Il ministro dell'Interno rivendica le cariche di polizia alla manifestazione studentesca del 25 ottobre, annuncia la linea dura e attacca i sindaci e i parlamentari che scendono in piazza.
Elementi anarcoidi, marxisti-leninisti e antagonisti radicali in gran parte provenienti da «alcune città del nord» con in mente un obiettivo solo: scontrarsi con le forze dell'ordine ed espugnare Montecitorio. Questa invasione di barbari violenti, ideologicamente inflessibili e fisicamente ben piantati, è la lettura ufficiale del governo italiano dell'immenso corteo studentesco del 25 ottobre scorso a Roma contro la riforma Moratti. A una camera dei deputati semideserta il ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu presenta una relazione durissima, che mescola senza alcuna sfumatura le proteste contro la Tav in val di Susa, gli «interventi nelle aree di crisi industriale», le «aggressioni dei Cpt» e la «contestazione delle scelte legalitarie del sindaco di Bologna». Un'Italia quasi pre-rivoluzionaria in cui «le frange estreme dell'universo antagonista esasperano ogni forma di protesta per deviarla dall'alveo democratico e condurla allo scontro violento». Di più, si infervora il ministro mentre dall'opposizione si levano cori di indignazione: «Ho distinto le componenti moderate dai facinorosi, anzi, dai delinquenti travisati e armati che hanno cercato di inquinarla e condurla verso esiti violenti». E' un completo capovolgimento della realtà che viene da un Viminale fin qui solitamente prudente. Una relazione che per questo preoccupa doppiamente l'opposizione, i sindacati e il movimento studentesco. La campagna elettorale, pare dire Pisanu, è iniziata e proseguirà sull'onda securitaria avallata anche dal «caso Cofferati».
Le dodici ore di corteo senza una vetrina infranta o scontri di particolare gravità (se non quelli, a freddo, provocati dalla polizia vicino palazzo Chigi) per Pisanu non sono esistite, nessun accenno nemmeno all'inchiesta interna fatta balenare nelle ore immediatamente successive al corteo da una questura di Roma furiosa con un gruppo di agenti che ha perso la testa per un paio di sputi. «E' stata un'iniziativa personale di due agenti che hanno reagito a un oltraggio. Non era stata ordinata alcuna carica», puntualizzava la sera del 25 la questura, che annunciava anche un'indagine contro i responsabili, tutti del reparto mobile della capitale noto alle cronache per la mattanza alla scuola Diaz di Genova. Nei giorni seguenti però il questore di Roma Marcello Fulvi è stato criticato dai sindacati di polizia di destra per una gestione «troppo morbida» della piazza. E non a caso, si fa sfuggire il ministro, è lo stesso questore ad aver «redatto» la durissima relazione letta ieri in aula.
A carte truccate, per le destre la partita è vinta. Massima copertura ai deputati di An che incitavano gli agenti alle cariche davanti al parlamento, con tanto di minacce contro il funzionario di piazza espresse davanti ai giornalisti. Nessuna scusa ai deputati dei Verdi e Prc manganellati insieme agli studenti. Nessuna concessione di legittimità democratica a un corteo immenso, radicale e non violento. Anzi, annuncia Pisanu, quella sera tornarono in caserma 11 poliziotti feriti. Più dei manifestanti: oltre ai 5 ricoverati al San Giacomo secondo il manifesto almeno altre 4 persone si fecero medicare sul posto e diversi altri, minori non romani, preferirono non ricorrere alle cure per paura di guai con i genitori.
Pisanu, se possibile, va perfino oltre, perché condanna anche i parlamentari e i sindaci che scendono in piazza: «I comportamenti più aggressivi - accusa il ministro - hanno trovato comprensione e perfino sostegno da parte di qualificati esponenti delle istituzioni democratiche». Con un crescendo che non risparmia niente e nessuno: «Le insidie maggiori alla sicurezza non vengono dalle periferie degradate ma dal terrorismo, dalla criminalità organizzata, dall'eversione interna, dall'immigrazione clandestina e dall'illegalità diffusa». Minacce che «tendono sempre più a interagire tra loro» e che «devono essere contrastate energicamente e senza riserve». Con premesse simili è ben immaginabile come sia proseguito il dibattito in aula. Lo stenografico della seduta n. 701 dell'8 novembre 2005 è a disposizione di tutti sul sito della camera. E' una lettura che farà riflettere.
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