Fiom e Lavoro e società sotto accusa per il corteo contro la precarietà. Cremaschi all'indice. Al direttivo nazionale, parole dure del segretario verso chi ha partecipato alla manifestazione del 4 novembre. Dietro il conflitto giudizi diversi sull'operato del governo Prodi e sulla Finanziaria.
Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. Il vecchio adagio sembra adattarsi perfettamente al dibattito aperto ieri al direttivo nazionale della Cgil dal segretario generale Guglielmo Epifani. Tra i titoli del confronto, uno spicca su tutti: la precarietà, anzi la lotta alla precarietà del lavoro. Ma è come se la politica delle alleanze (in generale la «Politica») venisse prima del merito, pur riconosciuto centrale dall'intero gruppo dirigente della confederazione. Il conflitto è sulla partecipazione alla manifestazione del 4 novembre contro la precarietà di alcune parti della Cgil, mentre la confederazione si era dissociata fin dall'inizio. La tensione - come abbiamo raccontato nei giorni scorsi - era cresciuta dopo la pubblicazione sul manifesto di una pubblicità dei Cobas - tra i promotori del corteo del 4 - che definiva il ministro Damiano «Amico dei padroni». A quel punto dalla segreteria della Cgil era partita la richiesta ai dirigenti del sindacato di disdire la loro adesione: i segretari della Funzione pubblica Podda e della Scuola Panini avevano raccolto l'invito, la Fiom, l'area programmatica Lavoro e società e la Rete 28 aprile avevano invece confermato l'adesione. E ieri, in forma diversa, sono stati oggetti della dura critica del segretario generale. Un conto, dice Epifani, è la lotta alla precarietà che «rimane un nostro fermo obiettivo». Altro conto sono i «fatti vergognosi, segno di seri problemi» e non «la questione di pochi imbecilli, ma di una precisa e lucida scelta politica. La stessa cosa la abbiamo vista in queste settimane anche contro di noi, contro le nostre scelte, i nostri dirigenti, le nostre sedi». Insomma, è come se dietro atti (parole) come quelli dei Cobas si possa intravvedere un'insorgenza violenta, quasi un flashback. Da qui il «comunicato della segreteria nazionale della Cgil sulla manifestazione del 4 novembre», motivato anche dagli attacchi alla Cgil e ad alcune sue strutture (Funzione pubblica e Conoscenza). «... la Fiom, Lavoro e società e Rete 28 aprile, hanno deciso di restare dentro quel corteo, è evidente che un problema si pone». Un problema si pone. Continua Epifani: «Chiedo a chi ha fatto una scelta diversa di valutare se le mie considerazioni pongono una questione vera oppure no, e di riflettere insieme sul perché di comportamenti così diversi». Altro tuffo nel passato, quando si chiedeva ai compagni che avevano sbagliato una sincera autocrica. Non basta, «c'è poi un problema in più. Rete 28 aprile si è costituita come area programmatica, di opposizione forte... Voglio dire che questo non rappresenta un problema, ma una ricchezza per tutti. Ma c'è una condizione. Che questa forma di opposizione non può superare nei comportamenti e nei giudizi quei limiti che ci sono per tutti nella comune sottomissione alle regole, ai valori della Cgil». Non basta ancora: «Uso una sola volta una personalizzazione. Se Giorgio Cremaschi in una dichiarazione augura successo allo sciopero dei sindacati confederali dell'Università e della ricerca (e fin qui va bene) e contemporaneamente successo allo sciopero dei Cobas e dei Cub, a mia memoria non credo di avere visto un dirigente della Cgil esprimere questo atteggiamento nei confronti di uno sciopero del sindacalismo di base, che ha un obiettivo diverso da quello della Cgil. Avverto che qui si sta superando un limite». Terzo flashback: il compagno sta mettendosi oggettivamente fuori dall'organizzazione, si sarebbe detto nel Novecento. Insomma, la prossima volta non si discuterà politicamente del caso Cremaschi, ma negli organismi preposti. Siamo alla minaccia di sanzione. Dopo la relazione sono iniziati gli interventi in un clima, secondo gli accusati, di resa dei conti. Se al termine resteranno le sanzioni, non sarà soltanto la Fiom a prendere le distanze ma anche una parte della maggioranza congressuale, di cui Lavoro e società è parte. Si ipotizza la presentazione di alcuni ordini del giorno di altre componenti e categorie che potrebbero assumere posizioni intermedie. Solo un'ipotesi. Dietro lo scontro sulla precarietà si leggono differenze anche forti sul giudizio relativo al governo, all'operato del ministero del lavoro, alla Finanziaria. Senza dimenticare la precarietà, e quella firma apposta dalla Cgil all'«avviso comune» che divide i lavoratori dei call center in lavoratori di serie A e di serie B.
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