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Slogan, roghi e massacri
by da girodivite.it Thursday, Nov. 23, 2006 at 12:18 PM mail:

Inutile girarci intorno: gesti come quelli che si vedono in certe manifestazioni non possono che suscitare disgusto ad una popolazione, perlopiù moralista e conformista, come quella italiana. Tenendo conto che s’inneggia, in maniera inequivocabile, al tema/totem della morte, auspicandone la riproduzione su di una categoria, preposta, nell’immaginario comune, a difesa dei nostri interessi e della nostra incolumità, l’acuizione di tal sentimento non può che giungere a limiti trascendenti ogni spirito critico. Ciò nonostante, cosa ci indica il formarsi di tali eccessi, verbali, simbolici o materiali, nettamente antitetici rispetto ad una normale dialettica democratica, se non che qualche motivo per cui si è giunto a farli emergere deve pur esserci? Vogliamo davvero dar credito ai giudizi unilaterali emessi, indiscriminatamente, dai censori della pubblica opinione, considerando quindi quei soggetti come personalità criminali oppure il manto rassicurante delle idiozie sparate a reti unificate qualche pecca di comprensione della complessità dei fenomeni la possiede? Entro tale analisi prendono posto tre categorie di osservatori, tralasciando i menefreghisti duri e puri:

le istituzioni, le quali, in spregio a qualsiasi obbligo di rapporto con la realtà autentica delle situazioni e non tenendo conto in alcun modo del passato modo d’approcciarsi alle questioni, propendono per la condanna certa, immediata e, in definitiva, rappresentante delle pulsioni della totalità dei cittadini. Atteggiamento comprensibile, perché ormai entrato a far parte del luogo comune democratico, eppure ostile all’obiettività;

i comuni cittadini, mediamente disinteressati alle questioni politiche ed informati, tempestivamente, da una messe d’insulsaggini stranota a chi s’accinge nel voler ricercare l’informazione corretta attraverso i canali della cosiddetta imparzialità; in pratica, i discendenti “poveri” degli istituzionalizzati nonché convinti assertori delle posizioni espresse da questi ultimi;

coloro che, velatamente, appoggiano anche i dissensi più radicali, salvo nascondere le immagini o i resoconti più rimandanti alla linea della denigrazione generale: magari, nascosto tra le righe, vi si scorge qualche cenno d’apprezzamento ironico, per poi martellare con gli stessi ed altrui commenti preconfezionati, in direzione stigmatizzante la mente del lettore, dell’ascoltatore o, perché no, dell’interlocutore diretto.

E’ prassi, difficilmente muterà qualcosa…

Il senso non può essere: è giusto o sbagliato commettere certi gesti, quanto piuttosto indagare il perché si siano create le condizioni affinché siano avvenute rimostranze spogliate d’ogni pudore e, in ogni caso, soltanto provocatorie, quindi tese a mostrare l’esasperazione delle contingenze reali richiamate. Se la storia non è un’invenzione solipsistica, come forse qualcuno presume, la brutalità di comportamento imperialista (nelle sue forme dirette e mediate…) non può essere negata, tanto più se corrisponde all’effettiva distruzione di chi quest’arroganza la subisce, sulla propria pelle, nell’indifferenza generale. Etichettiamoli come meglio ci pare opportuno quei ragazzi che calpestano i simboli del dominio, ma non saranno mai loro a rappresentare il cuore della vicenda. In quanto abbiamo eretto a metodo sistematico l’ipocrisia, e sua sorella ignoranza, non potremo che concordare con i soloni che tacciano ogni sussulto non previsto come inqualificabile. Se, al contrario, considereremo gli autorevoli mandanti come principali responsabili delle carneficine mediorientali, potremo ben supporre che un efferato coro, per quanto contrario ad ogni principio d’umanità perché invocante futuri disastri epperò finanche giustificabile ponendoci nella prospettiva contraria a quelli che i disastri li producono e li alimentano materialmente, possa esser considerato sostanzialmente innocuo. Della provocazione costruttiva cui vorrebbe tendere non parliamone: le interpretazioni sovresposte bastano ed avanzano ad invalidarla come supposta suggestione.

Giuseppe Morrone




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