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deportazione palestinesi
by reb Sunday, Jan. 19, 2003 at 11:24 PM mail:

ipotesi reale in caso di guerra ;intervista

Israele e la teoria del "Transfer di massa"


Corriere della sera - 21 settembre 2002

Lorenzo Cremonesi

Lo storico israeliano Morris: «La destra e i coloni sono convinti che l’unica pace possibile sia quella senza i palestinesi: un transfer di massa»

«Se il Medio Oriente fosse sconvolto da un grande conflitto quest’ipotesi potrebbe diventare realtà»

L’eventuale epilogo della guerra infinita tra israeliani e palestinesi? «Il transfer , cioè il trasferimento forzato di centinaia di migliaia di palestinesi dalle regioni sotto controllo israeliano verso i Paesi arabi», ipotizza lo storico israeliano Benny Morris. Una eventualità che per questo intellettuale inquieto, noto in tutto il mondo per i suoi studi sulle origini dell’esodo palestine nel 1948, ha in effetti radici profonde nella storia della regione sin dagli esordi della colonizzazione sionista. Morris incarna il travaglio della sinistra pacifista nel suo Paese. In soli due anni è passato dalla cosiddetta scuola dei «nuovi storici», che dalla seconda metà degli anni 80 non ha avuto remore a smantellare i miti fondamentali dell’epopea sionista, a quella degli intellettuali delusi dal processo di pace e pronti a puntellare in ogni modo le ragioni del nuovo nazionalismo trionfante nell’era di Sharon.

Professor Morris, quale periodo del passato le ricorda l’attuale fase dello scontro in Medio Oriente?
«Direi che sono tornati alla luce alcuni elementi che caratterizzarono il conflitto nei mesi precedenti la nascita dello Stato di Israele nel maggio 1948. Come nel 1948 non ci sono confini definiti, emergono forme di guerriglia. Allora questa forma di guerra condusse ai confini del cessate il fuoco. E anche oggi si potrebbe arrivare a una cosa del genere con nuovi confini che in Cisgiordania potrebbero definirsi lungo il Giordano, oppure con qualche forma di autonomia a ovest di esso».
Perché non dovrebbero più valere i confini precedenti la guerra del 1967?
«Mi sembra un’ipotesi ormai esaurita. Quei confini vennero proposti ad Arafat dall’ex premier laburista Ehud Baraq, grazie alla mediazione di Bill Clinton, al summit di Camp David nel luglio 2000. Ma Arafat rifiutò e oggi nessun premier israeliano gode del consenso necessario per rilanciare quell’offerta».
Cosa potrebbe offrire Sharon?
«A condizione che Arafat esca di scena, Sharon potrebbe offrire il 50 per cento della Cisgiordania e larga parte della striscia di Gaza, smantellando qui però solo un paio di colonie ebraiche».
Quali sono le radici alla base dell’idea di transfer?
«Dal 1881 agli ultimi decenni gli arabi hanno sempre mirato ad eliminare la presenza sionista dalla Palestina».
Ma non l’Egitto e la Giordania, che hanno già firmato dei trattati di pace con lo stato ebraico.
«Due casi isolati. Libia, Siria, Yemen, Iraq e in verità gran parte di tutte le opinioni pubbliche arabe sognano tutt’ora di ributtare gli ebrei in mare. Allo stesso modo la destra israeliana e i coloni ebrei sono convinti che l’unica pace possibile sia quella senza il milione e 200 mila arabi israeliani oltre ai circa 3 milioni di palestinesi in Cisgiordania e Gaza. Si tratta di un’idea antica».
Anche i socialisti sionisti pensavano di espellere gli arabi?
«La grande maggioranza sì. I sionisti concepivano lo Stato ebraico come un rifugio indispensabile a salvare le vite degli ebrei perseguitati dal nazismo in Europa. I palestinesi si opponevano, chiedevano alle autorità del Mandato britannico di fermare l’immigrazione. Diventava una questione di vita di morte: o voi o noi. E il risultato fu la guerra del 1948, che condusse all’esodo di circa 700.000 palestinesi: in realtà un transfer di massa».
I nazionalisti israeliani dicono oggi che quello fu un transfer incompleto, perché all’interno di Israele rimasero oltre 200.000 arabi.
«Ma allora l’espulsione degli arabi non fu il risultato di un piano studiato a tavolino, piuttosto divenne una graduale e spontanea conseguenza della guerra. I profughi abbandonarono in massa le zone di combattimento. Poi gli israeliani decisero di non farli più rientrare. Oggi in Israele c’è chi afferma che il rifiuto dei piani di compromesso da parte di Arafat a Camp David equivale in realtà al rifiuto di Israele in toto e dunque non ha più alcun senso parlare di compromesso territoriale».
E’ realistico pensare che Sharon possa espellere i palestinesi di Cisgiordania e Gaza?
«No, non è realistico nelle condizioni attuali. Ma se il Medio Oriente fosse sconvolto da un grande conflitto, con uso di armi non convenzionali, allora tutto potrebbe cambiare, compreso i tabù contro il transfer ».
Per esempio il degenerare di un eventuale attacco sull’Iraq?
«Non penso che un blitz veloce sull’Iraq possa destabilizzare il Medio Oriente. Ma, se dovesse prolungarsi con reazioni catena nella regione, allora lo scenario potrebbe mutare».



http://www.sottovoce.it/conflitti/pulizia-etnica01.htm








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