Aggiornamenti sul movimento no tav in Val di Susa
La fiaccolata del 5 novembre a Susa contro la militarizzazione della Valle era prevista da qualche giorno. Si trattava di un momento importante proprio perché poneva all’attenzione lo scandalo, ma è vero scandalo o non è, forse, la riprova di come si muovano regolarmente i signori che ci governano come ci dimostrano, ad abundantiam, i fatti di Genova?, di una vallata occupata dai ragazzi in blu e dai ragazzi in nero che tediano non occupanti di case ed extracomunitari ma normali cittadini che hanno crescenti difficoltà a muoversi liberamente nella zona dove vivono. Il clima politico ha subito una mutazione rapidissima. Un paio di giorni addietro qualche brava creatura ha avuto la pensata di produrre volantini simil BR a firma “Val Susa Rossa”. Sabato 5, poi, è stato ritrovato un pacco bomba simbolico, una vera e propria bomba “intelligente” in stile Bologna collocata nel luogo e nel tempo giusto per intimidire la popolazione, dividere il movimento, rimettere a riga gli amministratori riottosi e troppo legati alla valle per potersi schierare apertamente con il governo centrale contro i propri concittadini. La stampa locale e nazionale si lancia sulla ghiotta occasione, valorosi magistrati, ben noti per analoghe imprese, si esibiscono in inchieste anticipate, svolte e quasi concluse sulle pagine dei giornali. A questi magistrati giornalisti si affiancano, volenterosi, giornalisti magistrati e giornalisti questurini perché tutti sappiano che la Val Susa è, è stata e sarà al centro di oscure manovre terroristiche e che il movimento è a rischio infiltrazione e per porre sullo stesso piano i blocchi delle trivellazioni rispetto alle azioni degli scimuniti di turno. Ebbene, la sera del 5 novembre, molte migliaia di persone, c’è chi parla di quindicimila, credo abbastanza a ragione, un numero impressionante in una valle che conta quarantamila abitanti, hanno dimostrato che non hanno paura. Le persone, persone comuni senza essere banali, anzi!, scese in piazza avevano perfettamente chiaro che i produttori di volantini dementi e di bombe “intelligenti” o sono degli sciagurati che operano gratuitamente o sono sul libro paga della lobby pro TAV. Il clima è tranquillo, i ragazzi in nero sono pochi e rilassati anche se indossano caschi ed esibiscono scudi, di quelli in blu non ne ho visti ma, nel caso vi fossero, non credo tenessero un comportamento diverso. Il corteo è lungo, fitto, composto. Predominano le bandiere No Tav e gli striscioni dei comitati di paese. Verrò, poi, a sapere che i parroci di paese hanno sfilato tutti nel corteo. La presenza del sindacalismo alternativo è dignitosa anche se il grosso delle compagne e dei compagni sta, comprensibilmente, negli spezzoni di movimento. Distribuiamo un volantino per lanciare meglio lo sciopero del 16. A questo proposito, con mille difficoltà, come CUB si sta lavorando bene. Da Pinerolo, i compagni garantiscono un pulman, un numero del loro giornalino dedicato alla lotta della Val di Susa e tutto il sostegno possibile. I vigili del fuoco verranno in divisa per rivendicare, oltre al sostegno alla lotta anti Tav anche quella contro la militarizzazione del loro corpo e la pretesa di utilizzarli in funzione di ordine pubblico. I ferrovieri cercheranno di esserci per porre l’accento sulla lotta per la sicurezza nel settore dei trasporti che ha portato al riuscito sciopero autorganizzato dopo la tragedia di Crevalcore. Sembra quasi che diverse questioni sulle quali lavoriamo da anni si intreccino nella vertenza della valle e credo che questo non avvenga a caso. Vedo, in piazza alla fine della manifestazione, alcuni giovanotti della sinistra CGIL, sono cordiali e, rispetto all’assemblea di Bussoleno del 2 novembre, quando sembravano convinti di poter spostare settori rilevanti della CGIL a favore dello sciopero, tengono le orecchie notevolmente più basse. La presa di posizione pubblica, prima di Vanna Lorenzoni, segretaria della Camera del lavoro e, poi, dello stesso Guglielmo Epifani, li mette alquanto in imbarazzo. In ogni modo, tengono duro sullo sciopero e questo è quello, oggi, che conta. Un dirigente della FIOM oltre che conoscitore ed estimatore delle radici libertarie, antiburocratiche e non istituzionali del sindacalismo torinese, mi dice che è stato convocato a Roma per una tirata di orecchie sulla faccenda. Mi domando come potessero pensare di scampare le rampogne del gruppo dirigente della CGIL, fra gli azionisti economici importanti della lobby pro Tav ci sono le cooperative “rosse” e fra quelli politici la regione, la provincia ed il comune di Torino. È assolutamente evidente che la CGIL, schierandosi per il TAV, non ha tradito nessuno tranne coloro che vogliono sentirsi traditi perché questa sensazione li compiace in qualche misura. Cosa pensassero e pensino esattamente, comunque, credo che non lo saprò mai ma posso sopportare questa situazione. Probabilmente hanno, semplicemente, cavalcato una situazione nella quale i loro delegati partecipavano al movimento ma non si aspettavano che l questione assumesse il rilievo nazionale che ha assunto. Non bisogna dimenticare che l’assemblea di Bussoleno era stata indetta prima degli scontri e che, con ogni probabilità, il gruppo dirigente della FIOM torinese non immaginava nemmeno lontanamente, d’altronde nessuno poteva prevederlo, la radicalizzazione del livello di scontro che, poi, si è determinata. Un tipico caso di eterogenesi dei fini, i fiommeggianti torinesi pensavano di offrire una sponda sindacale al movimento no Tav e di condurre un’offensiva a bassa intensità contro la maggioranza moderata della locale CGIL e, invece, si trovano gestire uno scontro ad alta intensità contro la Camera del Lavoro in, provvisoria, alleanza con la CUB. In parziale conclusione, credo che la pressione contro il movimento sua stata, provvisoriamente, in queste situazioni la provvisorietà è la norma, respinta con il corteo del 5 novembre. Un tessuto di relazioni umane, sociali, culturali, politiche e sindacali tiene. I pochi valsusini che lavorano per l’alta velocità sono una realtà marginale ed emarginata anche rudemente e non paiono un problema. Ma alcune spaccature sembrano riaprirsi con più forza che in passato: - quella fra Alta Valle legata all’economia del turismo e governata da forze politiche non disponibili ad azioni di boicottaggio delle olimpiadi come quella attuata dagli studenti che hanno rifiutato di fare i volontari per le olimpiadi e Bassa Valle più combattiva e radicale. Mauro Carena, il Presidente della Comunità Montana dell’Alta Valle, uomo leghista e tonitruante, tira un po’ i remi in barca sia sulle forme di lotta che sull’estensione del movimento all’opposizione alle olimpiadi del 2006; - quella fra DS piemontesi e Antonio Ferrentino, presidente della Comunità Montana della Bassa Valle e politico diessino di una qualche finezza che, da tempo, si muove come un equilibrista badando a non rompere né con i livelli istituzionali più alti né con il movimento anti TAV. Oggi, la difficile mediazione che Ferrentino persegue è sempre meno praticabile e, a meno di un cambiamento radicale della situazione, i sindacai di sinistra della Valle saranno costretti a scelte dolorose o in un senso o nell’altro; - quella, della quale abbiamo già parlato, fra sinistra sindacale istituzionale e sindacati concertativi. Fatto salvo che, di per sé., le spaccature interne all’universo istituzionale non ricadono meccanicamente nei movimenti, è anche vero che, in questo caso, c’è chi lavoro per logorare il movimento e per sbattere qualche mostro in prima pagina. Nei prossimi giorni si tratterà di lavorare perché il tessuto di relazioni sociali rafforzatosi in queste settimane, tessuto costituito dai comitati anti tav ma anche da una parte assai più consistente della popolazione, si consolidi in valle e, nello stesso tempo, entri in relazione efficace con la più vasta opposizione alle nocività imposteci dal padronato e dal governo nella consapevolezza che padronato e governo sono essi stessi le principali nocività con delle quali sarebbe opportuno fare a meno. Cosimo Scarinzi Torino, 6 novembre 2005
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