SIAMO TUTTI DISERTORI!
Le celebrazioni del 4 novembre di quest’anno difficilmente potranno essere dimenticate. Oggi, oltre alla tradizionale parata militare, Bergamo ha visto sfilare per la città la parata dei disertori.
Due “memorie” opposte e divergenti si sono affrontate per le strade della nostra città: i “loro” eroi, quelli che combatterono per l’onore della patria (o per una guerra di conquista, che dir si voglia), e i nostri eroi, coloro che ebbero il coraggio di combattere per affermare le imprescindibili istanze della propria coscienza e che pagarono, talvolta al prezzo della propria vita, il rifiuto di uccidere altri esseri umani.
Abbiamo ritenuto complice il silenzio adesso che l’ombra della guerra incombe tetra, come in un passato non troppo distante, sul futuro dell’umanità. Non possiamo tacere laddove ridondanti richiami all’unità nazionale, in un giorno come questo, stridono con quei precetti su cui la repubblica nata dalla Resistenza trae le proprie origini.
La mancanza di memoria storica, mentre supporta la costruzione di questa bellicosa identità nazionale, legittima le guerre del presente riabilitando quelle del passato e si trasforma sotto i nostri occhi in una memoria distorta: così un aviatore che gassava la popolazione etiope per soddisfare le ambizioni di conquista del regime fascista, diventa un eroe cittadino, una vittoria bellica diventa motivo d’unità nazionale, la pace diventa guerra e la guerra diventa pace.
Affermare tutto questo il 4 novembre è un’urgenza alla quale non abbiamo potuto sottrarci. Le ripercussioni a cui, con il sorriso di chi ha ragione (e soprattutto ragioni), siamo consapevolmente andati incontro, illuminano di per sé su quanto le contraddizioni della loro guerra e della loro pace debbano rimanere taciute, affinché le loro motivazioni non possano essere miseramente sconfessate.
A dimostrazione di ciò la giornata di oggi esige una cronaca eloquente.
FATTI (NOSTRI) E MISFATTI (LORO) DI UNA CELEBRAZIONE DI GUERRA
Già dal concentramento la questura dimostrava le proprie intenzioni schierando un nutrito numero di carabinieri e polizia in assetto antisommossa che, dalle prime battute, manganelli alla mano, circondavano la parata dei disertori. Mentre un’autovettura della polizia impediva al furgone della parata di partire, giungeva l’assurdo divieto di utilizzare il furgone stesso con l’impianto musicale (cosa mai accaduta a Bergamo). Sbrigativamente veniva spiegato dal vicario della questura che veniva fatto assoluto divieto di ricorrere a qualsiasi strumento in grado di riprodurre dei suoni, o di amplificare le voci. In particolare veniva spiegato come le lattine di birra ospitate dal furgone potevano rappresentare pericolose armi nelle mani dei facinorosi. Nonostante questi miseri tentativi della questura di circoscrivere la portata dell’iniziativa, 300 disertori attraversavano con determinazione viale papa Giovanni XXIII, raggiungendo in breve tempo largo Porta Nuova: la parata militare era ormai a poche centinaia di metri. A questo punto la parata, di fronte al cordone di poliziotti, era impossibilitata a proseguire il proprio percorso e si trovava schiacciata lateralmente anche da un cordone di carabinieri: qualunque agibilità veniva democraticamente negata. A questo punto è stato lo spontaneo investimento dei partecipanti alla parata a vincere l’”abbraccio” delle forze di pubblica sicurezza. La parata decideva a questo punto di autodisperdersi consegnando ai 300 disertori quella libera iniziativa caotica e spontanea che ha reso la giornata eccezionale. A gruppetti, i 300 disertori, decidevano di recarsi presso la parata militare e le celebrazioni istituzionali, da liberi cittadini quali credevano di essere. La risposta delle forze di pubblica sicurezza era tanto scomposta quanto assurda: la polizia caricava i liberi cittadini (e cittadine) disertori senza riuscire tuttavia a disperdere i vari gruppetti di studenti, intimando a tutti di tornarsene a casa, ma al tempo stesso non permettendo loro di andarsene e distribuendo anzi manganellate e spintoni ai e alle presenti. La situazione assumeva a questo punto dei contorni grotteschi, dove ispettori di polizia, a cui la situazione era visibilmente sfuggita di mano (in conseguenza della gestione aggressiva della piazza che la questura aveva messo in pratica) correvano da una parte all’altra di via Tiraboschi, dimostrando di non sapere letteralmente come comportarsi. L’episodio più grave è l’aggressione di una ragazzina da parte di due agenti della polizia in tenuta antisommossa (uno dei quali, senza nulla aggiungere, decisamente esagitato); sottratta la ragazzina dalle loro grinfie e legittimamente apostrofati i due agenti come codardi, i e le giovani presenti venivano fatti oggetto di provocazioni verbali (e non), che poco hanno a che vedere con la gestione dell’ordine pubblico. Contemporaneamente un gruppo di 50 disertori riusciva ad oltrepassare lo schieramento dei carabinieri, giungendo a ridosso della parata militare al grido di “siamo tutti disertori”. Quest’ultimi venivano spintonati e manganellati dai carabinieri, che requisivano loro persino lo striscione, ma nonostante ciò riuscivano a ricompattarsi con il resto dei disertori terminando la manifestazione con un sit-in in Porta Nuova.
Collettivo Studenti Autonomi Zeta Antifa Bergamo
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