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Incubo-Tav
by rassegna stampa tav Friday, Dec. 09, 2005 at 10:34 PM mail:

di Marco Cedolin

La storia che voglio raccontarvi parla di grandi capitali e di
piccoli uomini, di treni che correranno vuoti a 300 km/h dentro a
gallerie scavate nell'uranio, di società private costituite con il
denaro pubblico, piramidi di Cheope fatte di smarino e grattacieli di
fibre d'amianto, di cittadini che difendono i propri diritti additati
come canaglie e di canaglie senza scrupoli che si fingevano persone
attente all'ambiente e ai diritti dei propri cittadini, di sindaci
bastonati dalla polizia in una Valle decisa a resistere all'ennesimo
stupro del proprio territorio, di come un grande investimento non
produrrà altro che impoverimento, di quando le parole degli esperti
vengono trasformate in sussurri ed il biascicare incompetente dei
politici assurge a realtà incontrovertibile.

La storia inizia il 7 agosto 1991 con la nascita di Tav spa, la
società a capitale misto pubblico e privato deputata a costruire in
Italia quasi 900 km di linee ferroviarie per i treni ad alta
velocità.
In realtà dopo il disastroso risultato economico del tunnel sotto la
Manica non si riscontrava assolutamente traccia di privati disposti a
rischiare il proprio capitale nella costruzione di grandi
infrastrutture e quello di presentare Tav spa come una società a
capitale misto era un mero artificio volto a far si che l'Italia
potesse rispettare i parametri di Maastricht che imponevano il
rapporto deficit-pil al 3%. Lo Stato garantì il finanziamento del 40%
in conto capitale, mentre finanziò il restante 60% (quello di
appannaggio dei privati) attraverso prestiti bancari, accollandosi
gli interessi degli stessi fino al completamento dell'opera.
Il 10 marzo 1998 le Ferrovie di Stato che detenevano la maggioranza
del capitale pubblico acquisirono il 100% di Tav spa e dal primo
gennaio del 2003, ormai nell'ambito della "legge obiettivo" Tav spa è
entrata nell'orbita di Infrastrutture spa, il cui azionista unico è
la Cassa Depositi e Prestiti.
Tutto questo gioco di scatole cinesi, nato una quindicina di anni fa
dalla fervida fantasia dell'allora ministro del Bilancio Cirino
Pomicino e perfezionato poi dal governo Berlusconi sotto il nome
di "project financing" ha come unico scopo quello di permettere allo
Stato di contrarre enormi debiti, senza però doverli iscrivere nel
proprio Bilancio, evitando così che essi incidano nei parametri del
Patto Europeo di stabilità.
I privati esistono veramente ma rivestono il ruolo di General
Contractor grazie al perfezionamento di un'altra "intuizione" del
buon Cirino Pomicino.
Fiat IRI ed ENI (i General Contractor) sono concessionari con
l'esclusione della gestione, hanno cioè tutti i poteri del
committente pubblico nella gestione dei subappalti, nella direzione
dei lavori, negli espropri, ma non hanno poi la gestione diretta
dell'opera, (caso unico in Europa) per cui il loro solo interesse,
essendo disancorati dalla successiva gestione, sarà quello di fare
durare i lavori il più a lungo possibile al fine di fare levitare al
massimo la spesa. Inoltre il General Contractor a differenza del
concessionario tradizionale di lavori o servizi pubblici potrà
affidare i lavori a chi vuole anche con trattativa privata ed essendo
un privato non sarà mai perseguibile per corruzione, in quanto
eventuali tangenti potranno essere giustificate sotto forma
di "provvigioni".
Un'architettura senza dubbio ingegnosa attraverso la quale si
trasferisce tutto il rischio d'impresa dal privato allo Stato che
alla fine dei lavori sarà però costretto a restituire i prestiti
delle banche, aprendo così una voragine senza fondo nella quale
precipiterà giocoforza la nostra già fragile economia.
La conseguenza di tutto ciò è che il progetto dell'Alta Velocità,
presentato nel 1991 con un costo previsto di 26.180 miliardi di lire,
rischierà invece di costare, una volta terminato in un lontano
futuro, circa 80 miliardi di euro e gli italiani ne pagheranno i
debiti fino al 2040 ad un ritmo di 2 miliardi e 300 milioni di euro
l'anno.

Ci sarebbero molte altre cose da raccontare concernenti questi 14
anni nei quali il progetto Alta Velocità ha preso forma e mosso i
suoi primi passi, anni nei quali la zona del Mugello è stata
devastata dalle gallerie con conseguenze idrogeologiche
irreversibili, anni nei quali personaggi legati a doppio filo alla
politica e all'imprenditoria come Necci Lorenzo, Pacini Battaglia,
Icalza Ercole e molti altri si sono spartiti tangenti miliardarie,
sono stati indagati, hanno corrotto giudici, vinto e perso processi,
il tutto continuando a mantenere sempre posizioni preminenti
all'interno delle istituzioni. Anni di grossi guadagni per chi come
l'attuale ministro delle infrastrutture Pietro Lunardi, attraverso la
Roksoil azienda di famiglia si è aggiudicato un numero infinito di
opere e consulenze o chi come Romano Prodi fondò la Nomisma, società
bolognese indagata nel 1992 nell'ambito di una consulenza miliardaria
sull'Alta Velocità, le cui conclusioni a fronte di un'analisi quanto
mai approfondita e retribuita si manifestavano nell'enunciato che "la
velocità fa risparmiare tempo".
Anni nei quali 13.779 lavoratori impegnati nel progetto Tav hanno
lavorato a ciclo continuo con turni che potevano impegnarli anche per
48 ore di seguito, in gallerie dove l'aria era inquinata, la luce
poca ed i rischi molti, come molti sono stati fra loro gli operai
deceduti in incidenti sul lavoro. Basti pensare che nei soli primi 6
mesi di lavori sulla tratta Torino - Novara si sono annoverati 350
infortuni dei quali 2 mortali.

Ma la storia che voglio raccontarvi è una storia ad Alta Velocità,
dove non esiste tempo per soffermarsi a riflettere, valutare i
giudizi degli esperti, confrontarsi con le istituzioni locali. Esiste
solamente una montagna di denaro senza fine sulla quale gettarsi con
voracità assassina ed una montagna di roccia da sventrare al più
presto per garantire la sopravvivenza del bengodi.
Il progetto per la costruzione della Linea ferroviaria Alta Velocità –
Alta Capacità Torino – Lione si è evidenziato fin da subito come il
più scellerato ed economicamente dispendioso dell'intero programma
Tav e la nostra storia vuole entrare nel merito delle motivazioni che
hanno spinto decine di migliaia di persone ad osteggiarlo con
veemenza fin dalla sua nascita.

L'intenzione dei progettisti è quella di costruire un tracciato che
partendo da Settimo Torinese (periferia nord est di Torino)
attraversi buona parte della Valle di Susa per poi sbucare in Francia
attraverso un tunnel di 52 km sotto il massiccio dell'Ambin.
Tale tracciato accreditato come parte integrante di un
fantomatico "Corridoio 5 Lisbona – Kiev" viene definito
indispensabile ed irrinunciabile dalla maggior parte degli uomini
politici di ogni razza e colore, nonché dalla Confindustria e da
tutti i poteri forti che attendono di spartirsi le enormi somme di
denaro garantite dall'opera per almeno i prossimi 15 anni.
Le ragioni addotte per suffragare la necessità assoluta del progetto
si sono sempre limitate a demagogiche affermazioni secondo le quali
la Torino – Lione sarebbe indispensabile al rilancio del Piemonte che
senza di essa resterebbe isolato dall'Europa, oppure a proclami privi
di fondamento secondo i quali l'opera risulta indispensabile per
l'innovazione del sistema dei trasporti italiano e garantirà un
enorme ritorno sia dal punto di vista economico che da quello
occupazionale. E' stata anche ventilata, in realtà senza troppa
convinzione, la necessità di garantire attraverso l'opera la gestione
del supposto futuro incremento dei flussi passeggeri e commerciali,
nonché ipotizzato un futuro trasferimento alla rotaia del traffico su
gomma tramite le navette in grado di trasportare i Tir, con
conseguenze positive in termini d'inquinamento ambientale.

Quando le commissioni tecniche, scientifiche e gli esperti hanno
iniziato nel corso degli anni ad analizzare il progetto nelle sue
varie sfaccettature è però emersa una realtà in profonda distonia con
le roboanti dichiarazioni della folta schiera di politici,
pennivendoli e mestieranti vari che si sono prodigati e si prodigano
nel tentativo di dare alla Torino – Lione una patente di "opera
necessaria" che non ha assolutamente ragione di esistere.
Quella di un Piemonte isolato dal resto d'Europa è un'affermazione
talmente assurda da meritare di albergare solo nella fantasia di una
mente malata. Lungo la sola la Valle di Susa passano infatti
attualmente circa il 35% delle merci che valicano le Alpi, troppe
veramente per una regione in stato d'isolamento.
La Valle di Susa è una valle alpina larga in media solamente 1,5 km
con abbondanza d'insediamenti abitativi ed industriali. Attraverso di
essa già oggi passano un'autostrada, due strade statali, una linea
ferroviaria passeggeri e merci a doppio binario, un fiume, molteplici
strade provinciali, acquedotti, condutture del gas, linee elettriche
aeree ed interrate.
Dovrebbe essere evidente per chiunque come una realtà naturale già
così fortemente violentata non sia assolutamente in grado di
sostenere il peso di nuove pesanti infrastrutture, se non al prezzo
di conseguenze disastrose sia per il territorio che per la qualità di
vita di coloro che lo abitano.
La costruzione della Torino – Lione comporterà nella sola parte
italiana l'estrazione dalle gallerie di 16.000 metri cubi di smarino
(almeno 6 volte il volume della piramide di Cheope) per i quali
occorreranno 2.500.000 passaggi di camion solo per stoccare nelle
varie discariche i materiali di risulta. I recenti studi d'ingegneria
dei trasporti affermano che quando tra una quindicina di anni l'opera
sarà terminata solo l'1% dell'attuale traffico su gomma si trasferirà
sulla ferrovia. La contropartita di questo deludente risultato sarà
pagata in maniera salatissima dai cittadini della Valle e della
cintura di Torino, in quanto si calcola che durante questi 15 anni
almeno 500 camion circoleranno giorno e notte per il trasporto dei
materiali di scavo dai tunnel ai luoghi di stoccaggio, con il
conseguente aumento d'inquinanti, polveri e rumore.
Oltre ai grossi rischi di natura idrogeologica focalizzati nella
bassa valle, ad elevato rischio alluvionale, le cui conseguenze
potrebbero ripercuotersi in maniera drammatica anche sulla città di
Torino, gli studi hanno messo in evidenza due punti di estrema
criticità del progetto Alta Velocità – Alta Capacità Torino – Lione.

Il primo riguarda la galleria di 23 km Musinè/Gravio che dovrebbe
attraversare un terreno caratterizzato da rocce ricche di amianto.
Secondo le analisi commissionate dalla Rete Ferroviaria Italiana ai
geologi dell'Università di Siena il volume previsto di materiale
estratto contenente amianto dovrebbe essere di almeno 1.150.000 metri
cubi.
Non risulta sia stato previsto alcun piano di sicurezza volto ad
impedire la dispersione delle fibre d'amianto durante le fasi di
lavorazione e di stoccaggio. La metà del materiale estratto
contenente amianto (paragonabile per volume ad un grattacielo alto
400 metri) è previsto sia stoccata in un sito a cielo aperto nei
pressi del comune di Almese, senza nessuna protezione e giocoforza
esposto ai forti venti di fhon che spesso soffiano nella valle
(mediamente per 40 giorni all'anno) in direzione Torino.
In un dossier curato dal dottor Edoardo Gays, oncologo dell'ospedale
San Luigi di Orbassano viene sottolineato come l'amianto, riguardo al
quale non esiste per l'uomo una soglia minima di tollerabilità, causa
oltre ad altre affezioni il mesotelioma pleurico, un tumore maligno
che si manifesta anche dopo 15, 20 anni dall'inalazione delle
particelle, esso porta al decesso in media entro 9 mesi dal momento
della diagnosi ed ha un tasso di mortalità nell'ordine del 100%.
Sempre il dottor Gays nel suo studio esprime grossa preoccupazione
per le conseguenze degli scavi e dello stoccaggio dei materiali
contenenti amianto sulla salute dei cittadini ed afferma che alla
luce di queste condizioni le morti per mesotelioma rischieranno di
aumentare di oltre 100 volte su scala regionale.

Il secondo punto critico è costituito dal tunnel di 52 km che dovrà
correre sotto il massiccio dell'Ambin, preceduto da una galleria di
prospezione lunga oltre 7 km e del diametro di 6 metri.
All'interno del massiccio dell'Ambin sono infatti presenti numerosi
giacimenti di uranio, come documentato dal CNR fin dal 1965. Per
maggior precisione il materiale presente è pechblenda, una forma
particolarmente radioattiva.
Una parte dello smarino estratto sarà perciò con tutta probabilità
carica di radioattività ed estremamente pericolosa sia in fase di
scavo che di stoccaggio.
L'uranio si disperde nell'aria e può essere inalato, inoltre
contamina le falde acquifere e va ad inquinare i corsi d'acqua che
possono essere utilizzati per l'irrigazione. L'uranio se inalato o
ingerito provoca contaminazione interna e può essere causa di linfomi
e leucemie.
Occorre anche sottolineare che la distribuzione delle falde acquifere
all'interno del massiccio dell'Ambin è estremamente complessa e le
conseguenze degli scavi rischiano di compromettere gravemente il
sistema idrografico dell'area, come già avvenuto nel corso degli
scavi delle gallerie per la linea Alta Velocità Firenze – Bologna
nella zona del Mugello.

Se alla luce delle analisi fin qui esposte il progetto della linea
ferroviaria Alta Velocità – Alta Capacità Torino – Lione si dimostra
in maniera incontrovertibile un'opera altamente pericolosa per la
salute e l'incolumità dei cittadini, non solo della Valle di Susa ma
anche della cintura torinese e del capoluogo stesso, anche gli studi
inerenti all'utilità ed al ritorno economico del tracciato mostrano
imbarazzanti incongruenze nel merito delle quali non si può evitare
di entrare.
I traffici di lunga distanza sull'asse Lisbona – Kiev, che
motiverebbero il concetto di "Corridoio 5" sono ad oggi irrilevanti.
Il traffico passeggeri di lunga distanza si muove e si muoverà in
aereo, poiché risulta ampiamente dimostrato come le ferrovie ad Alta
Velocità non siano assolutamente competitive nelle distanze superiori
ai 500 km.
I traffici merci di lunga distanza sono estremamente esigui, la
velocità non è un requisito fondamentale (basta osservare il successo
delle ferrovie statunitensi con velocità commerciali nell'ordine dei
30 km/h.) anzi contribuisce ad aumentare i costi a dismisura,
favorendo sull'asse in oggetto l'alternativa marittima.

L'attuale linea ferroviaria Torino – Modane è oggi utilizzata
solamente al 38% della sua capacità. Le navette predisposte per il
caricamento dei Tir sono state usate solo durante il breve periodo di
chiusura del Frejus, altrimenti partono ogni giorno vuote.
Gli unici due treni giornalieri del collegamento ferroviario diretto
Torino – Lione sono stati soppressi per mancanza di passeggeri.
Una scarsità di traffico davvero disarmante per una direttrice così
importante da giustificare l'investimento di 21 miliardi di euro (la
metà dei quali di competenza italiana) al fine di dotarla di una
linea ad Alta Velocità.
Negli anni passati, quando ancora la pesante crisi economica europea
non si era manifestata in tutta la sua interezza, il governo aveva
affidato ad una società molto quotata, la Setec Economie il compito
di valutare i benefici dell'opera.
Tale società aveva analizzato i volumi tendenziali di traffico per
gli anni a venire, stimando con un ottimismo che alla luce della
contrazione odierna del mercato non può che far sorridere, un volume
di traffico che avrebbe dovuto attestarsi nel 2015 intorno ai 174
treni/giorno. La linea esistente, una volta effettuati gli interventi
di potenziamento previsti, molti dei quali già in corso dovrebbe
consentire già nel 2008 una capacità di circa 220 treni/giorno, un
valore ampiamente compatibile con qualsiasi ottimistica previsione.
Alla luce di questi dati si stenta veramente a comprendere, se non
nell'ottica della spartizione mafiosa dei finanziamenti pubblici, per
quale arcana ragione anziché perseguire lo sfruttamento della linea
attuale ottimizzandone le potenzialità, s'intenda invece portare a
termine un progetto totalmente inutile come quello della linea
ferroviaria Alta Velocità – Alta Capacità Torino – Lione, finalizzata
ad una capacità di trasporto superiore di oltre 5 volte agli attuali
livelli di traffico, oltretutto alla luce del fatto che detti livelli
anziché in crescita esponenziale come si prevedeva nel passato sono
scesi del 9% solamente nell'ultimo anno.
Appare inoltre lapalissiano come il costo esorbitante di un'opera di
queste dimensioni, stimato in circa 11 miliardi di euro per la sola
competenza italiana e passibile (come l'esperienza ci insegna) di
ulteriori notevoli incrementi durante i 15 anni di lavori, non potrà
assolutamente essere ammortizzato attraverso i ricavi derivanti da un
traffico composto da elementi di sola fantasia. Tale costo ricadrà
per forza di cose sulle spalle di tutta la collettività con effetti a
dir poco disastrosi.

La storia che ho voluto raccontarvi si è ormai trasformata in pura
cronaca di attualità, una cronaca che vede riproporsi la biblica
lotta di Davide contro Golia.
Da un lato i cittadini della Valle di Susa e tutti gli abitanti
dell'area torinese che hanno avuto la sensibilità e la capacità di
riuscire a comprendere i termini del problema pur attraverso la
disinformazione messa in atto dai grandi media asserviti alle ragioni
della politica. Insieme a loro i sindaci dei comuni della Valle,
alcuni studiosi, medici ed esperti che si manifestano quali spiriti
liberi non aggiogati al carro dei potenti, nonché esigue frange della
politica appartenenti ai Verdi ed a Rifondazione Comunista.

Dall'altro le arroganti falangi del potere, i ministri del governo
insieme agli onorevoli dell'opposizione, fino ad arrivare al
Presidente della Regione Piemonte Mercedes Bresso (donna che per
l'occasione è giunta al punto di abiurare ogni parola esperita in
tanti anni di militanza ambientalista) ed al sindaco di Torino Sergio
Chiamparino.
Tutti uniti, coesi, forti di quella protervia che deriva loro dalla
consapevolezza di poter gestire l'opinione pubblica attraverso le
televisioni, i giornali e gli esperti compiacenti, convinti di potere
reprimere ogni forma di protesta con la furia belluina della polizia
e la militarizzazione del territorio.

Il primo scontro si è già svolto il 31 ottobre, quando il potere ha
usato i manganelli della polizia per bastonare i tanti, tantissimi
cittadini, nonché alcuni sindaci che si erano inerpicati sulla
montagna sopra Monpantero nel tentativo d'impedire la conquista del
primo lembo della loro terra, sul quale sarebbe stata installata la
prima trivella a sancire di fatto l'inizio dell'opera.
Il lembo di terra è stato conquistato solo con l'ausilio
dell'inganno, in maniera probabilmente illegale ed è ora presidiato
dalla polizia. Le trivelle non hanno ancora potuto mettersi in moto
ma la Presidente della regione Piemonte Mercedes Bresso ed il sindaco
di Torino Sergio Chiamparino si sono già espressi con durezza,
affermando che la ferrovia Alta Velocità – Alta Capacità Torino –
Lione si farà in ogni caso, poiché si tratta di un progetto
irrinunciabile e nessun tipo di protesta riuscirà ad impedirne la
realizzazione.
In risposta al rifiuto di ogni dialogo che non passi attraverso l'uso
dei manganelli da parte delle istituzioni, il 16 novembre tutta la
Valle di Susa si fermerà unita in uno sciopero generale contro
l'ennesima violenza perpetrata nei confronti del territorio e dei
suoi abitanti.

La storia ovviamente non finisce qui e come tutte le storie potrà
riservare infinite sorprese anche a coloro che si sentono onnipotenti
quando tengono in mano il bastone del potere. I contestatori NO TAV
della Valle di Susa potrebbero un giorno di questi apparire al resto
d'Italia nella loro veste reale, non uno sparuto gruppo di estremisti
ecologisti, no global, luddisti, nemici del progresso, bensì
semplicemente tanti cittadini coraggiosi disposti a mettersi in gioco
e lottare per difendere i loro diritti, la propria salute e la
propria terra.
Quel giorno potrebbero diventare tantissimi e poi ancora di più, così
tanti da uscire dall'invisibilità nella quale si è cercato per lungo
tempo di nasconderli, troppi perché i poliziotti possano bastonarli
tutti, ed allora forse inizierà una storia diversa che parlerà di
treni costruiti per essere utili alla qualità di vita dell'uomo e non
di uomini sacrificati nel nome dei treni e della velocità.

Fonte:

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arrivano i mostri
by @ Friday, Dec. 09, 2005 at 10:46 PM mail:

eccoli qua la merda umana, la solita tiritera di pacifisti ecosolidari volontari cattolici che sono stati ricevuti dal santo padre, da karol il maiale
eccoli che spuntano come funghi velenosi
si, si preparano ad intossicare la notav come hanno fatto col movimento
sono dappertutto come la muffa
a fare andare a male tutto, con le loro puttanate
tra poco a bussoleno dopo agnoletto e quella schifezza unta del don ciotti ci cucchiamo zanotelli e pure il giudice caselli
che fa anche rima

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