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Sul nazionalismo
by n.v. Wednesday, May. 14, 2003 at 12:19 AM mail:

La questione del nazionalismo basco: analisi.

"Molte nazioni credono di avere origini antiche e nobilissime, e spesso questa presunta profondità storica viene impugnata per dare forza e fierezza alla propria identità. In realtà, non pochi di questi contesti nazionali risalgono al secolo XIX, quando l'Europa ridefinì i propri equilibri interni configurando degli assetti statali che all' incirca sono quelli odierni." Eric J. Hobsbawm Non solo. Nella pur grande varietà di forme che i nazionalismi hanno assunto e assumono è possibile rilevare un'altra regolarità: al di sotto delle manifestazioni di ostilità di un 'etnia nei confronti di un'altra, i nazionalismi nascondono spesso questioni che attengono al rapporto fra classi e ceti di una stessa società. E' risaputo che i miti storici del romanticismo svolsero un ruolo rilevante nel sorgere dei nazionalismi nel secolo XIX, come fattori di legittimazione ideologica, per la necessità di tali movimenti di dotarsi di una storia ad hoc. Questa si basava spesso sull'invenzione di tradizioni (L'invenzione della tradizione, 1983 Hosbawm), quando non si trattava di falsificazioni o manipolazioni del passato. Nella genesi e nello sviluppo del nazionalismo basco ritroveremo puntualmente tutti gli elementi appena considerati: la costruzione di un'identità per contrapposizione (alla Spagna e agli spagnoli), avvenuta in maniera per molti aspetti artificiale, sul finire dell'Ottocento; la falsificazione del passato e la sua ricostruzione in termini mitici; le trasformazioni delle dinamiche socioeconomiche che sul piano politico e culturale danno origine a fenomeni di reazione xenofoba e nazionalista. Storia, sociologia, psicologia, antropologia hanno tutte contribuito, a modo loro, a dimostrare che l'identità (individuale e collettiva) non è un'entità oggettiva che può essere semplicemente scoperta o riconosciuta: essa non è inerente all'essenza di un oggetto, ma dipende dalle nostre decisioni. In altri termini, ha carattere di convenzionalità. Naturalmente quello dell'identità resta un problema aperto e a volerlo approfondire si rischia di scivolare addirittura sul piano filosofico, toccando l'ormai millenaria questione dell'esistenza degli universali. Qui ci accontentiamo di sottolineare, per ciò che concerne i gruppi sociali, che l'identità (nazionale o etnica che sia) è sempre "costruita" o "inventata". Si può obiettare che la cultura in cui gli individui sono immersi, la lingua che si apprende sin dall'infanzia, le abitudini che si acquisiscono frequentando un dato contesto sociale, sono così pervasivi da formare l'identità in modo quasi deterministico. Ciò è senz'altro vero: ma vale anche il ragionamento inverso. L'importanza della cultura, ossia di un sistema di simboli e valori appresi dagli individui e successivamente interiorizzati, è così grande proprio perché permette di "costruire" l'identità sociale. "Orientando" la cultura (attraverso l'educazione, la propaganda, la diffusione di simboli e valori) si orienta anche l'identità individuale e sociale; e se il fatto che essa sia percepita come un dato oggettivo e immutabile le conferisce in qualche modo lo status di realtà effettiva, ciò non toglie che si tratti sempre di un prodotto creato dall'uomo. Basti pensare alla nostra identità di italiani, che diamo per scontata, quasi fosse sempre esistita, mentre invece è il risultato di una lenta costruzione. La celebre frase di Massimo d'Azeglio: "Abbiamo fatto l'Italia, adesso dobbiamo fare gli italiani", ormai ridotta a una nota di colore nella storia del nostro Risorgimento, ne è l'implicita prova. L'invenzione della tradizione basca fu realizzata nel secolo XIX dal fuerismo romantico e prenazionalista nella sua triplice versione politica, storica e letteraria, e continuata in buona misura, anche se con alcuni cambiamenti significativi, dal primo nazionalismo basco di Sabino Arana. Questi ereditò il discorso mitico e leggendario del fuerismo, reinterpretandolo in chiave già non più regionalista bensì nazionalista radicale. V.N.

http://www.storiain.net/arret/num66/artic2.asp

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considerazioni
by bospartisa Friday, Nov. 07, 2003 at 1:26 AM mail:



analisi sulla illegalizzazione di batasuna e considerazioni su un articolo de "el pais"

Partiamo dal presupposto che sia Batasuna sia l'ETA non godono della nostra simpatia, non fosse altro che per la loro impostazione nazionalistica e spesso anche etnica. Ciononostante, il caso della illegalizzazione di Batasuna in base alla parziale coincidenza di alcuni dei suoi membri con le pratiche illegali dell'ETA comporta numerosi interrogativi. Innanzitutto, questa decisione del potere politico-giudiziario spagnolo, al di là di qualunque cosa possiamo pensare della funzione ideologica e di controllo sociale di esso, cozza con un principio chiave del cosiddetto stato di diritto: la responsabilita individuale degli atti. In effetti, sia Batasuna sia l'ETA sono persone giuridiche distinte, così; come si evince dalla stessa dialettica interna di Batasuna descritta dall'articolo di El Pais (recuperato dalla rassegna stampa online del sito di Basta Ya). Facciamo qualche esempio per chiarire la questione. Attualmente in italia si può; sostenere che pressochè tutti i partiti abbiano al loro interno qualche componente che ha o ha avuto problemi con la giustizia. Ad esempio Forza Italia vede al suo interno tutta una serie di persone inquisite e talvolta anche condannate per reati di natura fiscale, nonchè per collusione con apparati di natura mafiosa. Al di là del sottile piacere che proveremmo se si applicasse a questo partito la stessa logica di illegalizzazione usata per Batasuna, il problema è che questo principio mette praticamente ogni organizzazione politica con un minimo di seguito di massa alla mercè del potere giudiziario, che potrebbe, in base al principio della più o meno presunta aderenza di alcuni suoi membri a pratiche illegali di vario tipo, deciderne la messa al bando. Per capirci, in base a questo principio, tutte le organizzazioni della sinistra potrebbero venire sciolte in base alla partecipazione più o meno attiva e continuata di molti loro membri a scontri di piazza. L'articolo, poi, mette in evidenza il fatto che molte persone della società civile votano e si fanno rappresentare nelle istituzioni da uomini ritenuti implicati, a torto o a ragione, in pratiche di lotta armata. La cosa sembra all'articolista particolarmente eclatante, ma in effetti anche nel primo parlamento della Repubblica Italiana decine di deputati e senatori erano nella stessa condizione in quanto membri della Resistenza e/o della Volante Rossa e/o delle varie organizzazioni antesignane di Gladio. Impedire, o comunque colpevolizzare, il riconoscimento politico di un elettore verso chi ha praticato opzioni politiche illegali, senza per questo perdere i diritti civili di elettorato passivo, e anche questa una prassi estremamente pericolosa, almeno per chi ritiene (e non e' necessariamente l'opinione di chi scrive) la libera dialettica elettorale un bene da salvaguardare a tutti i costi. Per ritornare alla situazione italiana, ma tutto il mondo è paese sotto questo profilo, buona parte delle candidature presenti e passate e presumibilmente future potrebbero essere inficiate, se si applicasse rigorosamente questo principio. Per tornare alla situazione spagnola, non va dimenticato poi che molte delle azioni dell'ETA hanno ricevuto il plauso non solo locale ma anche internazionale (esempio per tutti l'assassinio di Carrero Blanco): la prassi politica di tipo illegale in altri termini di per sè non deve impedire il riconoscimento e la dialettica politica della società civile. Il principio contrario porta, ad esempio, a situazioni come quella palestinese dove lo stato israeliano, nonostante le sue enormi colpe in merito, lo utilizza a piene mani per giustificare ideologicamente il rifiuto di ogni forma di dialettica politica con l'OLP. Situazioni di questo genere dovrebbero essere affrontate attraverso il confronto politico e non attraverso la prassi della illegalizzazione di chiunque non riconosca, del tutto o in parte, l'illeggittimità delle pratiche di lotta armata. Nonostante le apparenze, tra l'altro, tale irrigidimento del potere giudiziario e politico non può che portare nell'immediato ad una recrudescenza di tali pratiche. Non è escluso, tra l'altro, che proprio questo sia l'obiettivo reale di decisioni politico-giudiziarie di questo segno: spingere la popolazione basca in strade senza sbocco e facilmente controllabili da parte dello Stato.


l'articolo tradatto de "el pais" a cui si riferisce sopraPiu' di 400 detenuti della'ETA rivestivano incarichi in Herri Batasuna.


Le forze dell'ordine, polizia e magistratura, sono convinte che Batasuna (prima Herri Batasuna, poi Euskal Herritarrok) equivalga al gruppo terroristico dell' ETA, e che i suoi militanti svolgano la funzione di politici o di collaboratori, armati o meno, dell' organizzazione suddetta, a seconda delle necessità del momento. La lista si rifà di 19 fogli: dal 1978 ad oggi, le forze di sicurezza hanno arrestato 442 persone accusate di appartenere all'ETA che, secondo le fonti della lotta antiterrorista, hanno avuto un incarico in Herri Batasuna o nella coalizione elettorale Euskal Herritarrok. Alcuni di loro - come i parlamentari baschi Arnaldo Otegi e Jose Antonio Urrutikoetxea, Josu Ternera - sono arrivati alla politica dopo aver impugnato le armi, dopo aver fatto parte della direzione dell'ETA o dopo essere stati detenuti e aver scontato la loro condanna. Altri hanno seguito lo stesso percorso pero' nel senso opposto, come ad esempio i casi recenti di Iñaki Lizundia Álvarez e Asier Altuna Epelde.

Lizunda nel 1991 è stata consigliera in Ortuella (Bizkaia); tre anni piu' tardi è stata detenuta per collaborazione con l' ETA e quindi si è trasferita in Francia, dove il giudice Laurece Le Vert l'ha accusata di aver tentato l'assassinio, nel dicembre del 2001, del gendarme che la inseguiva e che, finalmente, l'aveva arrestata nelle vicinanze di Auch. Il caso di Asier Altuna e' diverso. La polizia lo ha avvicinato il 17 marzo, quando ancora era consigliere e aveva l'incarico di portavoce di Batasuna nel consiglio comunale di Azkoitia (Guipuzcoa). Altuna nascondeva nel garage di casa sua una macchina Ford Fiesta appena rubata che, secondo la polizia, sarebbe stata trasformata in una macchina bomba "in tempi rapidi". In quella stessa occasione, il ministro dell'interno Mariano Rayoj, aveva dichiarato che "ci sono persono elette, che ricoprono incarichi politici, e che uccidono".

Dei 442 detenuti, non tutti sono stati condannati. Ci sono ugualmente militanti di HB che, dopo essre stati catturati dalla polizia francese o spagnola, rimangono in liberta' senza incarichi o venendo prosciolti dai delitti di cui erano accusati. Un altro dato che richiama l'attenzione, si riferisce al fatto che molti dei detenuti - generalmente per passare informazioni all' ETA sulle possibili vittime -vengono candidati a consiglieri dei loro paesi, piccole localita' di Guipuzcoa o Bizkaglia dove tutti si conoscono. E' per questo che, sempre più frequentemente, concittadini di quei luoghi si recano alle sedute dei consigli comunali dopo ogni omicidio. Lì, a volto scoperto e " mettendosi in gioco", accusano i consiglieri di Batasuna - che non condannano mai gli attentati - di essere complici e spioni.

Per le istanze del Minestero degli Interni, gli osservatori d'analisi della polizia e della guardia civile hanno elaborato vari documenti nei quali si vuole dimostrare che ETA e HB -ora Batasuna- sono la stessa cosa. Il governo in questo modo tenta, quando si produrra' l' illegalizazzione, di eliminare ogni traccia di dubbio sia per il resto dei paesi della UE che per l'opinione publica spagnola. Per questo motivo, ad esempio, alcuni settori della polizia che si mettono in mostra per la disarticolazione di commandi, sono soliti evidenziare se qualcuno dei detenuti appartiene a HB o e' stato membro di Jarrai o Haika, le organizzazioni giovanili rese illegali successivamente dal giudice Baltazar Garzon e che ora operano sotto il nome di Segi. Distanti dal tentativo di negare il legame con la ETA, i dirigenti di Batasuna sembrano aver optato ultimamente per l'appoggio alla tesi governativa. Solo alcuni giorni fa - durante la celebrazione del sud della Francia del Haberri Eguna (giorno della patria basca)-, lo stesso Otregi ha acclamato in pubblico il nome dell' organizazzione terroristica (gora Euskadi Ta Askatusuna - forza Patria Basca e Liberta' (ETA)); venerdi scorso, dalla tribuna del parlamento basco, il deputato Jon Salaberria ha detto chiaramente: "la lotta armata di ETA risponde dei diritti legittimi del popolo basco".

Salaberria in particolare puo' essere un esempio dell'altro tipo di molteplice impiego. Sebbene non è mai stato detenuto per la sua appartenenza all'ETA e pertanto non si puo' annoverare tra i 442 citati, nel 1997 è stato condannato ad un anno di prigione per aver distrutto un negozio e per aver bruciato contenitori di immondizia a Ordizia. Non sembra dunque che gli antecedenti violenti siano un impedimento per accedere a un posto prestigioso nel partito Batasuna, bensì completamente l'opposto. Di fatto sei dei trentadue membri dell' attuale "mesa national" - ossia una quinta parte - sono stati anch' essi arrestati o condannati per il loro rapporto con ETA.

Sebbene in realta' niente sia troppo nuovo - e' gia da molti anni che Jon Edigiraz ha confermato in pubblico che "votare HB equivale a votare ETA", ciò che effettivamente si puo' constatare ora, e forse per la prima volta, e' che la durezza degli attuali dirigenti di Batasuna sta iniziando a non piacere alla propria parrocchia. Non invano, da alcuni mesi a questa parte, quattro delle organizzazioni che parteciparono al processo Batasuna per la rifondazione della sinistra radicale ( patriottica), hanno già abbandonato i loro vecchi colleghi di Herri Batasuna. Se ne sono andati Aralar (la corrente critica il cui leader e' Patxi Zabaleta), Zutik (i trovziskij) e Batzarrz (consiglieri comunali di Navarra). Si sono dimessi anche almeno nove dei loro consiglieri, disgustati dalla rottura della tregua e dell' offensiva sanguinosa dell' ETA. Allo stesso modo, si e' saputo che ci sono sindaci di Batasuna che non torneranno a presentarsi se ETA continua ad uccidere. La sinistra radicale, oggigiorno ha meno voti ed e' piu' mal vista che mai.

Buona parte di tutto cio' ha inizio nel 1997, anno terribile. La liberazione di Ortgalara, che ha permesso di capire fino a che punto Eta era capace di torturare, e l'omicidio a rallentatore di Miguel Angel Blanco, hanno provocato una reazione nella società mai verificatasi prima di allora. Poi sono arrivati i mesi di tregua - tra il 1998 e il 1999 -, che gli hanno permesso di respirare e di andare a testa alta, ma la fine del "cessate il fuoco" li ha messi davanti ad un esame definitivo: decidere se propendere per le pistole o per la politica. Arnaldo Otegi, nel quale i ben pensanti hanno creduto di vedere un Gerry Adams, ha preferito non affrontare i suoi vecchi compagni, giustificando nuovamente la lotta armata e tradendo in questo modo un buon numero dei suoi, ma anche di gente nuova che si era avvicinata a Batasuna. A partire da allora, Batasuna, che in basco significa "unità'" rappresenta il contrario.

Gli ultimi a distaccarsi sono stati i francesi di Abertzaelen Batasuna. Un comunicato recente di ETA chiama traditori tutti quelli che hanno optato per il distacco dal suo cammino e, provenendo proprio dalla ETA l'avviso, non c'e' da meravigliarsi del fatto che la paura - alleata indespensabile del terrorismo - stia iniziando a contagiare ora i quartieri insospettabili: "fratello, al momento non abbiamo avuto nessuna minaccia ma vedremo..." Visto che gli attacchi verbali sono molto forti, speriamo che non arrivino a cose inaccettabili."

Chi parla così a Bayona, nel sud della Francia, non e' nessun consigliere socialista o del PP, nessun imprenditore, giudice o giornalista, abituati da anni a convivere con il soprassaloto. Chi si esprine in questo modo e' nazionalista e vuole, come Batasuna e come l' ETA, l'indipendenza dei Paesi Baschi. Ma Richard Irazusta, portavoce di Abertzaelen Batasuna, non si capacita del fatto che per conseguire l'indipendenza, ci sia bisogno di uccidere consiglieri; e da qui nascono i suoi problemi: di fronte a tale svista, i piu' duri della direzione di Batasuna hanno optato per la pressione nei confronti della propria gente. "Sta cominciando ad esserci una certa paura", dice un simpatizzante radicale che comincia a pensare da se e che per cio' parla a questo giornale, veto che da molti anni e' dalla direzione di HB. "E' una bugia che ci sia democrazia a Batasuna", aggiunge, " l'hanno inventato affinche' non ci sia. Per votare si adotta il sistema della democrazia popolare, che sembra democratico ma non lo e', perche' all'improvviso appaiono candidati che non ho mai visto e, inoltre, visto che tutto avviene a mano alzata, bisogna vedere chi e' il furbo che si oppone alla teoria ufficiale. Si stanno oltrepassando molti limiti: se discuti di qualcosa ti chiamano traditore, fino a farti diventare uno spione. Per noi che siamo rimasti tutta la vita qui non ci sono molti altri luoghi dove andare". Non si riferisce ad una questione politica. La sinistra radicale non e' un partito politico convenzionale ma un' organizzazione creata per l'adesione di settori. Si tratta di una specie di societa' parallela formata da familiari di prigionieri e di fuggiaschi, vecchi terroristi della retroguardia e nazionalisti distaccati dal PNV, gruppi della piccola e media borghesia che non hanno fiducia nei partiti sradicati, radicali non nazionalisti, entusiasmati dal discorso di Batasuna e dal potere effettivo dell' ETA, figli di immigrati che cercano di integrarsi superando se ce ne e' bisogno la prova del sangue. Si puo' nascere da una famiglia radicale ed essere battezzati da un prete radicale di Eliza Herria 2000, frequentare una scuola "nazional basca" privata controllata da un corpo di professori affine e celebrare l' adolescenza affiliandosi alla organizzazione radicale Segi. Per leggere un giornale hanno Gara; per affiliarsi ad un sindacato, hanno LAB, e si divertono e si organizzano nella propria rete di bar, le Herriko Tabernas, dove si suona la loro muica e dove sono appesi i ritratti dei prigionieri. Hanno gruppi ecologisti femministi, antimilitaristi, centinaia di locali, impresi editoriali proprie e sono attenti - senza dubbio piu' di qualsiasi partito politico - ai nuovi movimenti sociali. Ciò di cui non hanno nessun dubbio e' che l' illegalita', nel verificarsi, causera' loro gravi problemi economici, anche se forse puo' essere un buon argomento per riunire la loro gente demotivata; si calcola che Batasuna perderebbe mille incarichi pubblici tra i Paesi Baschi e la Navarra, il controllo diretto di 9 comuni e la gestione di circa 191 milioni di euro.

"Cio' in cui credo", dice qualcuno vicino a Batasuna, " è che li ha colti di sorpresa. Non si aspettavano che tutto avvenisse in modo cosi rapido e non credo che pensassero alla clandestinita'; aspetteranno di vedere come andranno le cose. Ciò che effettivamente stanno facendo e' trasferire i loro archivi piu' delicati nella citta' francese di Bayonne".

http://www.geocities.com/bastayaonline/
http://www.batasuna.org/

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Scarabocchi di bambini
by Sarri Friday, Nov. 07, 2003 at 12:11 PM mail:

“Grazie a loro. Altrimenti saremmo
persone che nemmeno esistono...”
Joxe Azurmendi



Sulla parete della stanza ho appeso una cartina dell’Europa. Si vede tutta l’Europa e lì, nel Golfo di Biscaglia, lo spazio occupato dalle nostre sette provincie basche, colorato in rosso.

Si vede perfettamente che il rosso è stato steso sopra altri colori: coprendo un pezzettino del verde della Francia occidentale, mentre sopra il giallo della Spagna sono state colorate di rosso le zone basche.

Sicuramente è opera di un bambino, come si può capire dagli inconfondibili tratti incerti e innocenti.


Spesso, quando torno dalla giornata di lavoro, dopo essere andato di qua e di là, ormai al crepuscolo, arrivo stanco e mi sdraio sul letto, e da qui, nella penombra, rimango a guardare la cartina del nostro paese.

Come sarà stata pulita appena stampata, adesso molte zone sono state colorate di nuovo, soprattutto ad est.

Il colore rosso delle terre basche cattura la mia attenzione. E quello scarabocchio del nostro paese mi sembra meraviglioso.


Quella cartina mi sembra bellissima perché e quella del nostro paese che non esiste. Il nostro paese, è forse nostro? Il nostro paese, è un paese? Se ciò che appare in quella cartina fosse il nostro paese, quella cartina sarebbe stupenda.

Ma se quelle davvero non fossero terre basche - se non fossero altro che uno scarabocchio di un bambino fatto con una matita rossa - quella cartina sarebbe ancora più bella.

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identità
by pedru Fae Tuesday, Dec. 21, 2004 at 10:42 AM mail: pedrufae@virgilio.it


Identità


La follia è la ragione del più forte. La ragione del più debole è follia. (Ionesco)

“Ogni persona scambia costantemente col contesto parti significative di sé e si sviluppa in relazione agli altri attraverso la costruzione congiunta di significati e di scelte che fanno perno sulla sua identità. Perciò l’identità può essere operativamente intesa come il risultato complesso e multidimensionale dell’interazione tra fattori personali e sociali, la cui conoscenza non prescinde dalla partecipazione alla vita culturale, emotiva, morale e normativa ad uno o più gruppi. ….Ogni individuo deve usare il gruppo per definire la sua identità nel confronto con gli altri. Identità che deve diventare il punto di riferimento per un progetto futuro di sé..” (Secci, Duò, Righi)
Se quanto riferito qui sopra è vero per gli individui è anche vero per i popoli; l’identità collettiva viene determinata dall’interazione di un popolo con il territorio di stanziamento, la sua orografia, il clima meteorologico, il clima umano, l’evoluzione storica dei rapporti personali e sociali. Viene così a formarsi un modello di vita condiviso ed in continua evoluzione nel confronto con il sé e con l’altro. All’interno di questo modello condiviso, è facile, per l’individuo, orientarsi utilizzando i tre livelli della comunicazione elaborati in comune con tutti i componenti del gruppo: cognitivo, emotivo, comportamentale.
Se si accetta quest’impostazione, si evita di cadere nell’errore, abbastanza comune, di considerare l’identità di un popolo, alla pari di quella di un individuo, come un dato assodato e compiuto o come un semplice retaggio storico. Questa concezione, immobilista e folclorica, tende a trasformare un processo dinamico in un fenomeno statico con gravi conseguenze sia dal punto di vista dell’analisi, sia dal punto di vista della crescita personale e sociale. Il folclore, disgiunto dalla coscienza della identità, tende alla musealizzazione delle espressioni culturali più genuine, bloccandone la crescita ad un determinato periodo storico, negandone la validità nel presente ed in fine creando falsi orgogli e falsi miti su presunte grandezze passate.
Si evitano anche concetti di identità legati a questioni razziali o genetiche che rischiano di innescare valutazioni di valore con gravissime distorsioni, come la storia ci insegna, culturali e comportamentali che portano all’affermazione di superiorità o inferiorità di un popolo su un altro ed alla delirante teorizzazione di compiti e destini storici.
Accertato ed accettato che tutti gli umani appartengono alla stessa razza, la prima cosa che li distingue e che li arricchisce è la cultura, quindi l’identità.
Anche su questo punto bisogna essere molto chiari e non dare adito a fraintendimenti: non esistono culture superiori e culture inferiori; esistono stadi di evoluzione e concezioni diverse della vita, dell’uomo, del mondo in generale. Ognuna di queste concezioni ha pari dignità e pari diritti. E’ fondamentale che venga sempre favorito il confronto fra culture diverse (a livello paritario) in modo da favorire la conoscenza, la tolleranza, l’integrazione. L’imperialismo culturale tende a stabilire graduatorie di valore fra diversi, per giustificare il proprio espansionismo; accettare il principio dei valori, significa schierarsi con le ragioni dei forti (la follia).

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