da repubblica.it
Manifestazioni per contestare il provvedimento Ue che apre il mercato dei servizi e delle professioni No alla direttiva Bolkestein in piazza contro le liberalizzazioni di CLAUDIA FUSANI
Un'immagine del corteo
ROMA - L'infermiera venuta dall'est, e che potrà lavorare in Italia con paga e diritti previsti nel suo paese d'origine, svetta sui trampoli armata di una siringa enorme e assai poco raccomandabile. Accanto a lei, più in basso, altri due infermieri, sempre mano d'opera importata, che ballano spingendo un povero malato su sedia a rotelle e boccione della flebo che volteggia in aria. Titolo della scenetta: "Apparato sanitario europeo". Qualche metro più in giù, dietro lo striscione dell'Arci, ragazzi e ragazze danzano ritmi tribali: "Privatizzati" hanno scritto sulle magliette. Fogli con il codice a barre e la stessa scritta appaiono ovunque, anche sui semafori lungo via Cavour.
Per essere una cosa che viene da lontano, su cui c'è stata la quasi totale censura da parte dei media e la quasi inesistente partecipazione dei partiti con i loro apparati organizzativi, la marcia italiana "Stop Bolkestein" è stata un successo, più della società civile - cittadini, utenti, consumatori, studenti, sindacati, movimenti e associazioni - che della politica. Una marcia "per i diritti e contro la privatizzazione dei servizi sociali" che ha diviso l'Unione. Ds e Margherita non si fatti vedere e hanno lasciato in strada i movimenti, i sindacati, l'ala più radicale del centro-sinistra.
Cinquantamila persone, dicono gli organizzatori, ieri hanno sfilato per due ore a Roma contro la direttiva dell'ex commissario europeo del mercato interno della Ue Fritz Bolkestein che, elaborata nel 2004, prima di Natale dovrebbe essere approvata a Bruxelles e diventare legge per tutti i paesi membri. Ci sono oltre duecento sigle da Attac all'Arci passando per Cgil, Cisl, Cobas fino a Giovani comunisti e gli studenti universitari in occupazione contro la riforma Moratti.
Le marce si ripetono alla stessa ora in Grecia, Finlandia, Germania, Francia e altri paesi europei. "Stop Bolkestein, per la difesa dei diritti sociali e del lavoro, per la difesa dei beni comuni e dei servizi pubblici" recita il grande striscione d'apertura. E subito dopo: "No alla direttiva che vuole precarizzare tutti in nome dell'arricchimento di pochi". E' la sintesi della direttiva, dal punto di vista della piazza. Ufficialmente la norma vorrebbe ridurre la burocrazia e i vincoli sulla competitività all'interno della Ue. Marco Bersani, leader di Attac, motore della manifestazione, la spiega con parole sue: "Tutto ciò che può essere erogato da privati, sanità, acqua, istruzione, energia, anche le pensioni, potrà essere privatizzato".
In testa al corteo c'è il leader di Rifondazione Fausto Bertinotti: "Bolkestein vuole la privatizzazione dei servizi e che i lavoratori possano lavorare in tutte Europa pur essendo pagati e tutelati con le norme del paese d'origine". Per i verdi c'è il presidente Pecoraro Scanio ("rischiamo una privatizzazione selvaggia") e l'infaticabile Paolo Cento.
Marciano accanto Marco Rizzo (Comunisti italiani) e Giovanni Russo Spena (Rifondazione). Spunta anche Simona Panzino, la candidata dei "senzavolto". Sono tre candidati su sette alle primarie dell'Unione che per il resto è totalmente assente.
Tra i ds si vedono solo Giovanni Berlinguer e l'eurodeputata Pasqualina Napoletano. Un fantasma la Margherita. Il motivo lo spiega uno striscione color giallo evidenziatore: "No alla Prodi-Bolkestein", il leader dell'Unione era commissario Ue quando la direttiva prese forma. "Sbaglia quella parte di sinistra che non c'è" critica Paolo Cento. Perché la marcia di ieri, "sarà un punto nel programma della coalizione".
(16 ottobre 2005)
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