Da Liberazione:
Un milione e mezzo di scioperanti e 300mila persone in piazza in 27 città di Italia. Sono i numeri lanciati da Cub, Cobas e SinCobas (più Slai Cobas, Unicobas, Usi, studenti e precari autorganizzati e varie sigle dell’antagonismo di classe), gli organizzatori dello sciopero generale di ieri contro “il governo amico dei padroni” e la Finanziaria che “premia solo i padroni di Confindustria e le missioni di guerra”. A Milano erano in 20mila dietro a tre squali di cartone (Confindustria, Governo, Confederali) datati 1993. Allora c’era in ballo l’abolizione della scala mobile, adesso “lo scippo del tfr”, “i precari imbavagliati”, “la presa per il cuneo della finanziaria” come dicono, ma anche il ritorno allo scatto automatico dei salari. La prima grande uscita della sinistra anti-governativa è per uno sciopero generale che non paralizza uffici e trasporti, ma blocca il centro per una mattinata. In marcia tante RdB e delegati del sindacalismo di base, soprattutto della funzione pubblica, scuole, Inps, poste, sanità, vigili del fuoco, energie, croce rossa, enti locali di Varese, Lodi, Brianza e Milano, la “veneranda fabbrica del Duomo”. Le tute blu di Ansaldo, Innse, Marcegaglia. Ci sono collettivi di educatori “laureati malpagati” dalle cooperative sociali, gli auto-organizzati della Scala, i migranti dello “sciopero generalizzato” e gli studenti dei collettivi che denunciano “il saldo dei tagli ai saperi di Prodi e Mussi”, giovani cospiratori precari con le magliette “don’t work, be happy” e quelli che il lavoro non ce l’hanno più. Come i cinque netturbini in affitto licenziati da Genia, una S. p. A pubblica del Comune di San Giuliano Milanese. Le bandiere più lise e usate sono quelle dello Slai dell’Alfa di Arese; se possibile, hanno sempre un motivo in più degli altri per protestare. Ha ragione Corrado Delle Donne, coordinatore nazionale Slai, a ricordare che sulla facciata del Duomo oggi coperta dai cartelloni pubblicitari di Banca Intesa vent’anni fa c’erano gli striscioni dei lavoratori. Oggi l’universo è più variegato, se è vero che mentre Pippo Fiorito della Cub rilancia tutte le ragioni di essere del sindacalismo di base che invita i lavoratori a non mollare, a guardare in faccia lo schifo della concertazione, a ritrovare la voglia di lottare e ribellarsi proprio ora che al governo c’è il centrosinistra con Montezemolo, d’altra parte, Frankie dei ChainWorkers distribuisce il manifesto della "San Precario evolution" (confessa i peccati del tuo padrone) che invita a «cogliere quella tensione diffusa e insoddisfazione dei lavoratori, precari migranti, nativi, che l’azione sindacale oggi non riesce a tutelare». Il lavoro si frammenta, moltiplica la lotta. Così ad esempio, per il primo dicembre è indetta a Milano “un’assemblea nazionale delle Rsu per dire giù le mani dalle pensioni”, mentre decine di collettivi e sigle indicono assemblee di quartiere e di settore contro i tagli ai servizi, le esternalizzazioni, i megaprofitti stellari di banche e assicurazione, le speculazioni immobiliari.
Da Milano a Bologna, dove nel corteo che attraversa la città, da Piazza XX settembre fino a Piazza delle Sette chiese, sono alcune migliaia di persone. Giovani dell’Università, dei centri sociali, membri e iscritti del sindacalismo di base sfilano per le strade, intonando slogan contro governo, Finanziaria, ma anche i sindacati confederali: “"Cgil, Cisl e Uil non ci fregate più, la concertazione non la vogliamo più” e il sindaco Sergio Cofferati: “Cofferati come Ceaucescu - Basta sgomberi disumani”. Atmosfera tesa, ma nessun incidente di rilievo; in via Marconi alcuni manifestanti lanciano uova riempite di inchiostro nero contro la sede dell’agenzia di lavoro interinale Vedior, mentre Corte Isolani, a pochi metri dall’abitazione di Romano Prodi, e la sede della Cgil sono presidiate dalle forze dell’ordine.
Alla fine della giornata c’è soddisfazione fra gli organizzatori dello sciopero: «La grande partecipazione dovrebbe far riflettere il Governo. - dichiara Pierpaolo Leonardi Coordinatore nazionale Cub - Una finanziaria tutta orientata alla soddisfazione dei bisogni delle imprese è più consona a un governo di centro-destra che ad uno di centro-sinistra. Questo sciopero è per noi un passaggio, non la conclusione della battaglia». Sulla stessa lunghezza d’onda anche Piero Bernocchi, dei Cobas: «Non abbiamo governi amici e l’opposizione diverrà sempre più dura in coincidenza dell’apertura del “tavolo di concertazione” tra governo e Cgil-Cisl-Uil su pensioni, Tfr, contratti e precarietà. Intanto oggi (ieri, Ndr) abbiamo avuto un’altra dimostrazione della diffusa opposizione alla Finanziaria e ad una politica economica e sociale che non rompe affatto con il “berlusconismo”» conclude Bernocchi. A Milano c’è anche un pezzo di Rifondazione, con l’adesione e la presenza di Sinistra critica (con il SinCobas), insieme a diversi delle altre minoranze del Prc. C’è il “movimento costitutivo del partito comunista dei lavoratori” di Marco Ferrando e Franco Grisolia, alcuni storici centro sociali, la Rete dei comunisti, quattro del Pmli e qualcuno dei Carc. A Roma, fra le migliaia di manifestanti c’è anche Salvatore Cannavò, deputato del Prc e portavoce di Sinistra critica che annuncia che non voterà in aula la fiducia alla Finanziaria «perché questa bella giornata di lotta è un campanello d’allarme per il governo Prodi ed è importante che questi contenuti vengano espressi anche in aula». Prove d’alleanza in piazza di un’area radicale a sinistra? «Per ora solo il sindacalismo di base e tutti quelli che ci stanno a impegnarsi sui fronti urgenti» spiega Angelo Pedrini della Cub. Poi ci sono i salari e il ritorno alla scala mobile per fermare l’onda discendente, ma se son rose…
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