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Ci mancava Ferrara con il secondo Usa Day
by bakunin Tuesday, Mar. 25, 2003 at 4:27 PM mail:

Non cediamo le piazze

SI POTREBBE RIPETERE LA GIORNATA DI SOLIDARIETÀ PER L´AMERICA
E Giuliano Ferrara pensa ad un altro «Usa-day»
Il direttore del Foglio contesta i partiti di centrodestra: sono inutili «Troppa sproporzione tra chi scende nelle piazze e chi governa»

25/3/2003

ROMA VERSO un altro Usa Day. Si potrebbe ripetere la giornata di solidarietà per l´America, impegnata in una guerra difficile contro la dittatura irachena e in uno scontro politico con governi ex amici e piazze pacifiste. L´idea - quasi una tentazione - frulla da un po´ nella testa di Giuliano Ferrara, direttore del Foglio e promotore del primo Usa Day, il 10 novembre 2001 in piazza del Popolo, dopo l´attacco alle Torri gemelle, seguito l´anno scorso dall´Israele Day al ghetto di Roma. Un´accelerazione è venuta dagli avvenimenti di domenica, con le immagini drammatiche delle vittime e dei prigionieri americani; dal netto predominio cromatico e mediatico delle bandiere e delle ragioni dei pacifisti; e da quella che Ferrara definisce in un editoriale pubblicato ieri dal Foglio «l´inutilità dei partiti di governo». Un articolo che non resterà senza un seguito. Anzi, darà il via a una sorta di campagna. Da oggi il quotidiano uscirà con un fascione giallo con gli indirizzi e-mail dei dirigenti di Forza Italia, An, Lega, Udc e la scritta: «Le democrazie non sono tigri di carta, scrivetelo ai partiti di governo». L´attacco di Ferrara all´afasia della maggioranza, accusata di non sostenere Berlusconi e di lasciare campo libero ai pacifisti, ha già provocato le prime risposte. «Si sono fatti vivi Bondi, La Malfa, D´Onofrio, dicendo in sostanza: "Ma io so´ bravo" - racconta Ferrara -. E´ anche vero. Ma si tratta di casi singoli. Non di una linea. C´è una sproporzione tra quel che sta accadendo nelle piazze e nella società e la presenza dei partiti di governo. Ci sono due milioni di bandiere della pace nelle strade, ci sono assemblee pacifiste condotte, come ci racconta una lettrice, con piglio da figli della lupa, e di fronte non c´è nulla. Dove sono i loro circoli culturali, i loro convegni, i loro giovani?». Per questo Ferrara potrebbe non fermarsi qui. E accarezza l´idea di uno Usa Day. «Me lo chiedono in molti. Lettere, sollecitazioni da più parti, incoraggiamenti da esponenti della comunità ebraica». Non c´è nulla di deciso e tantomeno di organizzato. «Vedremo - dice Ferrara -. E´ una cosa complicata. Non bisogna fare errori». Ma già oggi è in programma una riunione tra i possibili sostenitori dell´iniziativa. La tecnica del direttore del Foglio in questi casi è lanciare o raccogliere l´idea, lasciarla maturare, verificare i consensi, valutare le reazioni, e poi decidere e se del caso realizzare in tempi stretti. «Quando proposi l´Israele Day lui si mosse così - racconta Massimo Teodori -. Dico subito che io sarei per farlo, questo Usa Day bis. Sono un amerikano con quattro kappa. Penso a una manifestazione sganciata dai partiti, non di mero sostegno al governo, che dia l´opportunità di esprimere sentimenti filoamericani forse minoritari ma presenti e sinora rimasti senza voce». Quell´altra volta Ferrara andò in piazza del Popolo con il berretto da baseball (anche per via della pioggia), Vincino, Marcenaro e Panella con lo striscione autoironico «Lotta continua per gli Stati Uniti», Oscar Giannino con l´uniforme da cadetto di West Point, Sergio Scalpelli avvolto nella bandiera con la stella di David. La sinistra era rappresentata da Lucia Annunziata e Franco Debenedetti. Sul palco Clarissa Burt, che ora dice: «Se mi chiamano sono pronta. Rispetto i pacifisti, ma finora le ragioni degli americani hanno avuto troppo poco spazio». Per la maggioranza c´erano Cicchitto, Jannuzzi, Luigi Compagna, Gawronsky, Sanza, Testoni. E Guzzanti, che assicura: «Pensavo di lanciarla per conto mio, una giornata di solidarietà con gli Stati Uniti. Se lo fa Giuliano, bene, sarò con lui. Altrimenti provvederò personalmente. Dobbiamo dare la possibilità a chi ne ha il coraggio di spendere la propria faccia, la propria voce, il proprio nome. Di portare in piazza il tricolore e la bandiera stelle e strisce. E´ il momento di dare una risposta non dico al Papa, che fa il suo mestiere, ma alla chiesa che ha assunto una posizione altamente criticabile e condannabile». Più tiepido l´altro «outsider» indicato da Ferrara nell´editoriale dell´altro ieri come campione di atlantismo, Gianni Baget-Bozzo. «Giuliano ha ragione nel criticare il silenzio dei partiti di governo. Ma gli sconsiglierei di ripetere ora lo Usa Day. Sarebbe difficile far capire che essere per l´America non significa necessariamente essere per la guerra». Ma Riccardo Pacifici, portavoce della comunità ebraica romana, incoraggia Ferrara: «Aderire o meno non sarà una scelta delle comunità ebraiche ma dei singoli cittadini ebrei. Però, se il Foglio lanciasse un altro Usa Day, immagino che gli ebrei, certo alcuni, ma io spero tutti, saranno al fianco dei soldati americani e inglesi che si battono per portare la libertà in Iraq e la pace in tutto il Medio Oriente. Guardiamo con rispetto ai sentimenti dei pacifisti, quando sono genuini. Ma proviamo angoscia e disagio quando vengono strumentalizzati da chi esalta Che Guevara, che pacifista non era, e l´Intifada, che non è un esempio di lotta gandhiana». E un altro supporto e pungolo Ferrara lo troverà in casa, nella persona della moglie Selma Dell´Olio, che l´altra sera da Vespa ha affrontato la pacifista Mussolini con tanta energia da indurla a rifugiarsi non metaforicamente tra le braccia di Livia Turco; per una «riedizione in variante Ambra Jovinelli - dice Guzzanti - del patto Molotov-Ribbentrop».

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