testo completo della perizia di parte della famiglia
RELAZIONE MEDICO-LEGALE SULLE CAUSE PELLA MORTE DI ALDROVRANDI FEDERICO
Proc. pen. 4922/2005
Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ferrara ;
Su incarico degli Avv.ti Anselmo e Venturi, in qualit‡ di Consulenti di parte, i sottoscritti Dr. Antonio Zanzi e Dr. Giorgio Gualandri, specialisti in Medicina legale, hanno partecipato alle operazioni di Consulenza tecnica relativa al decesso di Atdrovandi Federico, nato a Ferrara il 17 luglio 1987, prendendo poi in esame la Consulenza tecnica redatta per il P.M. dal Dr. Stefano Malaguti e dalla Dr.ssa Eleonora Lumare.
I CC.TT. del PM concludono la loro relazione affermando che "... la causa e la modalit‡ delia morie di Federico Aldrovandi risiede in una insufficienza miocardica contrattile acuta, sostenuta da
- una condizione di particolare stress psicofisico, determinante massimale stimofazione simpatica responsabile dell'incremento dell'attivit‡ cardiaca e quindi del suo fabbisogno di ossigeno
- [fabbisogno di ossigeno] non adeguatamente supportato per l'indebolimento funzionale dei centri respiratori bulbari conseguente all'assunzione di eroÏna, ketamina e alcoof.
Tali conclusioni sono in parte condivisibili, ma risultano incomplete perchÈ non tengono conto di un ulteriore fattore - ben documentato dagli atti e perfettamente coerente con i riscontri necroscopici - che ha determinato il decesso e che Ë rappresentato dalla restrizione fisica del soggetto in posizione prona con le mani ammanettate dietro la schiena (trattasi di condizione che limita la capacit‡ di ventilare i polmoni).
II fatto che alcuni soggetti - che in ragione dello stato di agitazione vengono sottoposti a restrizione fisica - possano. morire inaspettatamente Ë ben noto. In letteratura sono descritti svariati casi di morte di pazienti psichiatrici che vengono immobilizzati al letto (Ë a causa delia incidenza sulla capacit‡ ventilatoria - ed alla possibilit‡ di morte correlata a tale evenienza - che al personale delle strutture psichiatriche Ë vietato attuare la restrizione fisica dei pazienti in posizione-prona) oppure di soggetti agitati che, dopo una colluttazione, vengono immobilizzati in posizione prona dalle Forze dell'Ordine.
Questi ultimi casi (Varissimi in Italia) sono ben noti e studiati negli USA. In particolare, esistono numerosi case-reports e nelle casistiche pi˘ ampie (cfr. i lavori di O'Halloran et al., che nel 1993 ha riportato 11 casi e nel 2000 ha segnalato 21 casi di Asphyxial death duning prone restraint, entrambi pubblicati suIl'American Journal of Forensic Medicine and Pathology) risulta che in questi casi la diagnosi di morte Ë complessa e che la accuratezza della diagnosi dipende sia dai riscontri autoptici (che, come nel caso in esame, possono essere aspecifici) sia dalla accurata definizione delle circostanze in cui Ë avvenuta la morte. In particolare, emerge che per stabilire una relazione causale tra la restrizione e la morte Ë essenziale identificare il momento in cui vi Ë la perdita di coscienza cui segue il decesso [O'Halloran & Frank, Am J Forensic Med Pathol, 2000].
CiÚ premesso, dobbiamo precisare che la morte di Aldrovandi Federico si qualifica sotto il profilo medico-legale come evento inaspettato, cioË inatteso rispetto al momento in cui si Ë verificato, e prodotto da fenomeni morbosi rapidamente letali (in un tempo inferiore a mezzora).
Le indagini necroscopiche e le indagini chÏmico-tossicologiche non hanno evidenziato una specifica causa della morte, posto che;
1) concordemente con quanto rilevato dai CC.TT. de! PM, gli elementi di giudizio desumibili dalie indagini necroscopiche in merito al politraumatismo cranio-facciale riscontrato sul cadavere consentono di "... poter escludere con elevata probabilit‡ che le lesioni tegumentarie rilevate in corso di ispezione cadaverica esterna in sede cranica e maxillo-facciale possano aver rivestito ruolo eziopatogenetico relabile alla causa della morte..." (cfr.CTPMpag.83); in altri termini, non puÚ essere escluso in assoluto un ruolo de! trauma cranio-facciale, ma esso non Ë dimostrabile, perchÈ non vi sono dati morfologici (cioË obiettivamente rilevabili) che possano documentare una morte da lesioni cranioencefaliche traumatiche. L'unico rilievo necroscopico rapportabile al trauma cranico (oltre alle lesioni tegumentarie cranio-facciali) Ë la presenza di edema cerebrale.
2) sul cadavere non Ë stata rilevata alcuna patologÏa dÏ natura "spontanea" che possa aver in qualche modo partecipato al meccanismo letÏfero.
3) le sostanze rilevate all'indagine tossicologica (alcool etilico, ketamina, morfina) non sono idonee nel determinare la morte. In- particolare (cfr. BasÈÏt, Dispostion of ToxicDrugs and Chemicals in Man, Chemical f oxicology Institute, Foster City, CA, 5A Ed. 2000; Drummer The forensic pharmacology of drug of abuse Ed Arnold 2001; MICROMEDEX (sistema di informazione cllnica computerizzata);- Brendon, Postmortem bloocf ketamine distribution in two fatalities J. of Analytical Toxicology, 2004; Winek et al. Drug and chemical blood-Ievel data 2001 For Sci Int, 2001 ):
a] L'alcoolemia non Ë significativa (= 0,4 g/L, cioË inferiore ai limiti fissati dalla legge
per la capacit‡ di guida dÏ veicoli).
b] La concentratone ematica di ketamina Ë minimale (=0,04 ng/ml, cioË 40 ng/ml). Le
concentrazioni mortali sono superiori a 7000 ng/ml, cioË di gran lunga maggiori (nemmeno comparabili in termini quantitativi) a quella riscontrata nel caso in esame. .
e] La morfina Ë stata riscontrata alla concentratone di 0,36 p.g/ml. Per quanto concerne l'ipotesi di una morte da intossicazione acuta da morfina, dobbiamo chiarire che gli effetti mortali della morfina non sono dose-dipendenti. In termini generali (cfr.qualsiasi testo di Medicina legale), dal punto di vista medico-legale, per potersi affermare un ruolo causale di una sostanza esogena nel determinare la morte non Ë sufficiente il puro e semplice riscontro della sostanza nel sangue (ed. criterio tossicologico), ma occorre che siano soddisfatti anche altri criteri e, con particolare riferimento al caso in esame, deve essere soddisfatto il criterio "clinico-circostanziale". In altri termini, il decesso deve essere preceduto dal quadro clinico caratterÏsticamente prodotto da quella sostanza. Nel caso di morte correlata ad abuso di oppiacei la sintomatologia non Ë certamente quella di agitazione psicomotoria presentata dall'Aldrovandi, ma Ë rappresentata da uno stato di ottundimento/sedazione, cui sÏ associa edema polmonare acuto talora fulminante. Nel caso in esame, ciÚ consente di escludere che il decesso di Aldrovandi sia stato prodotto da una intossicazione acuta da oppiacei. Va fin d'ora precisato che la morfina, anche a dosi terapeutiche, deprime tutte le fasi dell'attivit‡ respiratoria; la diminuzione del volume respiratorio Ë dovuta principalmente ad un ritmo respiratorio pi˘ lento; tale depressione respiratoria non rappresenta perÚ un problema clinico, a meno che non coesistano patologie polmonari (assenti nel caso inesame).
Ovviamente, non essendo emersa una specifica condizione patologica o tossica, il meccanismo letifero rinvia a fattori morfologicamente non evidenziabili. In questi casi, la definizione della causa della morte Ë assai complessa e gli aspecifÏci dati emersi dalle indagini necroscopjche e tossicologiche devono essere vagliati in stretta aderenza con i dati circostanziali.
In conformit‡ con la letteratura scientifica [O'HalIoran et al,. Arti J Forensic Med Pathol, 2000], la diagnosi di morte non puÚ infatti prescindere da una accurata vantazione della fenomenologia che ha preceduto il decesso, ancorando i dati emersi dalle indagini tecniche a quanto in concreto risulta essere avvenuto. ¶ In sostanza, gli elementi di giudizio per poter definire la causa della morte dell'Aldrovandi emergono dal raffronto tra quanto Ë stato riscontrato sul cadavere (sia in termini anatomo-isto-patologici che tcssicologici) e quanto risulta essersi verificato in base ai resoconti di chi ha avuto modo di assistere all'evento.
E, al riguardo, va precisato che per chiarire quanto Ë accaduto sono del tutto sufficienti ed idonee le annotazioni degli Agenti che sono direttamente intervenuti sul luogo del fatto; e cioË le annotazioni di servizio redatte in data 25.9.2005 dagli Agenti della volante aIfa-3 xxxxxxxxxxxxxxxx e dagli Agenti della volante alfa-2 xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx nonchÈ le annotazioni di P.G. dei Carabinieri xxxxxxxxxxxxxxxxx le dichiarazioni del personale medico e paramedico (Dr.ssa Barbara Fogli, sig. Stefano Rossi); queste ultime testimonianze non sono state prese in considerazione nella relazione di CTPM.
Entrando dunque nel merito della vicenda, va premesso, come risulta, che l'AIdrovandi, assieme ad alcuni amici, Ë arrivato verso le ore 00,30 del 25 settembre 2005 in una discoteca di Bologna, In tale sede il soggetto ha assunto sostanze stupefacenti. Dalle indagini chimico-tossicologiche Ë emerso che il soggetto ha assunto alcool etilico, ketamina e oppiacei (verosimilmente eroina, trattandosi del pi˘ comune oppiaceo del mercato clandestino). Verso le ore 4,30 il gruppo di amici Ë arrivato a Ferrara. Durante il viaggio di ritorno Aldrovandi Ë descritto dagli amici come tranquillo ed assopito. Arrivato a Ferrara il soggetto viene poi lasciato solo dagli amici.
A questo punto, la vicenda desumibile dada documentazione citata puÚ essere cronologicamente distinta in tre fasi.
FASE 1) Tra le ore 4,30 circa e le ore 5,55 circa
Durante questa fase, mentre Ë da solo, Aldrovandi presenta uno stato di agitazione psicomotoria, tale da destare l'attenzione di alcune persone residenti nella zona che avvertono le Forze dell'Ordine.
Alle ore 5,55 circa il personale della Volante alfa 3 xxxxxxxxxxxxx viene allertato e poco dopo arriva sul posto, notando "... dopo aver percorso la via fino all'ingresso dell'Ippodromo comunale ivi sito.., nel buio del parchetto posto sulla sinistra della strada, un movimento strano. Sempre avanzando con la vettura abbiamo visto un individuo che, dentro al parchetto, gesticolava e urlava frasi senza senso, facendo dei salti e girando su se stesso. Non appena ha notato la Volante si Ë avvicinato e ha colpito con dei calci il paraurti anteriore sinistro..." (cfr. annotazione di servizio
FASE 2)Tra le ore 5,55 circa e le ore 6,04 circa
a) La Volante indietreggia in retromarcia: giunta ad una distanza di circa 10 metri dal soggetto gli Agenti aprono le porte dell'auto e gli chiedono cosa Ë, successo; Aidrovandi ",.. con gli occhi fuori dalla testa, i muscoli del viso contratti e le braccia poste a modo dÏ minaccia..." inveisce contro gli Agenti e "...improvvisamente si Ë lanciato contro dÏ noi, Ë saltato sul cofano della macchina dÏ servizio e appoggiandosi con un piede al tergicristallo destro ha tentato di sferrare un calcio al volto del capopattuglia, mancandolo e scivolando in tal modo, cadeva a cavalcioni sulla portiera per poi rovesciarsi in avanti colpendo il selciato, in tale contesto infrangeva il vetro della portiera, piegandone il supporto..." (cfr. annotazione xxxxxxxxxxxxx. In tale occasione, il soggetto puÚ aver riportato la lesione contusiva allo scroto e, cadendo in avanti, puÚ aver riportato una lesione alle regicni anteriori del capo.
b) Aidrovandi Ë quindi a terra, e dall'annotazione xxxxxxxxxxxxx risulta "... // giovane aggrediva quindi il capopattuglia Ass.te xxxxxxxxxxxx e a quel punto l'autista Ass.te xxxxxxxxxxxxxx dava ausilio cercando di riportarlo alla calma e bloccarlo. I tentativi nsuitavano vani in quanto il ragazzo con atteggiamento sempre pi˘ violento sÏ divincolava con forza inaudita, sferrando calci, pugni, girando su se stesso. Nelcorso della colluttazione finivamo dietro il veicolo... ". Gli Agenti rientrano in auto e Aldrovandi "... colpiva la fiancata posteriÛre dx del veicolo... tentando subito dopo di aprire la portiera de! capopattuglia..." Si deve ritenere che durante questa prima colluttazione l'Afdrovandi abbia riportato fa ferita al capo sanguinante, posto che in tale sede, durante il sopralluogo, Ë stato trovato dei sangue. Gli Agenti si allontanano in auto spostandosi di circa 30 metri e fermano l'auto dirimpetto ai cancello dell'ippodromo. Richiedono via radio l'intervento di altra personale,
c) Interviene sul posto anche la Volante alfa 2, i cui operatori (xxxxxxxxxxxxxxxxxx) notano che Aldrovandi "... iniziava ad avvicinarsi con fare minaccioso... urlando nel contempo frasi prive di significato..." l'Aldrovandi presenta "... stato di agitazione psico-motoria... visibile perdita ematica dalla bocca...". Gii Agenti escono dal veicolo muniti "di sfollagente; un Agente chiede ulteriori aiuti alla Centrale operativa.
d) Aldrovandi "...all'improvviso, si avvicinava sull'Ass.Capo xxxxxxxxx tentando di colpirlo con un calcio al volto, schivato dall'operatore. Si tentava quindi di fermare il giovane prendendolo sia alle spalle che tentando di bloccare i suoi movimenti atti a colpire gli operatori. In tale contesto, al fine di evitare e parare i colpi portati dal ragazzo, gli operatori utilizzavano gli sfollagente in dotazione, colpendolo alle gambe..." (cfr. annotazione xxxxxxxx) . Nell'annotazione xxxxxxxxx... // ragazzo continuava a sferrare calci e pugni mentre gli operatori. tentavano di bloccarlo. L'autista dell'alfa 3 colpiva le gambe dei giovane con uno sfollagente tentando inoltre di proteggersi con lo stesso dai calci dei giovane. In tale circostanza il manica dello sfollagente si spezzava...". Quindi, come risulta dall'annotazione xxxxxxxxxxxxxxx "... Nella colluttazione, alla fine, il giovane cadeva a terra trascinando con sÈ gli operatori: il ragazzo era supino, con l'Ass.te xxxxxxxxxx sul busto; /'Ass.te xxxxxxxxxxx che cercava di bloccargli le gambe; l'Ass.te xxxxxxxxxxxxx, che gii bloccava il braccio sinistro e l'Ass.te xxxxxxxxxx che, a fatica, riusciva a mettergli una manetta al polso destro. Vani risultavano i tentativi dÏ ammanettare anche l'altro polso dei ragazzo...". Dall'annotazione xxxxxxxxxxxxxxx "..... Sulla mano che l'Ass.te xxxxxxxxxxxx riusciva a tenere bloccata venivano apposte un paio di manette dall'Ass.te xxxxxxxxxxx quale tuttavia non riusciva poi a collegare tale strumento all'altro avambraccio stante la furiosa reazione del giovane, la cui forza era tale da sollevare materialmente gli operatori sopra di sÈ...". Si deve ritenere che in questa fase della colluttazione l'Aldrovandi abbia riportato gran parte delle lesioni traumatiche. A questo punto veniva richiesto via radio l'invio urgente di un'ambulanza . Risulta che tale richiesta Ë stata radiotrasmessa dalla volante "affa 3" alla centrale alle ore 6,04.
FASE 3) tra !e ore 6,04 circa e le ore 6,16 circa
a) Dall'annotazione xxxxxxxxxxxxxx ".... in quell'istante II giovane riduceva per un attimo la forza con cui ci contrastava tanto da permetterci di porlo in posizione prona, n'uscendo cosÏ ad ammanettarlo completamente con le mani dietro la schiena. Giova precisare che in tale contesto l'individuo aveva la guancia sinistra appoggiata alla sede stradale [lesione all'emivolto sn]. Anche in questo caso tuttavia lo stesso continuava ad agitarsi tentando di divincolarsi dalla nostra presa. Proprio nell'istante in cui l'individuo si calmava una seconda volta sopraggiungeva personale dell'Arma dei Carabinieri e del servizio dÏ soccorso 11d...", Dall'annotazione xxxxxxxxxxxxxx: "... all'improvviso il giovane smetteva di agitarsi e in quel momento gli operatori n'uscivano a girarlo faccia a terra e a mettergli le manette ai polsi. Dopo un ulteriore tentativo di divincolarsi il giovane pareva calmarsi mentre sopraggiungeva la pattuglia dei Carabinieri e subito dopo l'ambulanza del 118...",
b) Dall'annotazione dei Carabinieri emerge che la pattuglisi, giunta sul posto alle ore 6,10 circa, nota: "... due vetture dei colleghi della Questura, sezione volanti, e due di essi inginocchiati a terra a poca distanza da una di queste, intente a trattenere una persona a terra. Scesi dalla nostra vettura di servizio ed avvicinatici constatavamo effettivamente che i due colleghi erano intenti a trattenere fermo ed ammanettato un individuo riverso a terra con la faccia rivolta verso l'asfalto e le braccia dietro la schiena... Arrivata l'ambulanza e il personale sanitario venivano tolte le manette alla persona per meglio permettere l'assistenza e le cure del caso, la persona veniva girata dai sanitari in posizione pi˘ agevole, a viso in su, e dopo alcuni minuti di cure veniva constatato il decesso...".
Dal referto del 118, relativo ad intervento iniziato alle ore 6,16 risulta "Arresto cardiorespiratorio. Trauma cranio-facciale". Nella scheda non sono annotate manovre di rianimazione. La formale constatazione del decesso era delle ore 6,35 del 25.9.05.
I volontari della Croce Rossa hanno notato che il soggetto era "... riverso a terra, prono con le mani ammanettate dietro la schiena.,. era incosciente e non rispondeva...", Io hanno posizionato supino ed hanno constatato che "... era gi‡ morto al momento del nostro arrivo" (cfr dichiarazioni di Fiossi Stefano).
Il medico (Dr.ssa Fogli), intervenuto subito dopo, ha dichiarato di aver provveduto senza successo a ventilazione con pallone-maschera, a massaggio cardiaco esterno, e a somministrazione di adrenaÏina, con riscontro di asistolia (assenza del battito cardiaco) mediante i! monitor del defibrillatore.
CosÏ delineati schematicamente gli accadimeli quali risultano inequivocabilmente dagli atti, possiamo prendere in considerazione quali possano essere stati i meccanismi fisiopatologici produttivi della morte di Afdrovandi Federico.
Il primo dato da prendere in considerazione concerne la marcata agitazione psico-motoria presentata dal soggetto. Tale condizione - che nel caso in esame, come pi˘ volte annotato dagli Agenti, era di grado estremo - Ë connotata da uno stato di marcata eccitazione, mentale e motoria ed Ë caratterizzata da attivit‡ auto- od etero-aggressive con confusione mentale, allucinazioni, deliri. SÏ verifica in soggetti con psicosi acuta, schizofrenia, sindromi maniacali, elevate concentrazioni ematiche di cocaina o meta-anfetamine o altri stimolanti. Ne! caso in esame la presenza di alcool etilico (che al dosaggio di 0,4 g/L non d‡ significativi effetti comportamentali), di morfina (che ha effetti analgesici e sedativi) e, in particolare, di ketamÏna (che puÚ determinare alterazioni comportamentali, ma nel caso in esame Ë a dosaggio minimale) spiega solo in parte l'agitazione psicomotoria presentata dal soggetto; essa puÚ inoltre essersi "autoalimentata" durante la colluttazione.
Comunque sia, indipendentemente dalla causa che la puÚ aver determinata, ciÚ che rileva Ë che la condizione di agitazione psico-motoria di grado marcato era pacificamente presente.
Basta leggere, al riguardo, le annotazioni degli Agenti che fanno di volta in volta riferimento ai seguenti fatti: "... gesticolava e urlava frasi senza senso, facendo dei salti e girando su se stesso", "...atteggiamento sempre pi˘ violento", "...forza inaudita, "... continuava a sferrare calci e pugni mentre gli operatori tentavano di bloccarlo", "... furÏosa reazione del giovane la cui forza era tale da sollevare materialmente gli operatori sopra di sÈ", e cosÏ via.
B.2006 *^ ^mó^^^^^^^^^^m' hk.519 P.10
E dunque fuori discussione che l'Aldrovandi abbia presentato uno stato di marcata agitazione psicomotoria.
Il secondo dato da prendere in considerazione, che Ë intimamente correlato al precedente, concerne i violenti sforzi compiuti dall'AIdrovandi. Anche questa condizione Ë ben documentata nelle annotazioni degli Agenti che danno atto di una colluttazione durante la quale tutti i partecipanti hanno riportato lesioni traumatiche (cfr. verbali di Pronto soccorso e verbale di esame necroscopico) ed in cui l'Aldrovandi poneva in essere una "forza inaudita", "tale da sollevare materialmente gli operatori sopra di sÈ".
Come gi‡ detto, Ë durante questa fase di marcata agitazione psicomotoria in cui ha posto in essere violenti sforzi che l'Aldrovandi ha riportato gran parte delle lesioni traumatiche. Gli Agenti hanno usato sfollagenti, due dei quali si sono rotti in corrispondenza del manico. Stando alle annotazioni, uno sfollagente si Ë spezzato mentre l'Aldrovandi veniva colpito agi arti inferiori; mentre dell'altro non vi Ë alcuna notÏzia (Ë verosimile comunque ritenere che si sia spezzato per un altro colpo che ha attinto il soggetto). Dobbiamo precisare che in merito alla natura ed alla ricostruzione traumatogenetica delle lesioni dÏ natura contusiva riscontrate sul cadavere condividiamo sostanzialmente quanto riportato nella CT per il PM, Si tratta infatti di lesivit‡ di natura contusiva (ecchimosi, escoriazioni e ferite lacero-contuse) che rinvia all'azione di mezzi contundenti diversi e non sempre ben precisabili, quali possono essere stati urti contro strutture rigide e piane, carrozzeria dell'auto, sfollagente, mezzi di offesa naturale (calci, pugni), manto stradale, ecc. .
Il terzo dato conceme, infine, la restrizione fisica in posizione prona del
soggetto prima della morte. Risulta infatti che dopo la suddetta colluttazione gli Agenti sono riusciti ad immobilÏzzare l'Aldrovandi in posizione prona.
In particolare, da annotazione di servizio xxxxxxxxxxxxxxx che ad un certo punto "...// giovane riduceva per un attimo la forze con cui ci contrastava tanto da permetterci diporto in posizione prona, n'uscendo cosÏ ad ammanettarlo completamente con le mani dietro la schiena..."; risulta altresÏ che in tale occasione l'Aidrovandi aveva "... la guancia sinistra appoggiata alla sede stradale..."; all'emivolto sinistro del cadavere Ë stata infatti riscontrata una lesivit‡ di natura contusiva che rinvia a pressioni esercitate sul capo per mantenerlo fermo a terra e conseguenti effetti contusivi della regione orbito-zigomatica sinistra, del naso e dell'emilabbro di sinistra. Anche i CCTT. del PM affermano che le "...aree escoriate presenti all'emivolto sinistro risultano verosimilmente compatibili con l'attrito sul manto stradale conseguente alla immobilizzazione prona...".
La immobilizzazione in posizione prona a terra con mani ammanettate distrofia schiena, cronologicamente collocabile poco dopo le ore 6l04 Ë stata mantenuta per diversi minuti posto che i Carabinieri, intervenuti alle ore 6,10 circa, constatavano che
".,,/ due colleghi erano intenti a trattenere fermo ed ammanettato un individuo riverso a terra con la faccia rivolta verso l'asfalto e le braccia dietro la schiena....'"
Durante tale periodo di tempo risulta inoltre che l'AldrovandÏ era vivo, posto che dalla annotazione xxxxxxxxxxxxxx risulta che "... continuava ad agitarsi tentando di divincolarsi dalla nostra presa...". Il fatto che il soggetto era vivo dopo essere stato messo in posizione prona Ë confermato, oltre che dalle dichiarazioni degli stessi Agenti, anche dalle lesioni riscontrate sul cadavere (tutte dotate di caratteri di vitalit‡) '" all'emivolto sinistro e ai polsi (ecchimosi, che rinviano alla presenza delle manette).
Infine risulta che ".., l'individuo si calmava una seconda volta..." e da quel momento non dava pi˘ segni dÏ vita. E' in questo momento, dunque, che si verifica la perdita di coscienza e quindi la morte. Da notare che sul cadavere sono state riscontrate ecchimosi gengivali, che i CC.TT. del PM hanno attribuito a "...possibile lesivit‡ prodottasi a seguito di manovre rianimatorie, tra le quali l'inserimento di cannula oro-faringea...". Posto che la manovra rianimatoria di inserimento della cannula Ë stata eseguita su soggetto esanime, con immediato successivo riscontro di asistolia al monitor del defibrillatore, le ecchimosi gengivali rinviano quale epoca di produzione ad una fase in cui il soggetto era in limine vitae, cioË in condizioni non pi˘ recuperabili, con funzioni cardiocircolatoria e respiratoria non pi˘ percepibili, ma con residua attivit‡ delle pareti vasali ancora in grado di spostare una certa quantit‡ di sangue.
La ricostruzione degli accadimenti su base circostanziale ed i riscontri necroscopico/tossicologici consentono di delineare la complessa fisiopatologia degli eventi che hanno determinato la morte dell'Aldrovandi, che rinvia ad una genesi multifattoriale.
Si tratta essenzialmente di tre fattori che hanno determinato la morte e che sono rappresentati da:
A) Gli sfora intensi (condizioni che ne! caso dell'Aldrovandi sono ben documentate) comportano dal punto di vista fisiopatologico.
.1) un incremento della domanda di ossigeno da parte dell'organismo; l'energia spesa s causa dell'agitazione e degli sforzi intensi Ë sottratta a quella disponibile per l'organismo (in particolare, per i bisogni del cuore). Anche dopo essere immobilizzato, come risulta essere avvenuto anche nel caso in esame, l'individuo puÚ continuare a lottare contro la restrizione, incrementando ulteriormente la domanda di ossigeno.
2,) un rilascio nel circolo ematico dÏ catecolamine (adrenalina e
noradrenalina, che sono secrete dalle ghiandole surrenali), che produce un
aumento della pressione arteriosa e un incremento della frequenza cardiaca.
CiÚ determina un ulteriore aumentata richiesta di ossigeno da parte
dell'organismo (e in particolare del cuore).
E' questa la condizione di "stress psico-fisico" cui fanno riferimento anche i CC.TT. del PM.
B) Il ruolo di alcool etilico, ketamina e morfina puÚ essere preso in considerazione solo in termini di ipotesi. L'alcool etÏlico Ë in concentrazioni irrilevanti. La presenza nel cadavere dÏ 0,04 µg/ml di ketamina Ë una concentrazione che, come gi‡ detto, Ë di gran lunga inferiore alle concentrazioni ritenute letali e che si colloca nell'ambito di tassi sub-anestetici (non esistono dati dÏ letteratura che per una siffatta concentrazione riferiscano dÏ danni cardiaci o di depressione respiratoria). Nel caso in esame si puÚ ritenere che la concentrazione di ketamina possa forse al pi˘ aver determinato un minimale incremento della pressione arteriosa (qualche millimetro di mercurio) e della frequenza cardiaca (qualche battito al minuto); ciÚ forse puÚ aver comportato un minimale incremento della domanda di ossÏgeno dell'organismo dell'Aldrovandi. Quanto agli effetti della morfina, come gi‡ detto, gli oppiacei possono provocare depressione respiratoria che si manifesta alle stesse dosi che producono analgesia. Si puÚ ritenere che la presenza di una concentrazione di morfina di 0,36 µg/ml possa aver determinato una depressione respiratoria, nel senso dÏ una minore sensibilit‡ dei centri respiratori bulbari alla concentrazione di anidride carbonica.
Abbiamo gi‡ detto che tale depressione respiratoria di solito non ha rilevanza cllnica ma, nel caso in esame, puÚ aver incrementato l'incapacit‡ a soddisfare l'aumentata richiesta di ossigeno dovuta soprattutto allo "stress" psico-fisico del soggetto, sostanziatosi in ragione dell'agitazione psicomotoria e degli sforzi infensi avvenuti durante fa colluttazione. Non sono disponibili dati tecnici in ordine alle abitudini tossicofiliche del soggetto e nemmeno Ë noto il livello di "tolleranza" dello stesso agli oppiacei. In conformit‡ a quanto segnalato dai CC.TT. del P.M. si puÚ altresÏ affermare che l'assenza di 6-mono-acetiI-morfina (che Ë un metabolita intermedio dell'eroina) Ë indice di una assunzione non recentissima della sostanza e, quindi, certamente non nell'imminenza del decesso (l'assunzione Ë avvenuta diverse ore prima della morte). Infine, in ordine alla compresenza nell'organismo delle sostanze (ketamina e morfina), l'unico dato di letteratura concerne la contestuale presenza di ketamina e morfina che puÚ determinare una ripresa pi˘ lenta del soggetto dalle modificazioni comportamentali indotte da tali sostanze.
C) La restrizione fisica in posizione prona con le mani ammanettate dietro la schiena assunta dalI'Aldrovandi nella fase terminale della vicenda Ë idonea ad interferire con la capacit‡ di ventilare adeguatamente i polmoni. [Reay et al., Positional asphyxia . during law enforcement transport, Am J Forensic Med Pathol, 1992; Bell et al., Positional asphyxiation in adults, A serÏes of 30 cases from the Dade and Broward County Fionda Medical Examiner Offices from 1982 to 1990; Am J Forensic Med Pathol, 1992; O'Halloran & Lewman, Restraint asphyxiation in excited delirium, Am J Forensic Med Pathol, 1993; Pollarien et al., Unexpected death related to restraint for excited delÏrium: a retrvspective study of death in police custody and in the community, CMAJ, 1998; O'Halloran & Frank Asphyxia! death durÏng prone restraint: a report of 21 cases, Am J Forensic Med Paino!, 2000; Stratton et al., Factors associated with sudden death of individuate requiring restraint for excited delÏrium, Am J Emerg Med, 2001].
Per poter respirare una persona necessita di avere vie aeree pervie, polmoni in grado di scambiare i gas (ossigeno ed anidride carbonica) e piena capacit‡ dÏ ventilare i polmoni. La ventilazione dei polmoni implica completi movimenti della gabbia toracica, del diaframma e della parete addominale. Durante l'inalazione le coste sÏ espandono ed il diaframma si contrae, consentendo all'aria di entrare nei polmoni. Nell'espirazione le coste ed il diaframma si rilassano consentendo il rilascio di aria dai polmoni.
Dalla letteratura citata, emerge che quando un individuo Ë posto in posizione tale da interferire con la ventilazione - se i! suo organismo, a causa dell'agitazione e dello sforzo attuato per vincere !a restrizione, richiede una maggior quantit‡ di ossigeno - si possono verificare fenomeni di tipo asfittico (ed. positional asphyxia o restraint asphyxia degli Autori anglosassoni). In un soggetto immobilizzato in posizione prona con le mani dietro ia schiena accadono due fatti che interferiscono con la capacit‡ di respirare: da un lato, c'Ë compressione o restrizione dei movimenti delie coste che limita l'espansione delia gabbia toracica; e, dall'altro, gli organi addominali vengono sospinti verso l'alto interferendo con i movimenti del diaframma e quindi limitando lo spazio utile ai polmoni per espandersi. Inoltre, durante le manovre di immobilizzazione di un individuo ci possono essere ulteriori fattori che possono incrementare la compressione del torace da parte delle persone che attuano la restrizione: per controllare l'individuo non collaborante in posizione prona, gli operatori possono premere con le mani o le ginocchia o usare i! proprio peso per mantenere fermo l'individuo in posizione prona, premendo cosÏ sulle regioni dorsali e compromettendo ulteriormente la possibilit‡ di espansione del torace e, di conseguenza, la capacit‡ ventilatoria del soggetto.
In letteratura vengono inoltre segnalati altri fattori che in condizioni simili possono contribuire a determinare il decesso: l'obesit‡, patologie respiratorie croniche come asma o bronchiti; pre-esistenti patologie cardiache e/o vascolari [O'Halloran & Frank, 2000; Stratton et al. 2001]. Nessuna di queste forme morbose ricorre nel caso in esame.
Va a questo punto sottolineato che l'ipotesi di un insufficiente apporto di ossigeno a livello polmonare dovuto ad una "... condizione di ridotte escursione dei movimenti respiratori della gabbia toracica..." Ë stata presa sbrigativamente in considerazione anche dai CC.TT. del PM, i quali hanno affermato che "... il mancato riscontro di lesivit‡ traumatiche a carico del tessuto cutaneo, sottocutaneo, muscolare ed osseo a livello toracico appare poco suggestivo per una valida ed importante compressione applicata sulla gabbia toracica..." (cft. pag.86 della CTPM).
Al riguardo, si deve chiarire che l'assenza di lesivit‡ traumatica toracica non esclude affatto che la restrizione fisica abbia inciso sulla capacit‡ di ventilare adeguatamente i polmoni. Infatti, le problematiche diagnostiche di questa fattispecie lesiva (positional o restraint asphyxia) sono proprio dovute alla mancanza di oggettivi riscontri autoptici; mentre nelle vere e proprie morti asfittiche da "immobilizzazione del manths respiratorio" (cfr.pag,87 della CTPM), in cui l'unico fattore mortale Ë rappresentato proprio dal blocco de! mantice-respiratorio, sono tatara (non sempre) evidenziabili non solo i segni cui fanno riferimento I CCT del PM ("maschera ecchirnotica", turgore delle labbra, ecc.)T ma anche i veri e propri segni di applicazione dei trauma sulle strutture toraciche.
Nel caso in discussione, perÚ, non sÏ tratta di una asfissia "traumatica", ma di
asfissia dovuta alla posizione del soggetto, che rappresenta solo uno (non l'unico) dei fattori che hanno prodotto la morte.
In sostanza, mantenere un soggetto in posizione prona con le mani ammanettate dietro la schiena Ë condizione idonea nel determinare turbe della ventilazione polmonare.
E' opportuno chiarire che tale posizione non Ë dÏ per sÈ sola mortale, ma lo puÚ diventare in concorso con altre cause, ognuna delle quali Ë dunque necessaria ma non Ë sufficiente a produrre la morte [Chan et al., Reexamination of custody restraint position and positional asphyxia, Am J Forensic Med Pathol, 199S; Reay & Howard, Restraint position and positional asphyxia, Am J Forensic Med Pathol, 1999; Parkes, Sudden death during restraint: a study to mesure the effect of restraint positions on the rate of recovery from exercise, Med Sci and Law, 2000]
CiÚ Ë quanto risulta nel caso in esame dal raffronto ira.la descrizione di quanto Ë successo con le risultanze dell'indagine necroscopica, ed Ë pienamente conforme con i dati della letteratura scientifica.
Prima di essere messo in posizione prona Aldrovandi era vivo; la perdita di coscienza e la morte si sono verificate dopo la restrizione.
In epicrisi medico-legale si Ë dunque trattato di una morte dovuta ad una acute ed insufficiente assunzione di ossigeno da parte del soggetto rispetto alle richieste dell'organismo in quel momento.
Tale diagnosi, che rinvia ad una morte di tipo asfittico, risulta del tuttp_coerente con i dati emersi dall'esame anatomo-isto-patologico del cadavere, tutti aspecifici ma che univocamente convergono nell'ambito dei fenomeno asfittico.
Ci si riferisce a:
Intensa congestione (stasi) al volto; al riguardo, dobbiamo segnalare un errore nella CTPM, laddove a pag.39, nell'ambito della descrizione dei -fenomeni tanatologie!, risultano "macchie ipostatiche al volto... di cromatismo rosso-violaceo..". Dobbiamo chiarire che nel caso in esame la presenza di ipostasi al volto Ë evenienza impossibile (accorrerebbe postulare che il cadavere sia stato in posizione prona per diverse ore, il che, ovviamente non Ë avvenuto). In realt‡, il colorito rosso-violaceo al volto descritto dai CC.TT, del PM (ed evidenziatole anche nei fotogrammi, soprattutto in quelli scattati durante il sopralluogo) Ë ascrivibile ad una intensa congestione vasale, che Ë propria di questo tipo di decessi, in cui vi Ë una restrizione fisica che interferisce con la ventilazione polmonare che, a sua volta, determina stasi venosa nel territorio cefalico. La intensa congestione del distretto cefalico Ë indirettamente confermata anche dal rilievo sul cadavere dÏ atÏpica formazione di "macchia verde" putrefattiva in topografica corrispondenza delle vene del collo, segno di presenza di abbondante quantit‡ di sangue in tale distretto.
Petecchie congiuntivali. Congiuntive descritte di colorito violaceo in sede di sopralluogo e di colorito rosato durante l'esame necroscopico. Petecchie sub-pleuriche. Focolai microemorragici al polmone, nonchÈ all'encefalo ed alla capsula ipofisaria, e spandimene di emazie al miocardio. Iper-espansione polmonare e segni microscopici di lacerazione dei setti interalveolari (condizione indicativa di un enfisema polmonare acuto). Ondulazione di miofibre miocardiche (segno di iniziale ischemia, da carenza di ossigeno a! cuore in soggetto con coronarie indenni). Intensa congestione pluriviscerale. Sangue fluido e scuro.
La dettagliata ricostruzione delle fasi in cui si Ë articolata la vicenda e le risultanze delle indagini necroscopica e chimico-tossicologica consentono di affermare che il decesso di Aldrovandi Federico Ë dovuto ad una insufficiente assunzione di ossigeno produttiva di Insufficienza miocardica acuta.
Si tratta di evento concausato, cioË dovuto a fattori tutti necessari ma da soli non causalmente sufficienti, posto che la insufficiente assunzione di ossigeno Ë ascrivibile a:
1. aumentata richiesta di ossigeno indotta dallo stress psico-fisico per la marcata agitazione psico-motoria e gli sforzi intensi posti in essere dai soggetto durante la coiluttazione e per resistere aiia immobilizzazione (e forse e in minimale parte dalla assunzione di ketamina);
2. ipotetica depressione respiratoria secondaria alla assunzione di oppiacei;
3. turbe della ventilazione polmonare prodotte dalia restrizione fisica in posizione prona con le mani ammanettate dietro la schiena.
Modena/Ferrara, 27 febbraio 2006
Dr. Giorgio Gualandri
Dr. Antonio Zanzi
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