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Processi G8 - Capo Digos nel mirino
by dal manifesto Friday, Jun. 02, 2006 at 11:30 AM mail:

Processi G8 - Capo Digos nel mirino.

«Incrocio pericoloso», quello di ieri, sull'asse Genova-Cosenza e i processi post-G8, a confermare la sensazione che il processo cosentino - che vede imputati 13 attivisti della rete del sud ribelle per svariati reati, tra i quali l'associazione sovversiva - assomigli a un processo bis di quello già in corso a Genova, e momentaneamente sospeso, contro 25 manifestanti accusati di devastazione e saccheggio. Spartaco Mortola, all'epoca dei fatti primo dirigente della Digos genovese, dal novembre 2004 vice questore vicario di Alessandria, a Cosenza, e Stefano Kovac, allora responsabile della logistica del Gsf, a Genova al «processo Diaz», hanno dato vita a due udienze intimamente connesse tra loro.
Mortola si è sottoposto alle domande del controesame durante l'udienza cosentina: «Caricare con un blindato sarebbe stato criminale», ha affermato. Poco dopo le immagini trasmesse in aula hanno mostrato una delle folli corse dei blindati dei carabinieri tra i manifestanti. «Io quell'ordine non lo avrei dato», ha detto in aula, «ma poco prima un blindato era stato dato alle fiamme». «Poco prima» in realtà significa, stando alla cronologia dei fatti, proprio poco dopo la carica al corteo autorizzato di via Tolemaide, effettuato dal duo Antonio Bruno (capitano dei carabinieri) - Mario Mondelli (funzionario ps), che saranno ascoltati a Cosenza l'8 giugno. Quella carica, come venne dimostrato durante un'udienza del procedimento genovese, si contraddistinse per essere effettuata su un corteo autorizzato, senza lasciare alcuna via di fuga ai manifestanti e, come hanno dimostrato le immagini, con l'uso di mazze al posto dei già famigerati tonfa. Alla domanda cruciale circa le ragioni di quella carica, la risposta dell'ex dirigente della Digos genovese è laconica: «non lo so».
Mortola è protagonista, non solo in quanto imputato, anche nell'udienza genovese riguardante i fatti della Diaz, per i quali sono a processo 29 tra funzionari, dirigenti, agenti di polizia. In sede di indagini emerse infatti che proprio una telefonata tra Mortola e Kovac avrebbe «fondato» i motivi dell'irruzione nell'istituto. Secondo la versione dell'ex Digos, infatti, poco prima dell'operazione Kovac gli avrebbe riferito «che la scuola non era più sotto controllo del Glf». Una versione che non è in sintonia con quanto affermato da Kovac sia in sede di indagini, sia in tribunale ieri. «Mortola mi chiese chi ci fosse dentro alle scuole; risposi che c'era il media center da un lato, e dall'altro l'internet point e persone che dormivano lì a causa della pioggia di giovedì 19 luglio». Le domande di Mortola lo insospettirono: «Gli dissi di non fare cazzate e lui mi rispose di stare tranquillo». Poco dopo la telefonata Mortola scorterà tra le strade di Genova le squadre delle forze dell'ordine, «prescelte» per l'irruzione alla scuola Diaz. Un'operazione oscura fin dall'inizio: la parlamentare Graziella Mascia, ascoltata ieri, ha ricordato di aver cercato di contattare, invano, sia l'allora ministro Scajola il capo della polizia De Gennaro. Bertinotti, che raggiunse telefonicamente il capo della polizia, fece sapere alla Mascia «che non ci poteva fare nulla» e che «dovevano cavarsela da soli».



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Dictat
by 77 Friday, Jun. 02, 2006 at 7:29 PM mail:

Bertinotti, che raggiunse telefonicamente il capo della polizia, fece sapere alla Mascia «che non ci poteva fare nulla» e che «dovevano cavarsela da soli».!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
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questo è il mio unico commento

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G8 del 2001 [...]
by da liberazione Saturday, Jun. 03, 2006 at 12:40 PM mail:

A Genova parlano i parlamentari bloccati ai cancelli della Diaz: ci dissero che era una normale perquisizione
G8 del 2001, dal processo contro il Sud Ribelle la conferma che il corteo di Via Tolemaide, era autorizzato. «Perché fu caricato?»

Mentre a Cosenza il capo della digos genovese, all’epoca del G8, confermava che il corteo delle tute bianche era autorizzato, a Genova, il responsabile della logistica del Gsf, Stefano Kovac, riferiva - al processo Diaz - di una strana telefonata con il capo della polizia politica della città. Poco prima della sanguinosa irruzione nel dormitorio dei manifestanti. Ieri i due processi - uno contro i presunti ”sovversivi“ del Sud ribelle, l’altro contro i funzionari che guidarono l’irruzione e parteciparono a vario titolo, secondo l’accusa, alle violenze e agli abusi contro i manifestanti - hanno rivangato alcuni momenti cruciali di quei giorni del luglio 2001. Nel capoluogo ligure è stata la volta di Graziella Mascia, deputata del Prc, che ha ricordato non solo ricorda di aver cercato e non aver trovato un responsabile, ma di aver chiesto alle forze dell’ordine di andarsene e di essersi sentita rispondere «non posso farci nulla» da un imbarazzato questore. Scajola (allora ministro dell’interno) e De Gennaro (tutt’ora Capo della Polizia) si negarono. Fu Bertinotti a riferire a Mascia che De Gennaro aveva negato ogni margine di trattativa. E il suo portavoce, quella notte, era a sbarrare la strada a legali e parlamentari che tentavano di entrare alla Diaz. Nesci, consigliere regionale Prc, arrivò con Ramon Mantovani: ieri ha ricordato come fu respinto «con decisione, a spintoni», fino a Mortola dice loro che «é tutto a posto e che non è successo nulla». Una normale perquisizione, proprio come sostenne il Viminale. Dopo di loro, Kovac smonterà la tesi di Mortola che fonda infatti l’operazione su una presunta telefonata avuta con Kovac in cui gli sarebbe stato comunicato che il Gsf aveva perso il controllo su chi ci fosse dentro le scuole. Kovac gli spiegò solo che sin da giovedi dopo
il nubifragio alcuni manifestanti si erano spostati a dormire nella Diaz ma,
insospettito dalla domanda, concluse la conversazione esortando il capo della digos: «Non fate cazzate». Risposta: «No, no, stai tranquillo, non succede nulla».

Più o meno nello stesso momento, Mortola subiva a Cosenza il controesame delle difese facendo, secondo il comunicato diramato dal Supporto legale (i consulenti del Genoa legal forum) «parecchie importanti ammissioni». La prima sul fatto che il corteo dei disobbedienti avrebbe utilizzato scudi e protezioni passive e che la digos ne era a conoscenza. Cadrebbe così il presupposto di una “bardatura” a sorpresa delle ex tute bianche riprese dai filmati (mostrati in aula) a invitare più volte, dal camion, i manifestanti a non armarsi. Mortola aveva accusato Caruso di aver incitato la folla a reagire violentemente dopo la prima carica di via Caffa ma in un altro video lo stesso Caruso grida dal camion: «Non tirate pietre, no stones, Genova ha
mille strade, questo è il corteo della disobbedienza civile». E, sugli avvenimenti relativi alla carica e a tutto quello che ne seguì, fino all’omicidio di Carlo Giuliani, Mortola confermerà in toto la ricostruzione fatta dagli avvocati della difesa: il corteo era autorizzato fino a piazza Verdi, i suoi uomini dovevano accoglierlo, ma i carabinieri agli ordini di Mondello lo intercettano e caricano.

Perchè? Mortola ipotizza che «forse i carabinieri avevano visto il corteo fare
qualcosa di strano» ma lui stesso aveva dichiarato che i militari non potevano vedere il corteo scendere da Piazza Alimonda. Quanto alla carica, per Mortola, sarebbe stato «criminale» farlo utilizzando i blindati. Ma così fu. Il funzionario giura che non avrebbe mai ordinato una cosa del genere ma che bisognava tenere conto che un blindato era stato assalito e incendiato. Ma quell’episodio avvenne solo dopo quella carica.

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Mortola nuovamente in aula
by da il quotidiano della calabria Saturday, Jun. 03, 2006 at 1:00 PM mail:

L'ex dirigente della Digos ascoltato sugli scontri del G8 di Genova
Processo ai tredici no global
Mortola nuovamente in aula

COSENZA - E' nuovamente comparso dinanzi ai giudici del tribunale di Cosenza per dire le sue verità in merito al processo "no global". Si tratta di Spartaco Mortola, 46 anni di Parma, dal 1997 ai primi d'ottobre del 2001 dirigente della Digos di Genova. Era stato già ascoltato lo scorso 21 ottobre in quanto responsabile del servizio d'ordine per il G8 del luglio del 2001. Gli avvocati dei tredici presunti sovversivi non avevano però dato il loro assenso per
l'interrogatorio. Per questo è stato necessario farne un secondo. E così ieri si è ridiscusso degli scontri di Genova, ai quali avrebbero partecipato anche alcuni degli attuali imputati. Mortola, così come avvenne lo scorso 21 ottobre, è stato ascoltato come imputato di reato connesso. L'ex capo della Digos di Genova è infatti indagato dalla
procura ligure per falso e calunnia in merito al blitz delle forze dell'ordine nella scuola Diaz durante il G8 (la vicenda giudiziaria si concentra sulla scoperta di due molotov, secondo l'accusa utilizzate come false prove nei confronti degli occupanti della scuola).
Mortola ha iniziato dalle attività di intelligence che furono studiate a tavolino per far fronte ad eventuali disordini durante il G8. L'ex capo della Digos ha ricordato che i vari capi delle forze di polizia furono per questo convocati dal ministero a Roma per delle giornate di studio.
A Mortola fu assegnato il compito di predisporre il servizio d'ordine attorno alla cosiddetta "zona rossa", quella riservata ai grandi della terra. «Fu presa la decisione - ha ricordato Mortola - di ospitare le varie delegazioni su due navi. L'unica ospitata a terra fu quella americana, con Bush che alloggiò in un albergo di fronte al porto. La "zona rossa", adottata con ordinanza prefettizia, era costituita da un perimetro di circa 7 km, più l'area del porto antico (presidiata da motovedette e navi militari). All'interno di quell'area fu posto il divieto assoluto di manifestazioni e soste».
Soffermandosi sulle vicende del 20 luglio 2001, culminate con la morte di Carlo Giuliani, Mortola ha nuovamente ricordato che il corteo guidato dal leader delle "Tute Bianche", Luca Casarini, e dal massimo rappresentante dei Disobbedienti campani, Francesco Caruso, mosse dallo
stadio Carlini dopo mezzogiorno. A quell'ora, ha ricordato l'ex capo della Digos, i famigerati "black-bloc" si erano già dati da fare nelle vie della città. I manifestanti guidati da Casarini e Caruso (imputati al processo di Cosenza) arrivò in via Tolemaide dopo aver percorso tre
chilometri. Fu proprio lì, nei pressi della zona rossa, che il corteo si sarebbe dovuto sciogliere. Invece iniziarono gli scontri con i carabinieri del reparto "Lombardia". Mortola ieri ha detto che i militari decisero per l'assalto solo dopo aver visto i manifestanti delle prime file col volto travisato e gli scudi in plexiglas. L'ex dirigente della Digos ha parlato di cariche con tanto di blindati. Un
mezzo dei carabinieri, che arrestò la sua marcia a seguito di un guasto meccanico, fu anche dato alle fiamme.
«Gli incidenti - ha ricordato Mortola - durarono fino alle 17,30, quando cioé ci fu la tragedia di Carlo Giuliani (ucciso da un colpo di pistola esploso dal carabiniere Mario Placanica, ndr). Alla fine si contarono 280 tra mobili e uffici devastati, oltre a numerosissime macchine. ».
Nel corso dell'interrogatorio dello scorso 21 ottobre Mortola puntò il dito contro Caruso, aggiungendo che «in via Tolemaide incitava agli scontri, dicendo ai manifestanti che "A Genova ci sono mille strade, ognuno può manifestare come c... vuole"».
Nel corso dell'interrogatorio di ieri l'imputato di reato connesso si è avvalso del contributo di alcuni filmati relativi ai fatti di Genova.
Sono a tal proposito intervenuti anche gli avvocati della difesa (e nello specifico Gattabo, Senese, Crisci e Nucci), i quali hanno fatto notare che alcuni carabinieri in quegli scontri erano armati di bastoni e non dei sfollagente di ordinanza.
Il processo riprenderà l'8 giugno. Alle domande del presidente della Corte Maria Antonietta Onorati, del pm Domenico Fiordalisi e della difesa risponderà anche un ufficiale della brigata "Lombardia", la stessa che si scontrò coi manifestanti del G8 di Genova.
Roberto Grandinetti

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