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Infortuni sul lavoro:
by il collettivo calabrese Sunday, Nov. 26, 2006 at 4:52 PM mail: pc-rol-calabria@libero.it

la mattanza giornaliera

A metà ottobre è stata istituita una "Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro", questa Commissione inizierà i lavori dopo l'approvazione della Finanziaria 2007. L'istituzione di questa Commissione si è resa necessaria in relazione alle migliaia di morti sul lavoro, dell'altissima incidenza di malattie professionali e di invalidità permanente che ormai in modo costante si verificano in questo Paese (anche se negli altri Paesi europei non va affatto meglio).

Sul piano normativo si considera infortunio ogni evento avvenuto per "causa violenta in occasione di lavoro", da cui sia derivata la morte o un'inabilità permanente al lavoro, assoluta o parziale, ovvero un'inabilità temporanea assoluta che importi l'astensione dal lavoro per più di tre giorni; mentre si considera malattia professionale quella contratta nell'esercizio e a causa della lavorazione alla quale il lavoratore è adibito. Il crescente utilizzo nell'industria e in agricoltura di sostanze chimiche pericolose o cancerogene ha contribuito alla crescita esponenziale di "tumori professionali" (circa 4000 casi ogni anno), benché nel campo delle malattie professionali non devono essere sottovalutate le altre patologie non neoplastiche.
Ad oggi non c'è in Italia un testo unico che tutela la salute e la sicurezza dei lavoratori, sono presenti diverse norme (Dpr 547/55, Dpr 303/56, Dlgs 277/91, Dlgs 626/94, ecc) che affrontano in modo disorganico la questione, peraltro queste stesse norme, ambigue ed insufficienti, sono frequentemente derogate, in peggio dal punto di vista dei lavoratori, da altrettante norme regionali e comunali.
Ne consegue una babele di leggi e regolamenti in cui a farne le spese sono i lavoratori a tutto vantaggio di imprenditori senza scrupoli e di quei funzionari e dirigenti delle Aziende sanitarie locali, addetti al controllo degli ambienti di lavoro, compiacenti.
Oltre a questo quadro normativo sfuggente, per comprendere l'attuale stato degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali dobbiamo richiamare il peggioramento delle condizioni di lavoro e di vita dei lavoratori determinati dalla progressiva precarizzazione dei rapporti di lavoro introdotta in questi anni con le leggi Treu e Biagi; dalla ricattabilità dei lavoratori immigrati determinata dalle leggi Turco-Napolitano e Bossi-Fini; dalla flessibilità e dall'allungamento degli orari di lavoro (proprio in questi giorni è in discussione nella Commissione Europea la nuova direttiva sugli orari di lavoro che secondo alcuni paesi europei dovrebbe includere lo opt-out individuale, cioè il prolungamento "volontario" dell'orario di lavoro fino a 65 ore settimanali su una media di tre mesi, le 48 ore settimanali calcolati su una media annuale, l'esclusione dal conteggio dell'orario di lavoro delle fasi inattive dei turni di guardia); dall'aumento della frequenza dei turni senza riposo e dei straordinari; dalla tendenza all'esclusione dei dispositivi di sicurezza allo scopo di aumentare i ritmi di lavoro e la produttività; dalla mancanza di informazione ai lavoratori sui rischi per la salute presente nell'ambiente di lavoro. A tutto questo deve aggiungersi che la conformazione del sistema produttivo italiano, in cui prevale la piccola impresa, contribuisce ad aggravare il fenomeno infortunistico e l'incidenza delle malattie professionali.
Accanto a queste condizioni oggettive e normative dobbiamo richiamare il crescente disinteresse sindacale, notevole in questi decenni, per la lotta per la salute e la sicurezza negli ambienti di lavoro e per una seria politica di prevenzione.
La conseguenza di questo quadro sociale e normativo è che l'andamento degli infortuni mortali sul lavoro, per considerare solo l'inizio di questo millennio e quindi a partire dal 2000 ci consegna, ormai con tragica stabilità, una media di quattro morti sul lavoro al giorno, in genere relegati nelle pagine di cronaca dei giornali locali, mentre l'entità complessiva degli infortuni sul lavoro si attesta intorno ad un milione di eventi l'anno.
I dati parziali dei primi nove mesi dell'anno in corso parlano di 875602 infortuni sul lavoro di cui 877 morti e 21890 invalidi permanenti: una vera e propria guerra al lavoro salariato.
Tra i lavoratori quelli più colpiti sono gli immigrati, che presentano una frequenza di infortuni tre volte superiore ai lavoratori italiani; tra tutte le fasce d'età i giovani (18-34 anni) contribuiscono per circa il 50% degli infortuni; tra le differenti condizioni lavorative, i lavoratori precari (interinali, somministrati, a progetto, ecc) negli ultimi anni hanno subito il raddoppio del numero di infortuni. Tra i diversi settori produttivi l'edilizia contribuisce per circa il 40% di infortuni sul lavoro, anche se il dato reale è largamente sottostimato. Il 12% degli infortuni in edilizia, spesso gravi e mortali, viene denunciato al primo giorno di lavoro, segno evidente di una realtà fatta di lavoro nero, precarietà, super sfruttamento da parte di un padronato senza scrupoli, espressione in alcune regioni (Sicilia, Calabria, Campania) di settori di borghesia mafiosa. Ed è proprio nelle regioni meridionali che si registra la più alta percentuale di infortuni mortali. Dopo l'edilizia seguono i comparti metalmeccanico e minerario, i trasporti, i servizi (imprese di pulizia), il commercio e l'agricoltura.
In mancanza di una forte risposta di classe, questo quadro non può che aggravarsi. La Commissione parlamentare d'inchiesta forse farà una fotografia più nitida del fenomeno infortunistico, ma non risolverà il problema.
Per dare una risposta adeguata a questa grave questione è necessario costruire una sinistra di classe nei sindacati: la formazione dei delegati alla sicurezza, la presa di coscienza di tutti i delegati e dei lavoratori dell'importanza della prevenzione dei fattori di rischio per la salute negli ambienti di lavoro è centrale per ridurre fino ad eliminare questa mattanza giornaliera. I servizi di controllo negli ambienti di lavoro dei Dipartimenti di Prevenzione delle Aziende sanitarie locali e i medici competenti aziendali devono essere sottoposti al controllo dei lavoratori.
Queste rivendicazioni sulla salute e la sicurezza negli ambienti di lavoro, assieme all'eliminazione dei fattori sociali favorenti, costituiscono parte essenziale della piattaforma rivendicativa che Progetto Comunista Rifondare l'Opposizione dei Lavoratori avanza nelle lotte e nelle mobilitazioni.

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