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In contatto con Baghdad (33)
by robdinz Wednesday, Mar. 26, 2003 at 10:29 PM mail: robdinz@hotmail.com

Yassin e Kamel

La città è diventata un acquitrinio. I temporali di oggi, con la sabbia portata dalla tempesta di ieri hanno reso le strade viscide, molti hanno dovuto persino impugnare una pala per spostare tutta quella melma marrone e maleodorante di liquami di fogna che arrivava ad impedire l’ingresso nelle case.

La notte è completamente buia. Di tanto in tanto la pioggia torna a scendere sottile e fitta. La paura è tangibile, si avverte nel silenzio assoluto che proviene dalle case, di solito molto illuminate con lampadine e lumi di tutti colori e con la musica assordante che usciva dai bar e ristoranti per i quali Baghdad era conosciuta in tutto il mondo arabo.
Perfino 12 anni di durissimo embargo economico non aveva spento questa voglia di musica e colori che vestiva la città fino a notte inoltrata.

I lampi dei misili e delle bombe che a ripetizione cadono sulla periferia sud della città appaiono come smorzati dietro la spessa coltre di nuvole e di fumo.

Gli ospedali sono stracolmi di feriti, parenti e familiari dei feriti, gente comune che arriva a dichiarare malesseri pur di essere trattenuta convinta che lì le bombe non cadranno. Appellandosi in cuor loro a quel filo residuo di legalità che prevede, appunto, il divieto di colpire gli ospedali da parte delle parti in guerra.

Colonne di camion scoperti pieni di soldati senza neppure un elmetto e coperti da sottili impermeabili scuri attraversano senza sosta le strade della città. Sono talmente tutte uguali, queste colonne di mezzi, da apparire come fossero sempre gli stessi.

Sono riprese le trasmissioni televisive, anche se nulla è cambiato nei palinsesti decisi chissà da chi: documentari sulla storia dell’Iraq, discorsi di Saddam Hussein pronunciati in occasione di inaugurazioni di musei, scuole e monumenti celebrativi.
La luce della tv filtra dalle persiane chiuse delle case e dalle vetrine dei negozi ricoperte da grate di ferro svelando quanti, numerosi, si sono rifugiati nei retrobottega dei loro esercizi commerciali trasformati in rifugi di fortuna.

Due fotografi americani, ospitati da quasi un mese da una famiglia irachena, mi riferiscono che la trasmissione di questi documentari un po’di “regime”mettevano a dura prova la sopportazione e la noia dei presenti in casa. Che preferivano orientare manualmente
la parabola collegata al decoder del satellite (formalmente illegale, ma sostanzialmente tollerato) per sintonizzarsi su qualche tv europea. Questa sera invece, la visione di quelle immagini viste e riviste mille volte catturava un’attenzione assoluta.
Yassin, il padrone di casa, fino ad una settimana fa direttore di una libreria del centro, si rimbalzava con il figlio primogenito Kamel la sveltezza di riconoscere ora quella strada ora quella piazza. Con la nostalgia e la tristezza di sapere che mai più quelle strade o quelle piazze saranno come loro le hanno conosciute da una vita.
Yassin ha 64 anni, e per questo non è in guerra: troppo vecchio.
Kamel di anni ne ha solo 27, ma nel febbraio 2001 un brutto incidente di moto gli ha strappato via un piede. E quell’incidente che era piombato come una tragedia nella dignitosa vita di Kamel e Yassin si è rivelato da una settimana come una specie di miracolo: Yassin grazie a quella menomazione non è partito soldato, non è tra quelli che sono sui cassoni dei camion che nella notte passano veloci sotto le loro finestre.
Yassin è lì con loro, davanti alla tv che trasmette quei vecchi documentari.
E’ diventato amcio di quei due americani giovani e“buoni” che ospitano in casa e che portano un po’ di dollari nelle tasche di Yassin.
Sono 4 giorni che Yassin esce tutti i giorni per cercare di vendere la sua automobile, la moto di Kamel tutta deformata dall’incidente di due anni fa, e l’intero “set” di elettrodomestici che ha in casa: frigorifero, frullatore, aspirapolvere, radiosveglia, e due ventilatori.
Chissà che i soldi della vendita, più i dollari dell’affitto della stanza agli ospiti, i 290 grammi di oro sotto forma di collanine e spille, e le 400 sterline in contanti che Yassin conserva in una borsa di velluto sotto la televisione gli potranno mai consentire di raggiungere la Germania. Dove vive suo fratello, emigrato nel 1971, e da allora mai più sentito, neppure per telefono.
Ma Yassin ci crede a questo viaggio, vuole portare sua moglie e suo figlio fuori da Baghdad. Fuori da questo inferno.
E non dubita neppure un attimo che quel fratello lontano, del quale non ha più notizie da 31 anni, senza conoscere neppure in quale città tedesca viva, non lo accolga a braccia aperte. Intanto deve arrivare a Berlino, dice, poi tutto sarà facile.
E si informa, Yassin: mi basteranno questi soldi, vero?

Non ho notizie della cena che doveva tirare su il “morale”ai free-lance ed agli “humans shields” che avevano passato la giornata con davanti agli occhi le immagini del mercato di Shaab e che mi avevano fatto sapere di avere cose urgenti ed importanti da riferirmi. Impossibile stabilire un contatto.

Che la notte sia leggera
r.

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