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Testimonianza di due medici del San Paolo
by info Friday, Mar. 21, 2003 at 2:06 PM mail:

dal Corriere della Sera. Interessante x la controinchiesta. Chi scrive questa testimonianza sono due medici del San Paolo

«Il Pronto Soccorso è stato violato e offeso nella sua
missione civile»


Richiamati dal clamore proveniente dall'accesso stradale al
Pronto soccorso, che si trova proprio sotto le finestre del
reparto dove ci trovavamo, abbiamo assistito a violente
cariche da parte delle forze dell'ordine, seguite da ripetuti episodi di aggressione da parte di gruppi di 3-4 agenti che, dopo l'inseguimento di qualche individuo rimasto isolato, procedevano con angosciante sistematicità a immobilizzarlo e a colpirlo con i manganelli, il cui suono, nei lunghi attimi di silenzio interposti tra le grida, gli insulti e le minacce proferite da ambo le parti ormai allontanatesi, era udibile persino da noi che dal sesto piano dell'ospedale, con sensazione di impotenza, assistevamo alla scena. Siamo dunque scesi all'interno dei locali del Pronto soccorso, che ci sono apparsi devastati dalle cariche avvenute anche all'interno dell'ospedale, con vetri frantumati, chiazze di sangue dovunque sul pavimento, sangue sui volti e gli indumenti di giovani alcuni dei quali coglievamo nel pianto, altri a gridare la loro rabbia e dolore, altri ancora a insultare polizia e carabinieri.
Ci siamo scambiati i racconti con i colleghi del Pronto
soccorso, medici e infermieri. In diversi avevano assistito
nelle sale di attesa e nei corridoi a inseguimenti e
aggressioni simili a quelle da noi viste all'esterno; altri ci hanno riferito di vetrate, quelle stesse che poi vedremo
apparire sui giornali e in televisione, infrante da agenti; in tanti ci hanno parlato di insulti e minacce rivolte dai
giovani verso le forze dell'ordine, apparentemente vissute
come corresponsabili in qualche modo dell'aggressione subita nella notte in via Brioschi, seguite da provocazioni
reciproche e dal rapido e inarrestabile degenerare della
situazione; tutti escludevano aggressioni, e tanto meno
«rivendicazioni» di cadavere, da parte dei giovani nei
confronti del personale medico e infermieristico in servizio.
Nell'inferno dantesco in cui ci siamo trovati in quelle ore
l'ospedale ci appariva violato e offeso nella sua missione
civile di assistenza e cura prestata a chiunque e ancora più offesa appariva la memoria del ragazzo condotto qui privo di vita. Siamo usciti all'esterno dell'ospedale e, lungo il tragitto che porta verso l'uscita stradale, ecco apparire ancora volti tumefatti, sangue, rabbia, ma ora la situazione sembra più tranquilla e sotto controllo. Alle grida di qualcuno, che afferma che dentro le auto della polizia sono rinchiusi dei feriti e che è reato sottrarli alle cure mediche, viene estratto in silenzio un giovane dal volto e dagli abiti insanguinati, piangente, a cui vengono tolte le manette e che viene spinto zoppicante verso il Pronto soccorso.
Tali sono la sorpresa dell'apparizione, e il dolore e
l'indignazione che ci hanno sopraffatti, che non ci viene
neppure in mente di imporre di far sedere il ragazzo in attesa di una barella. Del resto, in abiti borghesi, ci pare che difficilmente saremmo creduti medici. Crediamo, anche, di scorgere qualcosa dei nostri sentimenti riflettersi sui volti di alcuni degli agenti, alcuni in abiti borghesi, che sembrano giunti da poco e ritroviamo in zone distinte da quelle dove si trovano quelli che maneggiano strumenti anti-sommossa. Li vediamo muoversi e parlare in modo diverso e sembrano, così ci pare, condividere in qualche modo le amare riflessioni che incominciano ad affacciarsi alla nostra mente sull'operato di tanti dei loro colleghi.
Ci pare, o comunque desideriamo sperare, che gli ultimi
arrivati rappresentino i veri tutori dell'ordine pubblico,
capaci di valutare senza errori la gravità delle minacce cui sono esposti i cittadini e le istituzioni e di intervenire con esperienza e nel modo più efficace per tutelare la libertà collettiva. L'operato di altri, che abbiamo visto in azione per lunghi momenti, sarà sempre destinato, anche nel caso si trattasse solamente di incompetenza, a sollevare dubbi sulle reali intenzioni del loro intervento, a incrinare la fiducia dei cittadini verso le forze dell'ordine, e a compromettere il lavoro, e i sacrifici, di tutti i loro colleghi che agiscono con competenza ed efficacia.

Alberto e Pier Maria Battezzati

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