«Una domanda s’impone: perchè per definire il regime nazista il ricorso alla dittatura del partito unico dovrebbe essere più caratterizzante che non l’ideologia e la pratica razziale ed eugenetica?»
(da «Per una critica della categoria di totalitarismo», rivista "Hermeneutica", 2002 paragrafo 7)
Sarebbe assai povera una definizione del Terzo Reich che si limitasse a mettere in evidenza il suo carattere totalitario, rinviando in particolare al fenomeno della dittatura del partito unico. In quanto leaders di una dittatura a partito unico, non c’è difficoltà ad accostare Hitler a Stalin, Mao, Deng, Ho Chi Minh, Nasser, Ataturk, Tito, Franco ecc., ma questo esercizio scolastico è ben al di qua di una concreta analisi storica. Se anche dai ‘totalitari’ Stalin e Hitler ci si preoccupa di distinguere l’’autoritario’ Mussolini, il cui potere è limitato dalla presenza del Vaticano e della Chiesa, non si è fatta molta strada. In questo caso, più che ad un percorso reale, assistiamo ad uno slittamento: dall’ideologia si è passati inavvertitamente ad un ambito del tutto diverso, a realtà e dati di fatto indipendenti e preesistenti rispetto alle scelte ideologiche e politiche del fascismo.
Per quanto riguarda il Terzo Reich, è ben difficile dire qualcosa di determinato e concreto su di esso senza far riferimento ai suoi programmi razziali ed eugenetici. Ed essi ci conducono in una direzione ben diversa rispetto a quella suggerita dalla categoria di totalitarismo.
Subito dopo la conquista del potere, Hitler si preoccupa di distinguere nettamente, anche sul piano giuridico, la posizione degli ariani rispetto a quella degli ebrei nonchè dei pochi mulatti viventi in Germania (a conclusione della prima guerra mondiale, truppe di colore al seguito dell’esercito francese avevano partecipato all’occupazione del paese). E cioè, elemento centrale del programma nazista è la costruzione di uno Stato razziale. Ebbene, quali erano in quel momento i possibili modelli di Stato razziale? Più ancora che al Sud-Africa, il pensiero corre in primo luogo al Sud degli USA. E, d’altro canto, in modo esplicito, ancora nel 1937, Rosenberg si richiama certo al Sud-Africa: è bene che permanga saldamente ‘in mano nordica’ e bianca (grazie a opportune ‘leggi’ a carico, oltre che degli ‘indiani’, anche di ‘neri, mulatti e ebrei’), e che costituisca un ‘solido bastione’ contro il pericolo rappresentato dal ‘risveglio nero’. Ma il punto di riferimento principale è costituito dagli Stati Uniti, questo ‘splendido paese del futuro’ che ha avuto il merito di formulare la felice ‘nuova idea di uno Stato razziale’, idea che adesso si tratta di mettere in pratica, ‘con forza giovanile’, mediante espulsione e deportazione di ‘negri e gialli’. Basta dare uno sguardo alla legislazione di Norimberga per rendersi conto delle analogie con la situazione in atto al di là dell’Atlantico: ovviamente, in Germania sono in primo luogo i tedeschi di origine ebraica ad occupare il posto degli afro-americani. ‘La questione negra’ - scrive Rosenberg nel 1937 - ‘è negli Usa al vertice di tutte le questioni decisive’; e una volta che l’assurdo principio dell’uguaglianza sia stato cancellato per i neri, non si vede perchè non si debbano trarre ‘le necessarie conseguenze anche per i gialli e gli ebrei’. Persino per quanto riguarda il progetto a lui assai caro di costruzione di un impero continentale tedesco, Hitler ha ben presente il modello degli Usa, di cui celebra ‘l’inaudita forza interiore’’: la Germania è chiamata a seguire questo esempio, espandendosi in Europa orientale come in una sorta di Far West e trattando gli ‘indigeni’ alla stregua dei pellerossa.
Alle medesime conclusioni giungiamo se rivolgiamo lo sguardo all’eugenetica. E’ ormai noto il debito che il Terzo Reich contrae nei confronti degli Usa, dove la nuova ‘scienza’, inventata nella seconda metà dell’Ottocento da Francis Galton (un cugino di Darwin), conosce una grande fortuna. Ben prima dell’avvento di Hitler al potere, alla vigilia dello scoppio della prima guerra mondiale, vede la luce a Monaco un libro che, già nel titolo, addita gli Stati Uniti come modello di ‘igiene razziale’. L’autore, vice-console dell’Impero austro-ungarico a Chicago, celebra gli Usa per la ‘lucidità’ e la ‘pura ragion pratica’ di cui danno prova nell’affrontare, e con la dovuta energia, un problema così importante eppur così frequentemente rimosso: violare le leggi che vietano i rapporti sessuali e matrimoniali misti può comportare anche 10 anni di reclusione e, ad essere condannabili, oltre ai protagonisti, sono anche i loro complici. Ancora dopo la conquista del potere da parte del nazismo, gli ideologi e ‘scienziati’ della razza continuano a ribadire: ‘Anche la Germania ha molto da imparare dalle misure dei nord-americani: essi sanno il fatto loro’. E’ da aggiungere che non siamo in presenza di un rapporto a senso unico. Dopo l’avvento di Hitler al potere, sono i seguaci più radicali del movimento eugenetico americano a guardare come ad un modello al Terzo Reich, dove non poche volte si recano in viaggi di studio e di pellegrinaggio ideologico.
Una domanda s’impone: perchè per definire il regime nazista il ricorso alla dittatura del partito unico dovrebbe essere più caratterizzante che non l’ideologia e la pratica razziale ed eugenetica? E’ proprio da questo ambito che derivano le categorie centrali e i termini-chiave del discorso nazista. L’abbiamo visto per Rassenygiene, che è in fondo la traduzione tedesca di eugenics, la nuova scienza inventata in Inghilterra e giunta al trionfo al di là dell’Atlantico. Ma ci sono esempi ancora più clamorosi. Rosenberg esprime la sua ammirazione per l’autore americano Lothrop Stoddard, cui spetta il merito di aver per primo coniato il termine Untermensch, che già nel 1925 campeggia come sottotitolo della traduzione tedesca di un libro apparso a New York tre anni prima. Per quanto riguarda il significato del termine da lui coniato, Stoddard chiarisce che esso sta ad indicare la massa di ‘selvaggi e semiselvaggi’, esterni o interni alla metropoli capitalista, comunque ‘incapaci di civiltà e suoi nemici incorreggibili’, coi quali bisogna procedere ad una resa dei conti. Negli Usa come in tutto il mondo, è necessario difendere la ‘supremazia bianca’ contro ‘la marea montante dei popoli di colore’: ad aizzarli è il bolscevismo, ‘il rinnegato, il traditore all’interno del nostro campo’ che, con la sua insidiosa propaganda, oltre che le colonie, raggiunge ‘le stesse regioni nere degli Stati Uniti’.
Ben si comprende la straordinaria fortuna di queste tesi. Elogiato, prima ancora che da Rosenberg, già da due presidenti statunitensi (Harding e Hoover), l’autore americano è successivamente ricevuto con tutti gli onori a Berlino, dove incontra non solo gli esponenti più illustri dell’eugenetica nazista, ma anche i più alti gerarchi del regime compreso Adolf Hitler, ormai lanciato nella sua campagna di decimazione e assoggettamento degli Untermenschen.
Ancora su un altro termine conviene concentrare l’attenzione. Abbiamo visto Hitler guardare come ad un modello all’espansione bianca nel Far West. Subito dopo averla invasa, Hitler procede allo smembramento della Polonia: una parte è direttamente incorporata nel Grande Reich (e da essa vengono espulsi i polacchi); il resto costituisce il ‘Governatorato generale’ nell’ambito del quale - dichiara il governatore generale Hans Frank - i polacchi vivono come in ‘una sorta di riserva’ (sono ‘sottoposti alla giurisdizione tedesca’ senza essere ‘cittadini tedeschi’). Il modello americano è qui seguito persino in modo scolastico. Almeno nella sua fase iniziale, il Terzo Reich si propone di istituire anche uno Judenreservat, una ‘riserva per gli ebrei’, a somiglianza ancora una volta di quelle che avevano rinserrato i pellerossa. Persino per quanto riguarda l’espressione ‘soluzione finale’, la vediamo emergere prima ancora che in Germania già negli Usa, e sia pur riferita alla ‘questione negra’ piuttosto che alla ‘questione ebraica’.
Come non è stupefacente che il ‘totalitarismo’ abbia trovato la sua espressione più concentrata nei paesi al centro della Seconda guerra dei Trent’Anni, così non è stupefacente che il tentativo nazista di costruire uno Stato razziale abbia desunto motivi di ispirazione, categorie e termini-chiave dall’esperienza storica più ricca che, a tale proposito, aveva dinanzi a sè, quella accumulata dai bianchi americani nel loro rapporto coi pellerossa e i neri.
Ovviamente, non devono essere perse di vista tutte le altre differenze, in tema di governo della legge, di limitazione del potere statale (per quanto riguarda la comunità bianca), ecc. Resta il fatto che il Terzo Reich si presenta come il tentativo, portato avanti nelle condizioni della guerra totale e della guerra civile internazionale, di realizzare un regime di white supremacy su scala planetaria e sotto egemonia tedesca, facendo ricorso a misure eugenetiche, politico-sociali e militari.
A costituire il cuore del nazismo è l’idea di Herrenvolk, che rinvia alla teoria e alla pratica razziale del sud degli Stati Uniti e, più in generale, alla tradizione coloniale dell’Occidente; e questa idea è il bersaglio principale della rivoluzione d’Ottobre, che non a caso chiama gli ‘schiavi delle colonie’ a spezzare le loro catene.
La consueta teoria del totalitarismo concentra l’attenzione esclusivamente sui metodi simili attribuiti ai due antagonisti, facendoli per di più discendere in modo univoco da una presunta affinità ideologica, senza alcun riferimento alla situazione oggettiva e al contesto geopolitico.
Domenico Losurdo
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