La produzione degli impianti Cdr destinata in teoria agli inceneritori occupa spazi enormi nella regione. Un rebus tempi e modi di smaltimento.
da il Mattino del 04/11/2006
Balle, l’invasione degli ecomostri Ogni mese due etteri in più per lo stoccaggio.
Panorami spettrali terreni inquinati: scempio ambientale dai costi altissimi.
FRANCESCO VASTARELLA
Una montagna nera, sempre uguale. Ecco le ecoballe, un milione e più di tonnellate. Cammini per due-tre chilometri e la montagna nera è sempre lì come un’ombra. Quando soffia il vento dal mare uno strano odore si diffonde nella valle, corre nella palude, ammorba l’aria di frutteti e allevamenti di bufale. Da due anni la lunga montagna, che dall’alto sembra un enorme serpente nero, è parte integrante del paesaggio sulla provinciale che da Aversa porta a Ischitella, un tempo perla di vacanze del litorale domizio. Nella rilevazione del satellite era un mostro già due anni fa, una macchia nera che oscura il bianco delle vecchie serre di fragole. È qui a Villa Literno il più grosso deposito regionale di balle, il cosiddetto combustibile da rifiuti prodotto dai sette impianti Cdr. Intorno gli agricoltori smobilitano e la gente scappa.
Creare le piazzole costò notti insonni al commissariato per i rifiuti, enormi ritardi ai treni bloccati per le proteste, le rivolte della gente di Villa Literno e dell’agro aversano poi sedate a colpi di manganelli e promesse di bonifica. Ma non ci fu niente da fare, non c’era alternativa alle piazzole. E dunque, avanti fin su, otto o dieci piani di balle fino a riempire gli spazi stipando, incastrando, pressando, spingendo, ricavando spazi e ampliando le piazzole ai terreni vicini.
Due ettari al mese divorati dal combustibile da rifiuti che per i più non è altro che immondizia impacchettata: tanta umidità e poco potere calorifico e dunque poca energia da produrre bruciando le balle nei termovalorizzatori. Ma intanto le balle stanno e restano lì, in attesa di un miracolo. Quale miracolo? Che si decida che farne. Bruciarle all’estero, seppellirle in una discarica. Immaginate che fatica trasferire una montagna. E di montagna non c’è solo questa. Cinque milioni di tonnellate accumulate, centoventi ettari di ex campagne fertili.
Ci vorrebbero 250mila camion, secondo alcuni calcoli, per portare tutte le balle accumulate all’estero o fuori regione. Per questo al Commissariato per l’emergenza si pensa anche alle navi e ai treni, si tratta ancora con discariche polacche e inceneritori tedeschi a corto di immondizia da bruciare. E quanto costerebbe questo trasferimento? Milioni e milioni di euro, di certo più di qualche impianto. E non ci sarebbe altra scelta visto che secondo i calcoli dei pessimisti quando entreranno in funzione i due termovalorizzatori campani ci vorrebbero 50 anni a smaltire le balle bruciando produzione nuova e quote di arretrato. Secondo i più ottimisti invece basterebbero venti anni. In ogni caso è troppo. E troppo è anche per i magistrati che da tempo hanno contestato la qualità del materiale stoccato ipotizzando una truffa e una frode contrattuale visto che non è quello previsto. Meglio liberarsene quanto prima.
A cinque chilometri in linea d’aria da Villa Literno, territorio di Giugliano, la scena è molto simile anche se le dimensioni sono inferiori. La prima piazzola per le ecoballe fu individuata qui, nelle vicinanze dell’impianto Cdr e nel cuore di una campagna coltivata a frutteto. Quando lo spazio non bastò più se ne scelse un’altra. Inutile dire che all’agricoltore convenne molto di più fittare perché il fitto annuo garantito era dieci volte il reddito agricolo.
Insomma, l’immondizia rende molto più di pesche e albicocche, mele annurche e kiwi. Senza contare che da allora il mercato è cresciuto, chi doveva cedere i terreni ha avuto facile gioco alzando le richieste alla Fibe, l’azienda che per concessione doveva garantire discariche di servizio dei Cdr e piazzole per stoccare le balle da bruciare. Impossibile cedere perché almeno nei primi tempi le balle erano considerate oro: almeno in teoria ancora oggi bruciandole se ne dovrebbe ricavare energia elettrica da vendere ottenendo un incentivo con fondi Ue.
Dunque l’ultimo anello della catena dello smaltimento che invece è diventato il dramma della Campania. Un dramma che in fase di risoluzione del contratto con Fibe potrebbe anche dare adito a una vertenza infinita visto che le balle sono appunte considerate danaro.
Caivano, area industriale, ecco l’altro maxideposito a due passi dall’impianto Cdr. Lunghi teli neri coprono le balle. Ma qua e là si vedono crepe scavate dal sole o dal gelo. La Fibe ha installato moderni sistemi di sicurezza e monitoraggi contro incendi e inquinamento. Un po’ come negli impianti Cdr intasati da scarti e balle e che non riescono a funzionare.
Piccoli depositi sono stati rivacati nelle vicinanze dei sette impianti, da Avellino a Casalduni, da Battipaglia a Giugliano e Caivano passando per Villa Literno: è la Campania delle balle.
L’INTERVISTA Amendolara: l’agricoltura così condannata a morte
«Non solo la speculazione edilizia, anche l’emergenza rifiuti ha sottratto terreni all’agricoltura più fiorente della Campania, e c’è qualcuno che è responsabile».
Sulle ecoballe, Vito Amendolara, direttore regionale della Coldiretti, si accende.
Le ecoballe come le cavallette, stanno divorando le coltivazioni. Due ettari di campagna spariscono ogni mese per far posto ad esse. Di questo passo che succederà all’agricoltura regionale?
«L’agricoltura in Campania è marginalizzata, nessuno ci pensa più. Eppure l’area rurale copre il 61% di tutta la Campania. Quanto alle ecoballe la colpa è di chi individua i siti da utilizzare per questo scopo: la scelta non può essere fatta sulla cartina. Non si dovrebbero toccare i terreni destinati all’impresa agricola e alimentare. Invece...». Sta accusando il Commissariato per l’emergenza rifiuti? «Certo, la colpa è di chi l’ha gestito negli anni. Da Rastrelli in poi. L’economia dei prodotti campani è stata letteralmente travolta dall’emergenza rifiuti. Il danno inferto è doppio, alla qualità, ma anche all’immagine dei prodotti stessi: la gente non si fida più della frutta e verdura raccolte a ridosso di certi siti. Già quattro anni fa, quando furono scoperte tracce di diossina nel latte delle bufale nel Casertano, la vendita delle mozzarelle crollò. Da allora nulla è stato fatto per tutelare le imprese agricole». I contadini danno i loro terreni in gestione al Commissariato. Ricavano di più. «Si possono capire. Sono altri, per prima la Regione, che dovrebbe sostenerli. Anche creando l’Agenzia per la sicurezza alimentare. Sono anni che ci battiamo per questo. Inutilmente». c.d.n.
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