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“Lavoratori e lavoratrici informatici&che uniamoci”
by Incontrotempo3 Monday, Oct. 16, 2006 at 9:56 AM mail:

Per condividere esperienze lavorative nel mondo dell'informazione tecnologica, per valorizzarle da un punto di vista socio-politico, per cospirare di nuove tattiche e nuovi strumenti di difesa della nostra tutela psicofisica, per rivendicare vecchi diritti e soprattutto immaginarne di nuovi.

Questo il testo da cui vorremmo partire:
Lavorare nell'informazione tecnologica.
Nonostante vi siano relazioni interessanti da indagare tra i vari tipi di lavoro, abbiamo deciso di soffermare la nostra attenzione sul lavoro informatico, per restringere l'ambito che altrimenti sarebbe troppo vasto.
Il mondo dell'informatica è indubbiamente privilegiato rispetto ad altri settori lavorativi, nel senso che offre molte più opportunità. Allo stesso tempo aumenta anche l'entità dello sfruttamento. Le percentuali di profitto netto in alcuni casi sono esagerate persino per la teoria economica classica (rapporti uno a 20 tra remunerazione dei dipendenti e introito dell'azienda).
L'obiettivo generale che ci prefiggiamo è di creare una coscienza di classe, basata sulla costruzione di strumenti di tutela del/nel nostro lavoro e di stimolo per l'autogestione dello stesso.
Perché non ci piace lavorare in un'azienda for profit
1) E' basata su dinamiche gerarchiche (non c'è spazio per partecipazione e consenso)
2) Risolve i conflitti interni ed esterni con il ricorso a strumenti legali coercitivi
3) Organizzazione verticista del lavoro
4) Relazioni interne disumanizzanti
5) Impiantata sull'ideologia neoliberista
6) Pratica il ricorso sistematico all'outsourcing al solo scopo di profitto, senza generare il valore aggiunto che discende dalla collaborazione
7) Produce contenuti e strumenti non aperti e non liberi (es., codice proprietario), oppure sfruttano il software libero senza contribuire al suo sviluppo e senza aderire alla sua filosofia
8) Ha clienti con i quali ci troviamo a disagio (es., signori della guerra, dello sfruttamento, della repressione)
1. Fino a che livello l'obiezione di coscienza può essere praticata? Fino a dove è corretto ed efficace risalire la catena di clienti e
fornitori?
2. Possono gli strumenti di social accountability essere
efficaci in questo contesto?
9) La qualità del lavoro è molto bassa:
1. retribuzione fortemente differenziata tra dipendenti e sperequata con i capi
2. sfruttamento e precariato
10) La qualità del prodotto è pessima
1. viene seguita la legge del massimo profitto col minimo costo 2. una sua misura può essere il rapporto tra funzionalità e accessibilità (es.: Java è puramente funzionale: accresce la produttività lorda, diminuisce la qualità netta e contribuisce al consumismo hardware)
11) Viene praticato un controllo repressivo dei dipendenti (mail e web sotto controllo)
12) Si ingenerano dinamiche in base alle quali chi è in grado di prendersi e far valere i propri diritti riesce ad avere un trattamento dignitoso, chi non ci riesce, per indole o abitudine, si ritrova schiacciato
13) E' estremamente facile in determinati momenti maturare una anche forte disaffezione dal lavoro che porta al sabotaggio
Proposte che porteremo ad Incontrotempo:
Pensiamo ad una nuova forma di lavoro che non riproduca le dinamiche perverse che abbiamo descritto e favorisca etica e qualità, interne ed esterne. Il diritto societario italiano ci dà fondamentalmente tre possibilità di azione compatibili con i nostri obiettivi: la cooperativa (nelle sue varie forme), l'associazione (nelle sue varie forme), il gruppo informale (che lascia libertà totale in quanto non è regolato).
Schematizzando al massimo, la militanza può essere espressa nella maniera più forte in un gruppo informale e cala progressivamente passando per l'associazione e infine nella cooperativa. Viceversa, le possibilità di lavoro stabile sono maggiori in una cooperativa e via via decrescenti in un'associazione e infine in un gruppo informale. A grandi linee, in una cooperativa si lavora, in un'associazione si fa del volontariato, in un gruppo informale si fa conflitto. Naturalmente, sia in teoria che in pratica, esistono forti intersezioni tra questi ambiti, a tutti i livelli, per cui anche una cooperativa può fare militanza e anche un gruppo informale può generare lavoro.
E' anche vero che le forme del diritto societario sono inadeguate perché sono pensate per un mondo che è nel frattempo profondamente cambiato, per cui le nostre idee devono essere forzatamente inserite in uno schema spesso inefficiente. Ad esempio, le certificazioni spesso si riducono ad un'etichetta priva di reali garanzie di professionalità. Oppure il decisionismo dei Consigli di Amministrazione, che non prevede modalità partecipative ne' esprime decisioni condivise collettivamente, ma è previsto dalla legge.
Alcuni strumenti (work in progress):
o Corsi di orientamento per creare “la tua cosa“ (come si scrivono
progetti, si cercano bandi, quali sono le leggi, ecc.)
o How-to dell'autogestione del lavoro
o Proto-consorzio delle realtà interessate o che si sono già mosse in
questo senso
o Esperienze degli Incubatori e degli strumenti nati per l'emancipazione
o Portale che riassuma il lavoro fatto e che contenga:
o risorse
o forum
o materiali
o news
o sportelli informativi

appuntamento ore 12.00@Incontrotempo

tavola rotonda proposta da bugslab.net

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