesse di questa prospettiva era ed è quello di mettere in luce la prossimità delle posizioni relative alla sessualità e alla “libertà di scelta” che legano paradossalmente gli attori più “irriducibili” del cosiddetto scontro di civiltà.

Nel progetto di Sorbi l’elemento “nuovo” è che il revanscismo cattolico arruola alla sua nuova crociata integralista da una parte un fautore (Israel) dell’alleanza della cultura ebraica con il cattolicesimo conservatore per la difesa della tradizione (giudeo) cristiana dell’Europa e dall’altra un curioso rappresentante (Allam) delle tendenze “razionaliste e laiche” della cultura islamica.

La “nuova alleanza” tra le armate papaline ed esponenti di un’improbabile cultura razionalista e laica mira a legittimarsi proprio attraverso l’annessione del presunto elemento “laico” al fronte unico contro il comune nemico (il fondamentalismo islamico).

Le vie del Signore, e della demagogia, sono infinite...

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Possibile?
by Lucky Monday, Oct. 30, 2006 at 3:07 PM mail:

Un ex-lottacontinuista più ripugnante di Liguori?

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In questo paese di m...
by ::::: Monday, Oct. 30, 2006 at 6:25 PM mail:

Negli ultimi anni il peso della Chiesa cattolica sulla politica italiana è aumentato a dismisura.
Al di là delle ingerenze dirette del Vaticano sulle scelte dello Stato, nella Regione di Formigoni l'integralismo cattolico ha fatto un bottino ricco, tra finaziamenti acquisizioni ed esenzioni varie...
Così non mi meraviglierei se, tra una nuova parrocchia, un asilo e un ospedale gestiti dalle suorine e finanziati col denaro pubblico, spuntasse anche l'obbrobrio di un centro di rieducazione o di "cura" dell'omosessualità.
E natutralmente qualche bell'ente culturale per la difesa dell'identità occidentale.
Queste cose dobbiamo combatterele.

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Sorbi: un ultras antiabortista
by mill Tuesday, Oct. 31, 2006 at 12:00 AM mail:

E' davvero un miltante antiabortista:

http://www.bioetica-vssp.it/documenti/002504/002504.htm

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Lobby neo-con
by antiteocrazia Tuesday, Oct. 31, 2006 at 9:58 AM mail:

Il percorso di Sorbi fa il paio con quello di Giovanni Lindo Ferretti:

http://italy.indymedia.org/news/2006/10/1169826_comment.php#1169832

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Le femministe devono confrontarsi con la Madonna di Fatima!
by Eh, la Madonna! Tuesday, Oct. 31, 2006 at 5:08 PM mail:

Dal sito bigotto Credere... l'intervista della conversione di Paolo Sorbi



Da "Lotta continua" al Movimento per la vita, alla collaborazionecon Radio Maria: dagli anni Settanta si leva un «lezzo morale».



SORBI: LE FEMMINISTE GUARDINO ALLA MADONNA DI FATIMA E LOTTINO PER LA VITA



Aldo Cazzullo, "Corriere della Sera" del 20 Febbraio 2005.




MILANO - Marzo 1968. Nella cattedrale di Trento il prete stava ammonendo i fedeli sugli orrori dell'Unione Sovietica, quando lo studente di sociologia si era alzato dall'ultimo banco e con la sua voce tonante l'aveva interrotto: «Non è vero!». «Era verissimo. Aveva ragione il prete, e torto io» dice ora Paolo Sorbi. Leader del Sessantotto cattolico, inventore dei controquaresimali, dirigente di Lotta continua, poi dal 1976 del Pci, oggi presidente del Movimento per la vita di Milano e braccio destro di Carlo Casini. Né autocritica, né pentimento, racconta; piuttosto, un'evoluzione. «Sono uscito dal Pci nel 1988 proprio sui temi della bioetica e del rispetto della vita. Decisiva è stata la critica alla modernità elaborata da Wojtyla: al centro non c'è la liberazione ma l'antropologia, non la rivoluzione ma l'uomo. L'uomo intero, a cominciare dall'ovulo fecondato, cioè dall'embrione. L'embrione non va usato, neppure a fin di bene, pena cadere in un nazismo secolarizzato. Non ho esitazioni: tra monsignor Sgreccia e Giuliano Amato, scelgo Sgreccia. E farò campagna per l'astensione al referendum». Sulla propria strada Sorbi ha trovato maestri e modelli. «Il primo fu Pierpaolo Pasolini. Voleva girare un film su Lotta continua, e Pietrostefani per sbolognarlo lo affidò a me, che ero militare. Così Pasolini venne a Napoli, con la sua giacca di pelle nera e gli occhiali scuri anche se era notte, nella caserma dov'ero di guardia, ma non lo fecero entrare. Mi diede appuntamento per il giorno dopo in un albergo di Pozzuoli. Io che avevo visto nove volte il "Vangelo secondo Matteo" lo guardavo adorante, lui mi incalzava: ma perché parlate sempre di rivoluzione? E l'aborto? E la vita? Perché non ne discutete? Tutte domande ortodosse, da inquisitore del Sant'Uffizio». Era verissimo, dice Sorbi, di aborto in Lotta continua non si discuteva; «ma non è un caso che oggi la riflessione nasca proprio da una di noi, Anna Bravo. Adesso attendo Franca Fossati: una donna della sua sensibilità non può tacere. Le nostre femministe furono le più brave a distruggere, e sono le più brave a ricostruire. Ma ora devono fare un altro passo: confrontarsi con la Madonna di Fatima. Avere il coraggio di andare alle radici della donna occidentale, ritrovare Maria di Nazareth». Sorbi non si sente isolato nel suo percorso. Indica i suoi modelli nel mondo ebraico: Pierre Victor, alias Benny Lévy, il segretario di Sartre «tornato alla Torah come io sono tornato alla Bibbia», emigrato in Israele a creare con l'appoggio di Finkielkraut, Glucksmann e Bernard-Henri Lévy la fondazione Levinas; padre Bruno Hussar, il fondatore di Nevé Shalom, l'oasi della pace per ebrei e arabi; padre Dubois, domenicano tomista e preside della facoltà di filosofia dell'università di Gerusalemme. E poi «i neocon cristiani e il movimento americano pro-life, in cui convivono Verdi ed evangelici. E gli stessi Cohn-Bendit e Sofri, con la loro riscoperta laica della centralità dei diritti umani». Diffida invece dei rinnovatori del mondo cattolico: «Fin dal Medioevo, gli spiritualisti hanno avuto un ruolo molto ambiguo. Il loro moralismo li porta alla ricerca di un capro espiatorio, sovente trovato negli ebrei; mentre la Curia nella sua sapienza è stata rarissimamente antigiudaica». Per Sorbi la rottura di fine anni Ottanta è doppia, con il Pci, «che aveva rinnegato l'operaismo gramsciano per la cultura borghese e libertaria», e con la sinistra cattolica, «che continuava a parlare solo di solidarietà e non capiva l'allarme del Papa sul progresso incontrollato della scienza». Il Sorbi non più comunista fonda la rivista "Bailamme" con Mario Tronti e Bepi Tomai, ma si ritrova in minoranza anche lì. «Quindi incontro Carlo Casini e con lui comprendo meglio la lezione di La Pira. Poi Nini Briglia, già capo del servizio d'ordine milanese di Lc, allora direttore di "Epoca", mi affida un'intervista a padre Livio, il fondatore di Radio Maria: una folgorazione». Su Radio Maria Sorbi tiene tuttora due rubriche, sulla globalizzazione e sull'ebraismo; ha appena fondato una società di consulenze e vinto la cattedra di sociologia in un ateneo pontificio, l'Università europea di Roma. «Altro maestro è stato Augusto Del Noce, con cui avevo sostenuto un impari duello pubblico sul tema "cosa succede dopo la rivoluzione", in un teatro milanese pieno di ciellini, tra cui ricordo Formigoni. Poi incontro Buttiglione, che come filosofo è eccellente. E vado al Cairo alla Conferenza dell'Onu sullo sviluppo, dove affianco Navarro Valls, un grande, nelle conferenze stampa per spiegare la dottrina della Chiesa alle inviate dei quotidiani arabi, e racconto lo scontro tra le femministe occidentali e gli islamici: le giornaliste portavano minigonne mozzafiato, ma anche i mullah nei loro tabarri neri erano bellissimi». Dagli anni Settanta, Sorbi sente ora levarsi «un lezzo morale». «La nostra generazione paga la sua ambiguità. Eravamo innovativi per la nostra modernità, ma tradizionalisti per la teoria. La nostra mente marxista era arretrata rispetto ai nostri corpi. Abbiamo fatto coincidere la lotta con la verità morale, e in questo modo abbiamo combinato anche disastri, come Primavalle. Mi è sempre piaciuta un'immagine di Sofri: gli anni Settanta come la corsa dei sacchi fatta da bambini, con la testa all'indietro per vedere la posizione dell'avversario, senza guardare dove si salta». Sorbi non ha rinnegato l'antica amicizia con il suo antico leader, ne parla con affetto e rispetto: «non era affatto antipatico, era autoritario come dev'essere un leader rivoluzionario», ma non ha partecipato alla campagna innocentista. «Il mio sogno è ritrovarlo, libero, in Israele, il luogo del ritorno alle radici, il punto cruciale del ripensamento. Ci rivedremo a Gerusalemme, e ci diremo tante cose, personali e politiche, guardandoci in faccia».

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Un comento all'intevista di Sorbi
by da Radio Popolare Thursday, Nov. 02, 2006 at 11:48 AM mail:

Uno dei tanti percorsi possibili

La faccia a pagina 11 del "Corriere", domenica scorsa, è quella di un signore in giacca e cravatta, dall'aria distinta, ben diversa da quella dei soliti sciamannati con cui ho a che fare di solito, ma ha lo stesso un che di vagamente familiare. Mi sistemo gli occhiali sul naso, guardo da un po' più vicino e, sì, la foto, se non proprio quella di un vecchio amico, è comunque quella di uno che ho avuto, in passato, modo di frequentare. È una faccia degli anni di "Lotta continua". Paolo, Paolo S., che allora tutti chiamavamo più o meno affettuosamente Paolino ed era, se non proprio uno dei leader massimi dell'organizzazione, un dirigente, almeno a Milano, piuttosto importante. Come tanti compagni che venivano dalla facoltà di Sociologia di Trento, era di formazione cattolica e bazzicava di preferenza nel ramo ideologico: io lo avevo conosciuto, mi sembra, perché per un po' ci eravamo occupati tutti e due di scuola e studenti. Saranno quindici anni che non lo incontro né ho sue notizie dirette o indirette. Leggo l'articolo che accompagna la foto (si tratta, in realtà, di una intervista) e capisco anche perché. Il Paolo in questione, oggi, è presidente del Movimento per la vita della nostra città, tiene due rubriche a Radio Maria, ha fondato da poco una società di consulenze e ha appena vinto una cattedra alla Università Europea di Roma, che nel testo viene definita semplicemente "un ateneo pontificio", ma deve avere qualcosa a che fare, se non erro, con i "Legionari di Cristo", che, notoriamente, tra tutti i movimenti cattolici è quello che comincia là dove finisce l'Opus Dei. Sapevo che Paolino aveva lasciato il PCI, in cui era passato dopo il ‘76, per rientrare nell'area del cattolicesimo militante (lo avevo anche sentito tessere, qui a Radio Popolare, le lodi di Carlo Borromeo), ma non pensavo che si fosse spinto così in là. Eppure avrei potuto immaginarmelo: all'epoca, quando faceva la scuola quadri ai ragazzotti di Sesto e della periferia milanese, non si presentava certo come un moderato. Dubbi sulla linea lui non ne aveva proprio e si capiva che quella sicurezza era del tipo che porta lontano. Dante scrive che tra li lazzi sorbi si disconvien fruttare al dolce fico ed era ovvio che una figura di tanta determinazione non poteva restare confinata a vita nel mondo un po' asfittico della sinistra. E non è colpa di nessuno, ovviamente, se l'unica alternativa alla sinistra (sconfitta) è la destra (vincente). D'altronde, questo è appunto l'argomento dell'intervista, in cui il mio ex compagno racconta della sua evoluzione ideologica, che non significa, sia chiaro, "né autocritica né pentimento", tanto è vero che non ha mai rotto l'antica amicizia con Adriano Sofri e spera di rincontrarlo, un giorno, libero a Gerusalemme, "il luogo del ritorno alle radici, il punto centrale del ripensamento". Cita quelli che considera i suoi modelli e compagni di percorso, Pasolini, che una volta gli chiese come mai a LC parlavano sempre di rivoluzione e non discutevano mai di aborto e di vita, "Pierre Victor, alias Benny Lévy, ‘il segretario di Sartre, tornato alla Torah come io sono tornato alla Bibbia'", padre Dubois, "domenicano tomista e fondatore della facoltà di filosofia dell'università di Gerusalemme", e poi "i neocon cristiani e il movimento americano pro life, in cui convivono Verdi ed evangelici". Esprime una gran diffidenza nei confronti dei pretesi "rinnovatori del mondo cattolico", considera tra i suoi maestri Augusto del Noce, ritiene che Buttiglione sia un filosofo eccellente e si compiace di essere stato al Cairo alla conferenza dell'ONU sullo sviluppo, dove ha affiancato Navarro Valls "nella conferenza stampa per spiegare la dottrina della Chiesa alle inviate dei quotidiani arabi" e, nel successivo "scontro tra le femministe occidentali e gli islamici", ha avuto modo di notare che "le giornaliste portavano minigonne mozzafiato ma anche i mullah nei loro tabarri neri erano bellissimi." Niente da eccepire, naturalmente. Ognuno è libero di fare della propria vita quello che crede e in Lotta Continua si sono intrecciati destini anche più strani. Quello che non riesco a capire, se mai, è perché al "Corriere" abbiano ritenuto rilevante dal punto di vista giornalistico e informativo pubblicare un'intervista del genere. Non c'è, in quel tipo di evoluzione, nulla di eccezionale. Nel nostro paese il cambio della casacca, quali ne siano le motivazioni, è sempre stata un'attività piuttosto diffusa. È una scelta che hanno fatto in tanti e spesso con delle ottime ragioni. Il Machiavelli, dopo il fallimento della Repubblica fiorentina, si era convinto del valore salvifico dell'opzione del principato (e d'altronde lui teorizzava la subordinazione dei mezzi ai fini) e Vincenzo Monti, che cantò con totale equanimità chiunque fosse al potere, dal papa ai giacobini, da Napoleone agli austriaci, era semplicemente disinteressato alle minutiae della vita politica, tanto è vero che compose per tutti degli ugualmente splendidi versi. Ma, lasciando perdere quegli esempi illustri, e pur temendo presente che un termine come "rivoluzionario" ha un valore affatto relativo, ammetterete anche voi che tra i tanti percorsi possibili nel campo minato della ideologia, quello che porta da una giovinezza in panni rivoluzionari a una maturità improntata a tutt'altre scelte, non è tanto raro che ci si debbano fare degli articoli sopra. Probabilmente lo sa anche l'intervistato. Tanto è vero che, come per metterci un po' di pepe, ne spara di grosse Non tanto quando dichiara che, a suo avviso, dagli anni '70 si leva "un lezzo morale", che è soltanto una conferma della terribile severità con la quale i convertiti sogliono guardare alla chiesa di provenienza, e d'altronde è motivata in termini un po' oscuri, tipo "Eravamo innovativi per la nostra modernità, ma tradizionalisti per la teoria. La nostra mente marxista era arretrata rispetto ai nostri corpi". È più eclatante, forse, quando si rammarica che in LC non si discutesse affatto di aborto e dice di attendersi che le donne che ne fecero parte facciano oggi ammenda della lacuna. "Le nostre femministe furono le più brave a distruggere e sono le più brave a ricostruire. Ma ora devono fare un altro passo: confrontarsi con la Madonna di Fatima. Avere il coraggio di andare alle radici della donna occidentale, ritrovare Maria di Nazareth." È una dichiarazione abbastanza forte perché il "Corriere" ci faccia il titolo (e anche uno strillo in prima pagina). Ma, oltre al fatto che non oso pensare a cosa le femministe di Lotta Continua avrebbero detto di un dirigente maschio che si fosse azzardato a spiegargli cosa fare o non fare, è anche un'affermazione abbastanza oscura. Come si fa, oggi, a confrontarsi niente meno che con la Madonna? Sappiamo tanto poco di quella figura, oltre alla storia del suo concepimento miracoloso, come lo racconta Luca, che non è evidentemente un esempio che ci si possa proporre volontariamente di seguire. Nei Vangeli su di lei troviamo soltanto degli squarci occasionali di notizie: rimprovera il Figlio che si è attardato a discutere con i dottori nel tempio, ma non può comprendere la sua risposta; partecipa alle Nozze di Cana; è presente ai piedi della Croce… e poi? . Quasi tutto il resto, l'Immacolata Concezione, la Dormizione, l'Assunzione, la verginità in partu e post partum e così via ce l'hanno aggiunto i posteri, con una serie di audaci estrapolazioni che hanno causato spesso risse e rotture nel corpo della Cristianità, risse e rotture che non si sono placate nemmeno oggi. Quella di Maria di Nazareth è una figura di madre, certo, ma proprio in quanto tale, dovrebbe godere di una valenza universale e collocarla, semplicemente, "alle radici della donna occidentale" suona un po' riduttivo, quasi come un'appropriazione. La "donna occidentale" è una ipotesi antropologica tra le tante: la Madonna dovrebbe rivolgersi a tutti. E Fatima, naturalmente, è soltanto uno dei tanti luoghi in cui, secondo modalità storicamente determinate, si celebra il suo culto, sottolineandone certi valori specifici, ma senza poterne (o volerne) esaurire tutte le potenzialità. La smetto subito, visto che la teologia, come saprete, non è il mio forte. Ma, personalmente, non riesco a trovare nel racconto evangelico dell'Annunciazione nulla che si possa invocare a favore della necessità di legiferare in un senso o nell'altro in tema di maternità e procreazione: mi sembra, anzi, un racconto che sottolinea la libertà della scelta da parte della donna. Posso sbagliare, naturalmente. Ma è tipico di quella parte del Cristianesimo che si rispecchia in organizzazioni quali il Movimento per la vita e i Legionari di Cristo appropriarsi della tradizione così com'è, ignorandone il complesso travaglio formativo, con l'inevitabile conseguenza di specificare il non detto, di chiudere ogni ipotesi di ricerca a favore di una dottrina "data", presentata e vissuta come l'unica possibile. È un modo di ragionare, questo, che, lezzo morale o non lezzo morale, negli ultimi venti secoli ha prodotto ben più "disastri" di quanti se ne possano addebitare, con tutta la possibilità severità, al movimento degli anni '70. Ma, in fondo, anche i danni di quegli anni, facendo la debita proporzione, possono essere addebitati a una troppo disinvolta appropriazione di alcune certezze, oltre che alla volontà di imporle a ogni costo anche ai non credenti. Da una certezza all'altra, in effetti, ci si muove sempre con una certa, invidiabile disinvoltura: il passaggio dal dommatismo rivoluzionario a quello ecclesiastico è certamente più facile di un percorso che accetti la necessità del dubbio e del dibattito permanente. Continuo a non capire che necessità ci fosse di pubblicare quella intervista



C.O.


http://www.radiopopolare.it/trasmissioni/la-caccia/2005/270205/

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Su Paolo Sorbi, il Movimento per la Vita, Storace...
by 2005 Saturday, Nov. 04, 2006 at 11:54 PM mail:

in Indymedia 2005

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