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ONU: catastrofe a Gaza
by vortex Wednesday, Feb. 12, 2003 at 10:07 PM mail:

Non c'è più cibo: un milione di palestinesi a rischio

LIBERAZIONE 12 FEBBRAIO
Non c'è più cibo: un milione di palestinesi a rischio
L'allarme Onu: disastro umano e civile a Gaza
Giancarlo Lannutti

Grido d'allarme per la situazione economica e alimentare assolutamente disastrosa nei territori palestinesi, dove la popolazione è stremata da quasi un anno di occupazione e comunque di assedio e di coprifuoco pressoché ininterrotto. Se ne occupa il giornale londinese Guardian in una sua corrispondenza speciale da Gaza, ampiamente documentata. Oltre un milione di palestinesi - già provati dal collasso economico e dalla disoccupazione galoppante - rischiano ora di restare senza alimenti, poiché dipendono completamente dalle razioni dell'Onu le cui scorte stanno per esaurirsi e non possono essere per ora ricostituite per mancanza di fondi; il commissario generale dell'Unrwa (l'agenzia per i rifugiati palestinesi) Peter Hansen denuncia il fatto che un appello ai Paesi donatori, soprattutto occidentali, per un sollecito contributo di almeno 60 milioni di sterline è rimasto inascoltato. Prima dell'Intifada la Unrwa forniva nutrimento a 11mila persone nella Striscia di Gaza, per lo più vedove o soggetti privi di mezzi di sussistenza; adesso ne alimenta almeno 715mila. Un abitante della striscia su quattro è malnutrito, e secondo l'Unicef la malnutrizione fra i bambini è paragonabile a quella del Congo o dello Zimbabwe. «In questa situazione - osserva Hansen - la tensione è destinata a crescere e sarà molto difficile tenere le cose in qualche modo sotto controllo ed evitare processo di destabilizzazione».
Prima dell'Intifada circa 70mila palestinesi di Gaza lavoravano in Israele, ora i permessi di lavoro sono solo 15mila ma la possibilità di recarsi davvero a lavorare è per lo più teorica; la disoccupazione sfiora ormai il 90%. E non si tratta soltanto della disoccupazione e delle difficoltà economiche: Abdelhadi Abu Kousa, responsabile per Gaza dei Comitati palestinesi di aiuto medico, ammonisce che «quello che manca è la speranza: non c'è speranza per il processo di pace, non c'è speranza per il futuro, non c'è speranza che gli israeliani ci accettino come esseri umani». Un esempio fra i tanti: cinque cugini di Khan Yunis, della famiglia Al Astal, sono stati uccisi dai soldati mentre cercavano di penetrare in Israele alla disperata ricerca di un lavoro: per i militari non erano altro che "terroristi". E ancora una volta tutto questo avrà effetti ulteriormente destabilizzanti. Questi sono i risultati della guerra di Sharon, e con la guerra all'Iraq forse alle porte le cose rischiano di andare ancora peggio. In questi giorni uno spiraglio inatteso è rappresentato dai tentativi di concordare un cessate il fuoco graduale, grazie al quale l'Autorità nazionale palestinese spera di ottenere il ritiro israeliano dalle zone occupate, sia in Cisgiordania che a Gaza; incontri riservati in tal senso - dopo un colloquio tra il primo ministro Sharon e il presidente del Consiglio legislativo palestinese Abu Ala - si sono avuti nelle ultime ore fra il capo di gabinetto del premier, Dov Weisglass, e il ministro degli Interni dell'Anp Hani el Hassan, esponente di Al Fatah; l'Anp chiede agli israeliani di restituire alle sue forze di sicurezza (o a quel che ne rimane, dopo le distruzioni e le uccisioni dell'ultimo anno) il controllo almeno di Tulkarem, Qalqiliya e Jenin e successivamente anche di Ramallah, Betlemme e delle località rioccupate a Gaza, mentre - secondo il giornale di Gerusalemme Al Quds - è più complessa la situazione a Nablus, dove l'Anp incontra difficoltà «per la forte presenza di gruppi armati radicali». C'è tuttavia da osservare che questa richiesta è palesemente in contrasto con la sistematica delegittimazione (anzi distruzione fisica) dell'Autonomia palestinese da parte di Sharon, il quale proprio tre giorni fa ha ripetuto che uno degli obiettivi del suo governo è quello di «liberarsi di Arafat»; e in secondo luogo, riassumersi la responsabilità delle città dopo che mesi e mesi di occupazione le hanno devastate significa farsi carico di quei drammatici problemi economici di cui parlavamo all'inizio.

Malgrado gli incontri di cui sopra, comunque, il governo Sharon continua la politica della mano pesante: in occasione della festa di Id al Ada, è stato decretato il blocco totale per tre giorni di tutti i territori ex-autonomi. Né sono più incoraggianti le notizie sulle trattative per formare il nuovo governo; il Likud e il Partito nazionale religioso litigano sulla ripartizione dei seggi, il Pnr vuole a tutti i costi quello della Educazione, e si va comunque verso una coalizione di destra o di centro-destra; ma a sentire gli esponenti dello stesso Pnr e dell'Unione nazionale (destra estrema) nelle consultazioni si è parlato essenzialmente dei problemi economici e, appunto, dei posti ma non del destino dei palestinesi. Il che la dice lunga su quali siano le intenzioni.







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