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il proconsole in iraq
by Garner Wednesday, Apr. 16, 2003 at 6:48 PM mail:

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15.04.2003
Garner, il generale che fa della guerra un business
di Giancesare Flesca

I rissosi iracheni del dopo Saddam hanno rovinato martedì il sessantacinquesimo compleanno a Jay Garner, l'ex generale che il suo amicone Donald Rumsfeld ha spedito tre mesi fa dalla Florida in Kuwait con l'incarico di governatore pro-tempore del paese sconfitto. In questo periodo Garner ha ricevuto nella villetta del complesso Hilton di Kuwait City esponenti di tutte le forze politiche che si preparavano alla nuova democrazia; ma alla prima riunione da lui convocata a Nassiriya non s'è visto nessuno, a partire da quel gentiluomo di Ahmed Chalabi che nei piani del Pentagono dovrebbe diventare il presidente del nuovo Iraq. Né lui, né gli sciiti che già chiedono agli americani di tornarsene a casa si sono fatti vivi al meeting, lasciando il «governatore» con pochi e spelacchiati interlocutori, assieme ai quali non gli riuscirà certo di ricostruire un bel niente. Nel periodo preparatorio il suo bungalow e le sale riunioni dove si incontravano i duecento «specialisti» venuti al suo seguito dall'America sprizzavano scintille. Fra gli specialisti c'erano diplomatici del Dipartimento di Stato, neo-conservatori che vogliono riformare l'intero Medio Oriente alla maniera di Paul Wolfowitz, militari che nel '91 hanno partecipato con Garner all'operazione «provide comfort» in favore dei curdi iracheni, nonché giovani e idealistici volontari delle organizzazioni umanitarie. «È come essere nel “Signore delle Mosche”», ha scritto uno di loro riferendosi al romanzo di William Golding che descrive la lotta per la sopravvivenza di un gruppo di ragazzi intrappolati in un'isola deserta. «Abbiamo un gruppo di gente molto intelligente e super-ambiziosa con ogni tipo di disaccordo».

La causa principale del disaccordo era lui, Jay Garner, un personaggio che s'è visto contestato ancor prima della sua nomina che formalmente è di capo dell'Ufficio per la ricostruzione e per l'assistenza Umanitaria (Orha). Un sito internet creato da militanti di San Francisco si chiamava e si chiama ancora «stopjaygarner.com». I perché di questa diffidenza sono riassumibili in un solo concetto: Garner rappresenta fisicamente quello che una volta si chiamava il complesso militar-industriale americano, lo stretto intreccio fra business e guerra. Nel 1991, durante la prima guerra del Golfo, Garner fece da supervisore all'installazione dei missili Patriot in Israele: poi a guerra finita diresse l'operazione in favore dei curdi che creò per loro qualche corridoio umanitario lasciandoli però, dopo la partenza americana, alle delicate cure di Saddam Hussein. Ma per la verità di lui i notabili curdi conservano un buon ricordo. Tornato a Washington e promosso allo Stato Maggiore, Garner nel '94 divenne Comandante del Comando Spaziale e Difesa strategica degli Stati Uniti. Ancora una volta fu Donald Rumsfeld, il maggior teorico delle guerre stellari, a spingerlo verso questo incarico che rappresentava la prima pietra per la nascita della Forza Spaziale come arma autonoma dell'esercito Usa.

Raggiunto il grado di generale a 3 stelle, nel ‘97 Garner andò in pensione. Fu immediatamente scelto come presidente e direttore generale da una società specializzata nella fabbricazione di sistemi elettronici destinati ai missili, la Sy Technology, acquistata poi nel 2002 dalla L3 Communications, specializzata nei missili Patriot e Arrow, nella quale il vice-presidente Dick Cheney ha avuto (o ha ancora?) cospicui interessi. «Ha fatto guadagnare dei milioni alla sua società con dei missili che vengono utilizzati adesso per bombardare Bagdad», scriveva due settimane fa la rete pacifista Global Exchange. «Chi può credere che agisca nell'interesse del popolo iracheno?». Pacifisti a parte, un tenente colonnello che lavorava al Comando spaziale, Biff Baker, ha accusato l'ex generale di aver fatto ottenere alla sua corporation 100 milioni tondi di dollari in «commesse sporche» dal Pentagono. Querele, contro-querele, la faccenda s'è chiusa con un accordo extra-giudiziale. Tre giorni prima della nomina a «governante ombra» dell'Iraq, comunque, l'ex generale si è dimesso dai suoi incarichi «privati». La leggenda vuole invece che la telefonata improvvisa di Rumsfeld gli sia arrivata nella sua villa da un milione di dollari, in Florida, mentre «attaccava chiodi sulla barca di proprietà».

Fino a ieri, aveva già designato 22 militari o ex ambasciatori americani come «ministri» del governo iracheno, naturalmente a tempo determinato. A sua disposizione ci sono, per il momento, 20 miliardi di dollari, una cifra che appare modesta rispetto agli scopi della missione. Una missione che, come si è visto, ha poche probabilità di successo. Anche perché il «governatore» Jay Garner è un amico dichiarato di Israele, paese dove si è recato ancora nel 2000, ospite dell'Istituto Ebraico per la Sicurezza nazionale. In seguito, assieme ad un gruppo di 40 ufficiali americani in pensione, ha firmato una dichiarazione che apprezzava la «notevole moderazione» di Ariel Sharon nei confronti dell'Intifada e di Yasser Arafat. Più che un governatore, Garner è dunque un proconsole. Suo compito sarà spianare la strada alla «rivoluzione democratica» che i trozkisti del Pentagono vogliono imporre in tutto il Medio Oriente: ovviamente, come si è visto in Iraq, per salvare quei popoli da se stessi.

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