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Appalti per l'Iraq
by ceskz Tuesday, Mar. 11, 2003 at 12:21 PM mail:

GUERRA ALL’IRAQ: LE AZIENDE AMERICANE HANNO GIÀ VINTO GLI APPALTI PER LA RICOSTRUZIONE

LE AZIENDE AMERICANE HANNO GIÀ VINTO
GLI APPALTI PER LA RICOSTRUZIONE

Almeno ufficialmente gli Stati Uniti non sono ancora in guerra con l’Iraq, ma un’altra guerra l’hanno già vinta. Sono, infatti, tutte americane le società che si sono aggiudicate le prime gare d’appalto per la ricostruzione del Paese.
Pragmatici, come sempre, gli americani hanno già organizzato le gare d’appalto per ricostruire quello che devono ancora distruggere.
Il settimanale Time ha fatto i conti in tasca alle imprese americane che si preparano al dopoguerra: il governo USA ha già predisposto contratti per 900 milioni di dollari (qualcosa come 1.800 miliardi delle vecchie lire) per le opere più urgenti: ponti, strade, porti, ospedali, scuole e aiuti alimentari d’emergenza. Bechtel, Fluor Daniel, il gruppo Louis Berger, Kellog Brown e Root sono i nomi delle prime società già ufficialmente impegnate nello studio di piani di ricostruzione.
Dal canto suo il numero tre del Pentagono, Douglas Feith, ha reso noto qualche giorno fa che fin dal 20 gennaio scorso, il presidente Bush aveva ordinato la creazione alla Casa Bianca di un apposito ufficio per la pianificazione post-bellica in Iraq.
E’ evidente che più dura e distruttiva sarà la guerra, più lunga e, quindi, remunerativa sarà la ricostruzione. Lo studio più serio e completo fatto finora sulle necessità del dopoguerra iracheno è quello di William Nordhaus, docente di economia a Yale (http://www.econ.yale.edu), secondo il quale i costi preventivati per la guerra vera e propria vanno da un minimo di 50 miliardi di dollari fino ad un massimo di 140, mentre quelli per la ricostruzione oscillano tra 30 e i 105, sempre, ovviamente, miliardi di dollari.
Piccola annotazione: per gli aiuti umanitari all’Afghanistan del dopoguerra, gli USA avevano promesso 1,8 miliardi di dollari. Una cifra già modestissima, pari a 42 dollari per abitante contro i 326 stanziati in Bosnia. Nel Paese ne sono arrivati finora (un anno e mezzo dopo) meno della metà.

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