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11 Marzo, condanne pesanti e ingiustificate
by dal manifesto Friday, Jul. 21, 2006 at 11:07 AM mail:

Il processo contro gli arrestati per gli incidenti di corso Buenos Aires si è concluso con 18 condanne a 4 anni per devastazione e 9 assoluzioni. Concessi gli arresti domiciliari per tutti Non sono state individuate responsabilità personali, ma è stato accolto il teorema dell'accusa basato sul «concorso morale» e otto innocenti sono rimasti in carcere quattro mesi. Precedente inquietante, si sottolinea a sinistra.

Una sentenza di compromesso, che ha ben poco a che vedere con la giustizia. Si conclude così il processo contro i 29 manifestanti antifascisti arrestati per gli incidenti dell'11 marzo in corso Buenos Aires: quaranta minuti di fronteggiamento con la polizia, due vetrine a pezzi, un negozio di An in fiamme e qualche macchina bruciata. Poco dopo il centro di Milano venne deturpato dalla parata nazifascista della Fiamma tricolore al grido di «boia chi molla». Da quel giorno 25 ragazze e ragazzi, tra venti e trent'anni, sono rimasti chiusi in carcere. Ieri il giudice per l'udienza preliminare, Giorgio Barbuto, ne ha condannati 18 a quattro anni di detenzione da scontare agli arresti domiciliari per lesioni, incendio e soprattutto devastazione e saccheggio, e ne ha assolti nove. Altri due hanno patteggiato e sono stati condannati rispettivamente a un anno e a 50 euro di multa. Dopo la sentenza, il presidio di fronte a palazzo di Giustizia si è trasformato in un corteo di 300 persone che ha raggiunto piazza Duomo. Poi a San Vittore e Bollate ad aspettare la scarcerazione.
Significa, innanzitutto, che otto innocenti hanno passato quattro mesi di carcere preventivo solo perché quel giorno sono state fermate in corso Buenos Aires. Un abuso che da solo spiega la natura tutta politica di questo processo basato sulla ambigua nozione giuridica di «concorso morale». Per il pm Piero Basilone basta aver partecipato alla manifestazione per essere direttamente colpevoli degli incidenti, senza bisogno di dover dimostrare alcuna responsabilità personale. Si è voluto colpire nel mucchio, a volte sulla base di qualche foto, in altri casi senza alcun elemento di prova. Bisognava punire i teppisti come gridavano i media e come voleva buona parte del mondo politico, di destra, centro e sinistra. Così è stato fatto. E' difficile spiegare ai genitori dei ragazzi assolti - in questi mesi hanno fatto di tutto perché non venissero dimenticati - che i loro figli si sono fatti mesi di galera per niente. Una ragazza, ad esempio, è rimasta in carcere perché avrebbe portato dell'acqua ai manifestanti.
«Finalmente una sentenza non solo giusta ma anche educativa - ha commentato l'ex guardasigilli leghista Castelli - tutti questi facinorosi che pensavano di ottenere l'immunità per il semplice fatto di devastare una città quali esponenti di sinistra ricevono una severa lezione. Spero che i magistrati di Genova che stanno svolgendo il processo sul G8 tengano conto di questa sentenza». Quanti anni dovrebbero allora dare ai «torturatori in divisa» di Bolzaneto?, chiede Vittorio Agnoletto. Pochi giorni fa anche il pm Basilone ai giornali parlava di «compito educativo» delle famiglie. C'è da chiedersi quale compito educativo abbia avuto questa vicenda e come possano queste famiglie spiegare quanto avvenuto ai loro figli innocenti. Ieri questi genitori non sono stati neppure ammessi in aula per ascoltare la sentenza, il gup ha letto il verdetto senza alzarsi in piedi e senza parlare «a nome del popolo italiano». I genitori, scandalizzati, hanno inviato una lettera al presidente della Repubblica, definiscono la sentenza «devastante per la nostra Costituzione».
Qualcuno l'11 marzo ha bruciato le auto e rotto le vetrine. Ma questo processo non è stato in grado di dire chi. Lo si è capito con chiarezza ascoltando le udienze. Lo dimostra il fatto che, in attesa delle motivazioni, sia difficile capire cosa distingue gli assolti dai condannati e soprattutto perché le pene comminate non fanno distinzioni: 4 anni indiscriminatamente per tutti. L'impressione è che fosse più importante creare un precedente giuridico: tutti sono stati condannati in concorso morale per devastazione e saccheggio, un reato che risale agli anni Trenta, quasi mai applicato in processi politici e assolutamente sproporzionato rispetto a quanto accaduto in corso Buenos Aires. «Il ricorso ad accuse gravi ed improprie viene ormai teorizzato in diversi procedimenti - ha commentato il consigliere regionale del Prc Luciano Muhlbauer - e sempre in casi di manifestazioni politiche. Occorre aprire nel paese e nelle istituzioni una battaglia di civiltà per impedire l'affermarsi di una visione della giustizia subordinata alla politica».
Certo, viste le accuse, poteva andare peggio. Il pm aveva chiesto pene da 8 a 9 anni, ridotte da 5 anni e 8 mesi a 6 anni solo in virtù del rito abbreviato. La sentenza del gup dà un colpo al cerchio e uno alla botte, assolve pochi e condanna molti, conferma l'accusa di devastazione eppure concede gli arresti domiciliari. Per questo Mirko Mazzali, avvocato della difesa, tutt'altro che soddisfatto, ha detto: «E' un primo passo verso l'accertamento della verità. Anche rispetto alle condanne di cui attendiamo le motivazioni e contro cui faremo appello». Almeno i condannati sono fuori dal carcere, anche se ora per loro e per le loro famiglie inizia un altro calvario per ottenere giustizia.



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