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comuncato stampa documento di rettifica circa l'esposizione della bandiera israeliana allt
by azione Radioazioni Thursday, Jun. 15, 2006 at 12:39 AM mail: radioazioni@yahoo.it

COMUNICATO STAMPA DI CHIARIMENTO, RETTIFICA E SPIEGAZIONE IN MERITO ALL’ESPOSIZIONE DI UNA BANDIERA ISRAELIANA DURANTE L’EVENTO DI PRESENTAZIONE DEL NETWORK RADIOAZIONI, TENUTOSI PRESSO L’UNIVERSITà ORIENTALE, DURANTE I GIORNI 8 E 9 GIUGNO

Radioazioni è un portale di approfondimento per la ricerca nelle scienze sociali; all’interno del web site, ospitato alla url http://www.radioazioni.tk, sono presenti numerose sezioni dedicate allo studio di argomenti di particolare rilevanza e complessità storica, e viene dato spazio, inoltre, ad un insieme di contenuti politico-artistico-culturali e musicali autoprodotti, la cui libera circolazione rappresenta una delle direttrici principali di sperimentazione del nostro progetto.
Sempre all’interno del sito vi è una apposita sezione, con tanto di icona simboleggiante una radio, dalla quale è possibile collegarsi al nostro segnale streaming e, dunque, ascoltare la programmazione radiofonica da noi offerta.
Radioazioni, lo dice la presentazione stessa della nostra home page, è una idea da discutere e condividere, è un gruppo di studenti, di donne ed uomini, è una esperienza libera ed autorganizzata, senza riferimento alcuno a qualsivoglia partito o movimento politico, che rivendica altresì il proprio retrotrerra politico e culturale, derivante dai momenti di mobilitazione studentesca degli anni scorsi, nonché la propria prossimità ai percorsi di autorganizzazione sociale presenti sul territorio, a Napoli come altrove, e la propria internità ad esperienze e progetti di sperimentazione comunicativa e mediattivismo.
Dopo un anno e mezzo di studio e sperimentazione, durante la scorsa settimana, precisamente nei giorni 8 e 9 giugno, abbiamo tenuto, presso uno dei palazzi del nostro ateneo, un evento di presentazione della nostra web radio, che trasmette quotidianamente dall’aula Salvador Allende, Palazzo Corigliano, piazza San Domenico, Università degli Studi di Napoli “l’Orientale”, includendo, all’interno della programmazione, circa sei ore di diretta ogni giorno.
La due giorni di presentazione era strutturata intorno ai due temi principali che sostanziano l’esperienza di Radioazioni, vale a dire la sperimentazione comunicativa (declinata come studio, monitoraggio, decostruzione e riproposizione dei contenuti offerti dal mainstream mediatico, in opposizione o in aggiunta ai quali vengono proposti quelli offerti da media o network di media indipendenti quale il nostro) e quella didattica (intesa come proposizione di percorsi di ricerca, i quali si avvalgono delle tecnologie digitali, sia per complessificare gli orizzonti interpretativi ed i presupposti metodologico-epistemologici di particolari discipline, sia per la diffusione multimediale e multisensoriale di questi stessi contenuti attraverso il nostro sito e grazie alle produzioni che questo sostiene, diffonde e “pubblicizza”).
L’evento, dunque, era pensato ed organizzato come segue: ad ognuno dei temi sopra menzionati è stata dedicata un’apposita giornata di discussione, confronto, riflessione, sperimentazione e proposizione; durante la prima giornata, ossia nella mattinata del giorno 8 giugno, si è tenuta una assemblea-dibattito intitolata “Comunicazione e media indipendenti”, alla quale hanno partecipato numerosi studenti nonché alcuni docenti e ricercatori del nostro ateneo, ed alla quale sono intervenuti, come relatori, stimati professori universitari e giornalisti del calibro di Stefano Carli (la Repubblica Affari e Finanza) e Marco Bascetta (Manifestolibri). Durante l’assemblea sono stati trattati approfonditamente, e discussi in maniera aperta ed orizzontale, alcuni temi tra i quali quello della parzialità e della strumentalità della maggior parte dei media ufficiali in quella che viene definita, da autorevoli studiosi, la Information and Communication Society; si è discusso altresì della conseguenziale necessità, vitale in ogni società che si consideri consapevolmente democratica, delle esperienze di mediattivismo e di informazione indipendente che quotidianamente attraversano i nostri atenei tentando di sedimentare spazi e tempi di libera espressione e comunicazione, scevra di ogni censura, interesse o ideologia preconfezionata: da quanto di volgarmente strumentale e mistificante è avvenuto in seguito, in merito all’installazione del check point che conteneva la bandiera israeliana, dobbiamo conseguire che avevamo ragione! Ma questa è la questione principale di questo comunicato-documento e ci torneremo in seguito approfonditamente.
Sempre durante la prima giornata, nel pomeriggio, si sono tenuti dei workshop dal titolo “make your web radio” e “make your television”, nei quali sono stati forniti ai partecipanti gli elementi concettuali fondamentali per sviluppare propri progetti di comunicazione, grazie all’uso di internet e delle nuove tecnologie: nello specifico, gli studenti partecipanti hanno appreso le nozioni fondamentali riguardanti lo streaming e le correlate competenze informatiche, sì da essere capaci di assemblare e gestire un piccolo sistema per fare una propria web radio. All’interno del palazzo era pure presente una installazione, la “IoDicoLa”, pensata come uno spazio di consultazione di libri, riviste e materiale cartaceo autoprodotto e/o indipendente. Tutto ciò serviva a sostanziare il nostro progetto, il quale in ottemperanza alle condizioni di finanziamento da parte dell’ateneo, doveva, per ricevere qualsivoglia sostegno di tipo economico, conseguire il diretto coinvolgimento degli studenti della nostra università e della comunità accademica in generale; ciononostante, le istituzioni accademiche, cui avevamo proposto sinceramente un progetto di radio d’ateneo e che pure parevano interessate, hanno fatto ben poco per favorirci o agevolare la due giorni da noi preparata, limitandosi fino all’ultimo a non autorizzarla, creandoci innumerevoli problemi di natura strettamente logistica (tipo sovrapposizione delle nostre iniziative con esami previsti nelle stesse aule, esami che solo la nostra elasticità, la nostra comprensione, nonché il nostro rispetto per gli studenti e per i docenti, hanno permesso che si svolgessero in maniera puntuale e regolare). Alla fine della giornata si sono tenute alcune rappresentazioni di teatro sperimentale.
Il senso di questa prima giornata era quello di condividere percorsi e strumenti di informazione e comunicazione, di mettere in relazione esperienze eterogenee, diffondendo liberamente contenuti collettivamente elaborati ed autoprodotti, pensieri, riflessioni, parole, sensibilità differenti che accettassero il confronto in una libera assemblea, piuttosto che invocando eserciti, forze dell’ordine, ambasciate ed istituzioni politiche di ordine e grado differenti ed assumendo, essi si, posizioni autoritarie, violente, sorde e completamente fallaci: le solite! Eppure di tutto questo nulla è apparso sui media ufficiali, concentrati com’erano ad amplificare indebitamente un evidente, banale quanto preconcetto atto di strumentalizzazione cui ha dato avvio una docente del nostro ateneo, la signora Gabriella Moscati Steindler, professore associato di Lingua e letteratura ebraica moderna e contemporanea.
Il tema della seconda giornata era “Tecnologie digitali e produzione di saperi”; durante la mattinata si sono tenuti due seminari molto partecipati per presentare il “Progetto Sintesi”, ossia il nostro percorso di sperimentazione didattica di cui si diceva in precedenza; questo progetto, cui è dedicata una apposita sezione del nostro sito, consiste principalmente in una attività collettiva di ricerca intorno a discipline o argomenti di particolare rilevanza, segnatamente nel settore delle scienze sociali e politiche dal quale proveniamo quasi tutti; all’interno della rubrica vengono pubblicati materiali d’approfondimento di vario genere ed in formati differenti (scritti, audio, video), prodotti da studenti, ricercatori e docenti, del nostro come di altri atenei, materiali che poi vengono liberamente diffusi senza alcuna forma di copyright, al solo scopo di condividerli con chiunque voglia, per migliorare la nostra comprensione dei fenomeni oggetto di studio, per fornirne letture ed interpretazioni scientificamente valide, sicuramente parziali, ma quanto più possibile complesse, fondate, libere ed originali: slegate dunque, da qualsiasi tradizione accademica o ideologia precostituita che risulti infondata. Nello specifico sono stati presentati due lavori di ricerca a cura della <red>azione di Radioazioni, di cui il primo dal titolo “Costa D’Avorio: dal fallimento della via africana al capitalismo, al rilancio della Franciafrica” ed il secondo, “Perchè Hamas?”, nel quale, grazie ad un uso diversificato e consapevole delle risorse di rete, abbiamo provato ad argomentare in merito alla complessità ed alla drammaticità della “questione israelo-palestinese”, di cui bandiera e installazione erano solo una appendice simbolica che avrebbe dovuto invitare al dibattito, pure sul sionismo che di quella terra ci appare oggi tra i peggiori mali, ma affatto una provocazione anti-israeliana e men che meno una rivoltante denigrazione antisemita, al cui solo pensiero inorridiamo. Del resto, di questa specifica installazione, faceva parte materiale video e fotografico raccolto durante le azioni di interposizione pacifiche promosse, in Palestina, in Moldavia ed altrove, dall’assessorato alla cooperazione e ala pace della Provincia di Napoli. Ancora, l’installazione comprendeva un manichino-soldato, facendo chiaro riferimento alla situazione di occupazione, per cui il sangue sulla bandiera (strumentalizzato sui media ufficiali nel doppio senso di Israele assassino che versa il sangue dei Palestinesi o, addirittura, del sangue degli ebrei da versare per cancellare Israele, rievocando odiosi fantasmi che ci atterriscono) era riferito a tutte le vittime innocenti causate da questa occupazione stessa.
E dire che sui media ufficiali siamo apparsi come dei nazisti, paragonati al presidente iraniano Ahmadinejad, noi, non violenti per definizione, che tentiamo, nel nostro piccolo, di opporci ad ogni ingiustizia commessa contro chiunque, in qualsiasi parte del mondo, qui nel centro storico di Napoli (dove si trova la nostra università) così come in Palestina (dove muri, terrorismo di stato, bombardamenti e attentati quotidianamente insanguinano la vita di decine di persone, dell’una e dell’altra parte) ed in qualsiasi altra parte del mondo dove tentiamo timidamente di portare il nostro messaggio di rispetto, confronto, crescita.
Sempre durante la seconda giornata, nel pomeriggio, si è tenuta una assemblea sul tema della digitalizzazione delle tecnologie e sui conseguenti impatti, non sempre positivi, che esse comportano per ciò che concerne l’accesso alle risorse per la ricerca scientifica, la produzione di saperi, nonché la circolazione di conoscenza in generale; anche questo dibattito ha visto la partecipazione di molti studenti, di due docenti della Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Arturo Di Corinto e Marco Guadagnino, ed inoltre di due ricercatrici dell’Istituto Italiano di Scienze Umane, signore Gia Caglioti e Clara Ciccioni: anche da questa assemblea, così come da tutte le attività da noi proposte durante la due giorni, sono emersi molti spunti positivi di riflessione, di critica e di approfondimento, tutti espressi liberamente e nel massimo rispetto, formale e sostanziale, degli interlocutori presenti. La seconda giornata è terminata anch’essa con delle “performances” teatrali ed artistiche, con la mostra di video, cortometraggi e filmati che, al contrario di quanto sostiene Furio Colombo di “Sinistra per Israele” in un articolo pubblicato sul sito internet http://www.lehaim.org e ripreso dalla “Repubblica” e dal “Corriere della Sera” del giorno 14 giugno in cui si richiede una interrogazione parlamentare, lungi dal rappresentare contenuti antisemiti, proponevano immagini di territori (tipo le favelas di Rio De Janeiro o altri luoghi) in cui la miseria e lo sfruttamento sono altrettanto palesi e stringenti, e per questo da noi decisamente condannati. Una festa con differenti sound musicali, ha poi concluso l’evento e lanciato pubblicamente, in maniera ludica, il progetto Radioazioni.
Possiamo adesso scrivere e provare a chiarire (sperando che la voluta strumentalizzazione mediatica che abbiamo subito ci sia risparmiata almeno questa volta) in merito alla installazione del check point israeliano che conteneva la bandiera oggetto di tante, volgari, strumentali polemiche che in questi giorni hanno riempito, con nostro immenso quanto sgradito stupore, colonne di quotidiani locali e nazionali, nonché di vari siti web di differente ispirazione e natura.
Innanzitutto vogliamo sottolineare che questa installazione (da qualcuno definita “artistica”, ma se preferite possiamo chiamarla politico-comunicativa) era pensata, così come tutte le altre iniziative da noi proposte all’interno di questa due giorni, come un’opera “work in progress”, alla cui elaborazione potesse partecipare chiunque liberamente; continuando, dunque, va detto che la bandiera da noi posta sull’installazione oggetto di discussione, non mostrava alcun segno di “manomissione”; successivamente, durante il corso della giornata, alcuni studenti, spontaneamente, hanno deciso di aggiungere della vernice spray rossa alla bandiera suddetta, a significare (in completa armonia con le dichiarazione del premier israeliano Olmert circa le morti di civili palestinesi causati dalle operazioni militari, svolte dal suo esercito di occupazione nei Territori Palestinesi) il proprio accorato rammarico per il sangue versato ingiustamente da civili innocenti in terra di Palestina, arabi, ebrei e cittadini di altre nazionalità che a causa di questo conflitto hanno perso la vita o sono rimasti feriti (vedi pacifista americano contro il muro sparato con i pallini di gomma e poi schiacciato dai blindati israeliani). Abbiamo così ritenuto questo gesto un atto palese di comunicazione libera, affatto inteso ad offendere un popolo ed un suo simbolo, quanto a stimolare una riflessione critica, matura e laica sulla “questione mediorientale”, tragedia irrisolta del nostro tempo, troppo spesso mistificata e strumentalizzata in un senso solo dall’apparato mediatico-politico; avremmo auspicato che esso avesse stimolato un serio dibattito, così come avremmo gradito qualsiasi intervento di opinione contraria, presso le nostre installazioni e durante le conferenze tematiche (come del resto è puntualmente avvenuto, naturalmente e per fortuna), piuttosto che ricevere provocazioni ed ingerenze indebite, sfociate in ogni sorta di denigrazione ed offesa nei comunicati ufficiali, terminate addirittura in una assurda quanto probabile richiesta di interrogazione parlamentare: ci terremmo particolarmente a rassicurare il signor Ministro dell’Università, gli organi inquirenti, il Rettore, gli studenti ed i nostri ascoltatori, quanto e soprattutto la comunità ebraica italiana che qualsiasi vergognoso atto antisemita e, per estensione razzista, risulterebbe a noi odioso quanto a lor signori e troverebbe la nostra ferma e decisa condanna e opposizione: stanno a dimostrarlo le nostre relazioni personali, le nostre pratiche politiche, nonché i contenuti da noi trasmessi durante l’evento in questione e, quotidianamente, sulla nostra radio.
Tutta la manifestazione da noi organizzata infatti, era strutturata, secondo quanto già scritto, come uno spazio-tempo liberato all’interno del quale ognuno, dal basso, potesse sviluppare i propri contenuti comunicativi ed agire la propria forma di informazione, uno spazio nel quale chiunque fosse, ad un tempo, fruitore e produttore-diffusore di comunicazione e di informazione libera, rivendicando per tutti un ruolo attivo nei processi di comunicazione, specularmente opposto a quello passivo, imposto dai grandi broadcasting trans-nazionali, capaci di tacere, essi si, le grandi tragedie del nostro tempo (su tutte quelle africane) e di montare un caso virtuale su di un simbolo, il cui significato è stato, volutamente, completamente stravolto, mentre intanto sulla spiaggia di Gaza morivamo bambini bombardati da elicotteri Apache veri, versando, purtroppo, sangue vero; ancora i giornali del 14 giugno, gli stessi che “inciuciano” sulla “questione bandiera” (divenuta un nuovo caso nazionale grazie all’insulsaggine, alla vacuità ed alla “malafede” dei media ufficiali), raccontano di razzi sparati da elicotteri israeliani su ambulanze palestinesi, vili agguati spacciati per “attacchi mirati” ai terroristi, nell’ultimo dei quali sono morti due bambini palestinesi: perché nessun parlamentare italiano chiede una interrogazione su questo? Perché Furio Colombo, l’ex ministro delle comunicazioni Landolfi (ma guarda un po’), l’ambasciatore israeliano in Italia (il quale ci ha suggerito di rimanere a casa a guardare i mondiali, ed al quale rispondiamo che lo stiamo già facendo, Murdoch e Sky tv permettendo, e che speriamo trovi il tempo di farlo anche lui, aspettando insieme che la nazionale israeliana impari a giocare meglio al calcio, qualificandosi alla fase finale della competizione mondiale, mentre intanto i cecchini israeliani prendono sempre meglio la mira contro i villaggi palestinesi ed i caterpillar funzionano altrettanto bene nella demolizione delle case dei parenti di presunti terroristi, con loro dentro!), il coordinatore dei verdi, i gracidanti pulcini azzurri di Forza Italia (che ci hanno concesso l’onore di una contro-manifestazione alla club “gli amici di topolino” con tanto di spilla), l’assessore Porta e quant’altri, compreso il nostro Rettore ed i nostri presidi di facoltà, alimentano, con le loro rispettive per quando diverse prese di posizione, questa ignobile mistificazione, contrabbandando un intero evento politico, didattico, comunicativo e culturale con presunti fantasmi nazisti e rigurgiti antisemiti che condanniamo fermamente?
Altro e ben più complesso discorso ci sarebbe da fare intorno alla questione dell’antisionismo che, senza alcun riferimento alla negazione del diritto all’esistenza dello Stato di Israele perorata da Hamas e dal governo iraniano, rivendichiamo invece pienamente considerando il sionismo, alla stessa maniera dell’imperialismo (inteso come l’insieme delle politiche di conquista) statunitense ed europeo nell’area, e del terrorismo indiscriminato contro i civili di matrice islamico-fondamentalista, tra i mali peggiori e tra le cause più dirette della attuale tragica situazione in Palestina; a questo proposito vorremmo permetterci di segnalare la consultazione di alcuni testi e di alcune fonti elettroniche (rintracciabili sul nostro sito all’interno della categoria medioriente) che trattano esplicitamente,ed in maniera fondata e sostanziata da dati incontrovertibili, della questione, limitandoci a suggerire in questo contesto M. Massara, “La terra troppo promessa. Sionismo, imperialismo e nazionalismo arabo in Palestina”, Edizioni Teti, Milano, 1979; G. Paciello, “Quale processo di pace? Cinquant’anni di espulsioni e di espropriazioni di terre ai palestinesi”, Edizioni CRT, Pistoia, 1999; dal momento che per esprimere giudizi fondati e che abbiano un valore euristico, tanto più intorno a questioni talmente delicate, critiche e complesse, riteniamo sia necessario documentarsi preventivamente, studiare approfonditamente e confrontarsi apertamente. E senza pregiudizi!
Per concludere, vogliamo affermare che rifiutiamo in maniera forte e decisa, e a voce alta, la strumentale e preoccupante speculazione mediatica, politica e culturale della quale siamo oggetto in questi giorni sugli organi di stampa nazionale e presso istituzioni politiche di ogni sorta. Tutto ciò ci pare molto pericoloso per la libertà, la completezza e la obiettività dell’informazione ufficiale, sarebbe a dire per la effettiva democraticità del sistema politico italiano, e ci conferma la vacuità e la inconsistenza della cosiddetta società della comunicazione, i cui agenti strutturanti sono capaci di creare performativamente un evento virtuale da un simbolo decontestualizzato, precedentemente alterato di significato. Ancora, quanto accaduto, se da un lato ci fa quasi sorridere sorpresi, dall’altro ci conferma la veridicità e la giustezza delle tematiche da noi affrontate durante la due giorni in merito alla libertà di informazione e di espressione, suggerendoci una risposta a come sia possibile che l’Italia figuri soltanto alla settantasettesima posizione nella classifica ufficiale sulla libertà di informazione stilata da Freedom House.




<red>azione Radioazioni

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