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Oaxaca (Messico): Contro la repressione, riflessione e organizzazione di classe
by Corrente Comunista Internazionale Monday, Nov. 20, 2006 at 7:00 PM mail: italia@internationalism.org

Nella prima mattinata del 14 giugno, 3000 poliziotti attaccano un presidio di manifestanti nel centro di Oaxaca, capitale dello Stato messicano dallo stesso nome. Questo presidio era stato formato tre settimane prima dai lavoratori della Scuola Pubblica per esigere aumenti salariali. Nello Stato di Oaxaca ci sono tra le regioni più povere del Messico dove gli insegnanti sono sottopagati e lavorano in condizioni inimmaginabili, tra bambini affamati. Gli insegnanti, attraverso manifestazioni di massa, hanno cercato il sostegno di altri lavoratori. Ma questi lavoratori si sono trovati di fronte ad ogni sorta di manovra sindacale, sia del sindacato “ufficiale” che di quello cosiddetto “di base”, e di fronte alla repressione dello Stato.

Oaxaca (Messico): di fronte alla repressione dello Stato riflessione,organizzazione e mobilitazione proletarie

Nella prima mattinata del 14 giugno, 3000 poliziotti attaccano un presidio di manifestanti nel centro di Oaxaca, capitale dello Stato messicano dallo stesso nome. Questo presidio era stato formato tre settimane prima dai lavoratori della Scuola Pubblica per esigere aumenti salariali. Nello Stato di Oaxaca ci sono tra le regioni più povere del Messico dove gli insegnanti sono sottopagati e lavorano in condizioni inimmaginabili, tra bambini affamati. Gli insegnanti, attraverso manifestazioni di massa, hanno cercato il sostegno di altri lavoratori. Ma questi lavoratori si sono trovati di fronte ad ogni sorta di manovra sindacale, sia del sindacato “ufficiale” che di quello cosiddetto “di base”, e di fronte alla repressione dello Stato. Anche se i lavoratori sono riusciti in un primo tempo a resistere a questa repressione, le loro rivendicazioni salariali, l’espressione della loro condizione di classe e della loro critica diretta al sistema di sfruttamento, sono state annullate. La loro combattività, le loro esigenze sono state annegate nel quadro di una mobilitazione interclassista diretta dall’APPO, “Assemblea Popolare del Popolo di Oaxaca”. L’APPO, dietro la radicalità delle azioni e la pretesa autonomia, è dominata da sindacati, stalinisti ed gruppi dell’ala sinistra radicale della borghesia. Il malcontento operaio (soprattutto degli insegnanti) e di altri settori oppressi (come i contadini poveri) è stata incanalata verso “il miglioramento” dell’ordine democratico, verso la richiesta di dimissioni del governatore di Oaxaca, Ulises Ruiz, un vero gangster nella miglior tradizione della borghesia messicana e del suo ex partito dominante, il PRI.
Sin dall’inizio delle mobilitazioni, era già evidente l’introduzione di interessi estranei a quelli dei lavoratori ad opera della struttura sindacale. Attraverso il sindacato diverse forze della borghesia hanno tentato di sviare il malcontento dei lavoratori, non solo per smussare la combattività di cui davano prova, ma anche per utilizzare questa forza come carne da cannone nelle loro dispute all’interno della borghesia.
Purtroppo, dal punto di vista della manipolazione delle masse, il movimento di Oaxaca tende a somigliare a quello che è stato fatto dal settore della borghesia rappresentato da Obrador (1): questo è riuscito a soffocare il malcontento e la volontà di lottare presenti in numerosi settori ed a farli partecipare alle mobilitazioni “per la difesa del voto”. La tattica è stata quella di implicali in una lotta bidone e di portarli ad una riflessione sbagliata, che si è conclusa con la neutralizzazione totale del malcontento (o il suo incanalamento verso un’altra direzione attraverso l’attività della CND (2) e del suo “governo parallelo”). Dunque il malcontento fu sfruttato per utilizzare le masse per il sostegno di una cricca della borghesia ed è così che la confusione si è estesa ed amplificata.
Nel caso di Oaxaca, la rabbia degli insegnanti che chiamano alla lotta è stata utilizzata e sviata verso la ricerca di una falsa alternativa: la riforma dello Stato. Il risultato di queste mobilitazioni non è l’avanzamento della coscienza e della combattività delle masse lavoratrici (come pretendono i gauchisti) ma la strumentalizzazione di questo malcontento ed il profitto che ne trae una delle frazioni della classe dominante, che usa la mobilitazione per mettere in difficoltà una frazione rivale.
Nascondendo gli interessi delle frazioni della borghesia implicate nello scontro interno dietro le manifestazioni e le azioni sincere di migliaia di persone che vivono in questa regione, si è riusciti a trasformare la rabbia dei lavoratori contro il peggioramento delle loro condizioni di vita, in “esigenze democratiche” di una massa di “cittadini” amorfi. Così si incoraggia anche la vana speranza che il capitalismo possa cambiare in meglio, semplicemente rimpiazzando un governatore, sicuramente un “ganster, ladro e corrotto”, con un altro “di buon cuore”.

Il proletariato è la sola classe che può farla finita con il capitalismo

Le mobilitazioni a cui ha dato impulso l’APPO sono effettivamente state di massa ed hanno dimostrato una volontà di lotta. Ci sono anche state manifestazioni di solidarietà verso gli insegnanti da parte di differenti settori di sfruttati. Tuttavia tutto questo è stato annientato quando gli interessi dei lavoratori sono stati sottomessi ed orientati verso la difesa della democrazia. La struttura sindacale ed i diversi gruppi gauchisti, attraverso l’APPO, hanno molto abilmente condotto le masse in un vicolo cieco. La natura brutale e sanguinaria del sistema si esprime certamente attraverso una repressione sempre più forte della borghesia contro i manifestanti. Ma questo non conferisce un carattere “rivoluzionario” o “insurrezionale” come pretende l’apparato di sinistra del capitale (3), il carattere di classe di un movimento si esprime negli obiettivi che si da la lotta, nella sua organizzazione e direzione, e negli strumenti con i quali si sviluppa la lotta. Si è finito per imporre ai lavoratori degli obiettivi e delle parole d’ordine che non fanno altro che rafforzare il sistema. Gli obiettivi che adesso sono messi avanti mostrano che i proletari non hanno più il minimo controllo su questa mobilitazione. Si può constatare che l’organizzazione di questo movimento, anche se è nata con la volontà di estendere la solidarietà agli insegnanti, alla fine ha finito per sottomettere gli interessi di classe (rappresentati dalle rivendicazioni salariali) agli interessi in quanto “cittadini” portati avanti dai differenti gruppi sociali che costituiscono l’APPO, assecondato dai gruppi dell’apparato di sinistra del capitale (dal PRD, Partido Revoluccionario Democratico, ai gruppi trotskisti e stalinisti).
I lavoratori nell’APPO sono stati spogliati della loro forza di classe. Essi non possono più esprimervi la loro volontà, il loro coraggio di classe, essendo stati snaturati e deviati i loro obiettivi, ma peggio ancora è stato ridotto il loro potenziale di combattività per l’impossibilità di autorganizzarsi, facendone una forza sterile, sottomessa alle decisioni ed ai metodi di lotta propri della classe dominante.
Durante un’intervista con l’avvocato dell’APPO, Ochoa Lara (volendo giustificare la spontaneità della sua formazione) spiega il carattere e la natura dell’APPO, segnalando che questa raggruppa formalmente circa 200 gruppi e comunità della regione. Ma la maggior parte di questi sono solo delle sigle senza niente dietro. Il gruppo più numeroso è il Movimento di Unità della Lotta Triqui (4) (MULT), rappresentato all’APPO da Rogelio Pensamiento, che, secondo lo stesso avvocato, è noto per “i suoi agganci con i governi del PRI” (5). Un altro dirigente dell’APPO è Flavio Sosa, che ex-deputato del PRD, “si unisce in seguito alla campagna di Vincente Fox e poi costituisce il partito Unidad Popular, che ha sostenuto il PRI alle elezioni che hanno portato al governo Ulises Ruiz” (Proceso 1560, 24-09-06).
Pertanto, malgrado gli assembramenti spettacolari e la repressione contro i suoi membri, le mobilitazioni portate avanti dall’APPO non esprimono la forza del proletariato, ma l’azione disperata di classi e strati medi (che benché sfruttati ed oppressi non hanno prospettiva storica), che vengono largamente usati dalla borghesia. Non c’è niente di più falso delle speculazioni dell’apparato di sinistra del capitale quando afferma che le mobilitazioni dell’APPO sono l’inizio della “rivoluzione”: discorsi simili si sono fatti anche a proposito del movimento piquetero in Argentina e la realtà ha dimostrato che eravamo ben lontani da questa.
Non si tratta di condannare chi partecipa a queste mobilitazioni, ma fare chiarezze sul loro significato. Non si tratta di sminuire le espressioni proletarie di questa regione, ma al contrario, spingerle alla riflessione sulla necessità di una organizzazione autonoma, che impedisca alla classe dominante di imporre i suoi obiettivi, o che, grazie ai suoi sindacati ed al suo appartato gauchiste, possa mettere in atto degli strumenti di lotta sterili, che portano alla repressione ed alla sconfitta.
In quanto rivoluzionari, abbiamo la responsabilità di definire chiaramente qual è la forza e quali i limiti di questo movimento al quale partecipano i lavoratori, di segnalare senza mentire quali sono i percoli per l’azione proletaria quando le forze della borghesia entrano in gioco per manipolarle, e indicare quali sono i suoi alleati e quale orientamento dare alle lotte. Sappiamo che questo è un compito difficile per i comunisti perché bisogna andare controcorrente al discorso pragmatico della sinistra del capitale, che guadagna simpatie applaudendo tutto quello “che si muove”e incoraggiando l’impazienza e l’immediatismo. Ma questo non è che un sabotaggio o, nel “migliore dei casi”, un’espressione piccolo-borghese dell’assenza totale di fiducia storica nel proletariato da cui deriva l’entusiasmo per le rivolte interclassiste. Lo sfruttamento, l’oppressione e la miseria non scompariranno con un semplice cambio di funzionari al governo, il proletariato è l’unica classe che può eliminarli e la sua coscienza e la sua organizzazione sono le sole armi sulle quali può contare.

Revoluciòn Mundial, organo della CCI in Messico, 20-10-2006

1. A.M. Lopez-Obrador, detto AMLO, era il candidato del PRD (sinistra) alle recenti elezioni presidenziali messicane. Il candidato di destra, Calderòn, ha vinto per qualche voto. Obrador ha fatto tutta una campagna sugli imbrogli che avrebbero contaminato queste elezioni, il che non sarebbe strano visto i costumi politici della borghesia messicana. Ma quello che ci interessa è che la sinistra messicana ha approfittato di questa situazione per rafforzare l’idea che sarebbe possibile avere una buona e giusta democrazia, che ci vuole una “nuova costituzione”, ecc. Più il potere della borghesia appare per quello che è, una dittatura quale ne sia l’involucro, più le forze specializzate nell’inquadramento delle classi sfruttate, cioè la sinistra del capitale più o meno radicale, fanno balenare futuri giorni democratici, nuove democrazie, dirette, partecipative ed altre meraviglie simili. In questo senso, il Messico ci ha dato un fulgido anticipo: dalla sinistra che ha messo su un’occupazione simbolica nel centro della capitale federale, fino alla confisca della lotta degli insegnanti da parte dell’APPO a Oaxaca, passando per l’EZLN (movimento zapatista) e la sua VI dichiarazione, molto critica nei confronti della sinistra ufficiale di Obrador, abbiamo avuto diritto a tutto il ventaglio delle “novità” che servono ad evitare che il proletariato si ponga la vera questione del potere.
2. “Convenzione Nazionale Democratica”, coalizione della sinistra messicana che riconosce solo Obrador come presidente “legittimo” e organizza forum per mantenere la pressione.
3. Vedi a proposito l’ultimo numero di Revoluciòn Mundial, in questo stesso sito, che denuncia le menzogne dei trotskisti.
4. Triqui è uno dei popoli indigeni dello Stato di Oaxaca.
5. “PRI”, Partito Rivoluzionario Istituzionale, che ha governato il Messico per 70 anni.

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