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Esercito professionale e pubblicitari professionisti
by Adriano Gianturco Gulisano Monday, Nov. 13, 2006 at 7:33 PM mail: adrianogg@email.it

"L’eccezione diventa regola, d’obiezione di coscienza non se ne parlerà più. L’esercito italiano diventa di professione e arruolarsi sarà una scelta. Sembra quindi tutto perfetto. Ma anche la migliore delle soluzioni porta con sé involontarie conseguenze negative, perché, anche in questa vicenda, torna alla ribalta il labile confine tra costrizione e persuasione. I volontari, quindi, bisogna cercarli, invogliarli, sedurli. L’esercito scende in campo e dovrà vendersi, pubblicizzarsi. “Lo zio Sam” in versione spaghetti e mandolino è pronto a dire il suo “I want you”. Già se ne vedono le prime conseguenze, gli spot pubblicitari si moltiplicano, in tv compaiono elicotteri e soldati ben equipaggiati, con slogan ammiccanti in perfetto stile holliwoodiano."

Esercito professionale e pubblicitari professionisti

Spesso tacciata di incostituzionalità e a volte definita contro la physis delle leggi di natura, la leva obbligatoria, in Italia va in congedo. La più pervasiva e viscerale delle incombenze stataliste ha sciolto le righe. Il concetto di proprietà privata che l’uomo implementa sui beni, ha trovato effettività anche sull’uomo stesso. Lo Stato si ritira, assicura la decolonizzazione dell’individuo e lo slogan femminista “io sono mia” si estende anche agli uomini (i soli per i quali la legge prevedeva l’obbligatorietà della coscrizione). Il motto, il principio è reso effettivo: “io sono mio”. Lo Stato ha tolto i picchetti e le stellette dai nostri corpi e riconosce l’autodeterminazione dei corpi e delle menti. L’eccezione diventa regola, d’obiezione di coscienza non se ne parlerà più. L’esercito italiano diventa di professione e arruolarsi sarà una scelta. Sembra quindi tutto perfetto.

Ma anche la migliore delle soluzioni porta con sé involontarie conseguenze negative, perché, anche in questa vicenda, torna alla ribalta il labile confine tra costrizione e persuasione. Adesso, come nelle migliori società libere, sarà quest’ultima l’unica ad avere spazio, ma mettere in guardia da essa non nuoce.
Negli ultimi giorni della naia, si diceva: “l’esercito diventa professionale” e già si intendeva “professionalizzante”, “professionista”. Il passo verso la caccia alla recluta è breve. Lo Stato non assicura più migliaia di giovani ogni anno in fila, molti dei quali dopo sceglievano di proseguire quella carriera. I volontari, quindi, bisogna cercarli, invogliarli, sedurli. L’esercito scende in campo e dovrà vendersi, pubblicizzarsi. “Lo zio Sam” in versione spaghetti e mandolino è pronto a dire il suo “I want you”. Già se ne vedono le prime conseguenze, gli spot pubblicitari si moltiplicano, in tv compaiono elicotteri e soldati ben equipaggiati, con slogan ammiccanti in perfetto stile holliwoodiano.

Oltre l’esercito regolare della pubblicità ufficiale, opera anche l’intelligence della pubblicità occulta. E così i servizi giornalistici, ammantati dal velo della notizia, intensificano i collegamenti tv con basi militari e con un inviato sul posto a spiegare e mostrare i nuovi ritrovati della tecnologia in dotazione ai reparti armati. Il confine tra notizia e pubblicità diventa labile.

Nulla toglie e nessuno obietta che l’Esercito Italiano possa anche rivolgersi a specialisti della comunicazione e pubblicitari professionisti. Questa non vuole essere né una critica né un urlo di timore, anche le altre forze armate sono professionali e devono cercare volontari. Addirittura sono, sempre di più, soggetti di fiction e telefilm, ma credo possa essere condivisibile un appello alla trasparenza. Un intervento legislativo regolatore. Per la vicenda dell’uranio impoverito, ad esempio, abbiamo già assistito alle divergenze di dati e dichiarazioni riportati dai corpi dell’esercito e dai singoli soldati ammalati. Si tratta, quindi, di un argomento delicato in cui oltre alla ragion di Stato, d’ora in poi, potrebbero intrecciarsi altri interessi.

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