(lo ribattezziamo cosi da un lapsus froidiano del Ing. Paolo De Girolamo)
I risultati derivanti dal CIPE della regione Abruzzo, in cui confluiscono i dati di SICORA, RICAMA, e altri, mirano tutti, al di la delle sigle accattivanti, pubblicitarie, autoreferenziali, ad un unico obiettivo.....la cementificazione totale dei litorali sabbiosi abruzzesi. Tanto studio e tanto investimento per arrivare a questo? E nel momento in cui gli esperti si pronunciano irrevocabilmente sull’aumento del livello marino, sull’intensificarsi dei fenomeni atmosferici e sulla morte del mare. E poi, quando il mare salirà, cosa faremo? le dighe come gli Olandesi? Lasceremo ai nostri figli l’incubo di vivere sotto un Vajont imminente. Sarà una scelta obbligata per difendere gli errori del passato, come stiamo facendo adesso! Senza imparare niente da esso. Ma vediamo cosa è emerso dal Convegno Regionale Energia e Clima, tenutosi a Pescara il 7-11-2006. Un colosso dai piedi d’argilla, un progetto odioso, obeso e viziato, bugiardo. La colpevole autoindulgenza dei progettisti, dei tecnici, che arrivano perfino a paragonare le opere cementizie a una novella “barriera corallina” (SIC ing. Paolo de Gerolamo). Senza sapere che per fabbricare un chilo di cemento bisogna distruggere e liberare nell’aria tanta CO2 (= effetto serra) quanta un chilo di coralli stessi ne hanno intrappolata durante tutta la loro vita. E noi stiamo zitti? La prima fase è l’incassettonamento delle spiagge con grandi pennelli in cemento (moli) con alte e profonde radici che interrompono la spiaggia (già ce ne sono ma si moltiplicheranno a dismisura), culminati da barriere di scogli che formano tante “piscine” che vengono in parte riempite di sabbia (ripasciute....ecco). La sabbia sarà prelevata al largo, anche nel sottosuolo, e questo lavoro senz’altro andrà a distruggere le ultime praterie di posidonia protette (protette perché sono loro che stabilizzano i fondali e allevano la vita nel mare) ed innescheranno quindi fenomeni di dissesto sottomarino. A proposito nessuno si preoccupa della struttura geologica sommersa della costa, tanto non si vede! Non si vede, ma c’è e bisognerebbe tenerne conto. Sappiamo che è instabile, che può cedere e scivolare su livelli deboli formati da fango intriso di gas. Basta una scossarella (in Adriatico sono frequenti tra il 5 e il 6 grado Richter ma arrivano pure a 6.9, come l’Irpinia nel 1980). Oppure, peggio, sarà il disturbo operato da queste opere a dare il colpo di grazia. Scoprirlo ci costerà molto caro. Ma tanto magari allora i responsabili la faranno franca, diranno non sapevamo, eravamo in regola... Nessuno sa se la corrente costiera comincerà ad erodere altrove scavando sotto le scogliere, mangiandosele da sotto e facendo scivolare in mare la costa alta, tanto li non ci si può costruire, fanniente che tutti dicono quanto sia bella. I pennelli o moli stessi dovranno essere scavalcati con ponti, visto che i “bagnanti” saranno prigionieri delle mura di cemento, e i moli saranno poi oggetto d’utilizzo come rampe per ristoranti e quant’altro. Magari pure qualche finto trabocco in metallo e qualche palma di plastica, perché no. Bella prospettiva per il turismo di qualità tanto decantato. Conseguenza! la scomparsa della spiagge come noi le conosciamo e la loro trasformazione in una serie di grosse pozze artificiali semistagnati e limacciose (come a sud del porto turistico di Pescara), prive di ossigeno vitale, oppure insidiose per il formarsi di buche laddove necessariamente si riverserà la corrente (come si è verificato a Casalbordino, buche profonde 12 metri dove prima non esistevano). Anche, a detta dei progettisti opere insidiose, per i bagnanti. Tra un cassone e l’altro, porti! Eppoi alberghi sulla spiaggia (vedi Hotel De Cecco) oppure operazioni edilizie speculative sulla nuova “terra di nessuno” (porto di Francavilla). E’ vero non è un’esagerazione. L’aggressività ambientale delle opere suddette deriva appunto dalla consapevolezza che l’Adriatico non è affatto un mare tranquillo e può crescere in Abruzzo di più di un metro in condizioni meteo relativamente frequenti, entrando per almeno 100 metri nella costa e sommergendo le opere su essa costruite. Senza tenere conto che se accadesse un’alta marea insieme con una tempesta eccezionale o un’onda di tsunami (sulla costa centro Adriatica si ripetono con la frequenza statistica di 1 ogni 84 anni) il mare potrebbe diventare veramente distruttivo e pericoloso per gli uomini e le cose. Invece si continua a costruire sulla spiaggia, ad investire aumentando la vulnerabilità e il valore esposto, per poi giustificarsi che occorre proteggerle. Invece di smontare di togliere il cemento di fare respirare il mare di farlo guarire di far circolare la sabbia come vuole la natura; invece di favorire le installazioni leggere, smontabili, in materiali compatibili, le banchine galleggianti, i bei chioschi e ristorantini in legno, giusto quello che serve, per stare freschi d’estate; invece di questo bare di cemento per tutti e tutto, di tutte le misure. Sono previsti 122 milioni d’euro di spese prelevate dalla cassa dello Stato di cui 44 già stanziati. Ma quante altre movimentazioni economiche a seguito delle costruzioni della manutenzione oltre alle parcelle milionarie??? Non si illudano i poveri, i balneatori, ostaggi umani di una economia sempre più disperata e precaria, si stanno creando le condizioni per soppiantarli con qualcosa di più massiccio e multinazionale. Il mare, l’ex-mare, come un mega centro commerciale. Delirio di onnipotenza ma si pensi che chi pianifica è anche chi progetta e di conseguenza guadagna solo se le opere vengono realizzate, mantenute, ampliate. Mai una volta la parola equilibrio è stata pronunciata, mai la parola riconversione, mai la parola uso sostenibile, mai la parola NATURA. Solo una prova di forza, inutile presunzione ma anche di smodata cupidigia, ma chi pagherà per questa moderna torre di babele? Dio ci pedoni, la Natura non lo farà. Francesco Stoppa
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