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G8 Evian. Bush verrà
by laStampa Thursday, Apr. 17, 2003 at 3:39 PM mail:

UNA NUOVA TAPPA NEL LAVORO DI RICUCITURA TRA LE DUE SPONDE DELL’ATLANTICO Giorni di lavoro dietro la telefonata Bush-Chirac Parigi toglie il veto al ruolo Nato in Afghanistan, il presidente Usa andrà a Evian

17/4/2003

corrispondente da NEW YORK LA riconciliazione fra Stati Uniti e Francia inizia con un baratto: Chirac toglie il veto sull'assegnazione alla Nato della missione militare in Afghanistan e Bush assicura che ci sarà al summit di Evian del G-8. Parigi ha fatto cadere ieri mattina a Bruxelles il veto alla Nato in Afghanistan e l'effetto sarà immediato: quando a metà agosto il Canada darà il cambio alla Germania alla guida del contingente «Isaf», a Kabul si insedierà un quartier generale Nato, con un titolare delle operazioni che risponderà direttamente al comandande delle forze alleate in Europa. Il passo indietro di Parigi è seguito alla telefonata fatta martedì dal presidente francese Jacques Chirac al capo della Casa Bianca, George Bush, dopo oltre due mesi di silenzio coincisi con i dissensi sulla legittimità della guerra all'Iraq. Concordare la telefonata non è stata cosa facile, perché il risentimento americano, nel governo e nell'opinione pubblica, resta forte nei confronti della decisione di annunciare il veto sulla seconda risoluzione sull'Iraq. Per convincere Bush a rispondere alla chiamata il Quai d'Orsay ha lavorato sodo dall'indomani della caduta di Baghdad: l'ambasciatore a Washington, Jean-David Levitte, si è recato di persona più volte alla Casa Bianca per incontrare il consigliere politico Karl Rove e il viceconsigliere per la Sicurezza Stephen Hadley; ma la svolta è arrivata lunedì, solo dopo una lunga conversazione telefonica fra il ministro degli Esteri francese, Dominique de Villepin, e il Segretario di Stato, Colin Powell. Il titolare del Quai d'Orsay ha illustrato nell'occasione l'esito della sua missione in Medio Oriente, assicurando a Powell di essersi fatto latore a Damasco con Bashar Assad della richiesta Usa di non ospitare dirigenti del deposto regime iracheno. «A dispetto delle dichiarazioni pubbliche - spiega un alto diplomatico a Washington - de Villepin con i siriani ha sostenuto le posizioni degli americani». Il passo sulla Siria ha rasserenato i rapporti fra de Villepin e Powell, tesi da quando, in gennaio, il ministro francese fu protagonista al Consiglio di Sicurezza di un duro attacco politico e verbale alla «visione americana del mondo». Un ulteriore segnale di apertura francese era giunto nel fine settimana, durante gli incontri primaverili del Fmi, con l'accettazione della proposta - sollecitata anche dall'Italia - di inviare una missione in Iraq per valutare quali potrebbero essere futuri interventi, senza aspettare la risoluzione Onu sul dopoguerra. Preparato il terreno, Chirac è riuscito a far alzare la cornetta a Bush ed è stato il quel momento che ha giocato la carta della Nato in Afghanistan, riuscendo a ottenere in cambio l'assenso dell'inquilino della Casa Bianca alla presenza al summit del G-8 di Evian che fino a quel momento era rimasta in dubbio. «Bush andrà a Evian», confermava poco dopo il portavoce Ari Fleischer. La decisione francese sulla Nato era stata richiesta a più riprese nelle ultime settimane dal ministro degli Esteri, Franco Frattini, e costituisce per Washington un risultato importante per due motivi. Primo: proprio sulla Nato si consumò il primo strappo, con il veto di Parigi all'assistenza militare alla Turchia. Secondo: si profila già da subito come un precedente da seguire anche nel caso dell'Iraq in quanto i Paesi che stanno inviando soldati per missioni umanitarie - Spagna, Italia, Olanda, Danimarcia, Portogallo - sono tutti membri della Nato. Dopo la telefonata Chirac-Bush si apre una fase di riconciliazione fra i due alleati che resta però disseminata di ostacoli. Basti pensare che oggi alla Casa Bianca è in agenda un incontro fra alti funzionari per esaminare possibili penalizzazioni economiche dei prodotti «made in France». Il terreno di maggiore attrito è quello relativo alla sorte del debito iracheno: la proposta Usa di azzerarlo è interpretata come una provocazione dalla Francia, che è uno fra i maggiori creditori. Parigi vuole invece un negoziato sulla ristrutturazione - come avvenne per la Russia ai tempi di Boris Eltsin - che coincida con accordi sulla ricostruzione che premino anche le aziende transalpine. C'è infine il tavolo dell'Onu: solo il Consiglio di Sicurezza con il suo voto potrà legittimare conflitto, aiuti umanitari e ricostruzione. Washington e Parigi concordano sulla necessità che si proceda ad approvare singole risoluzioni su ogni tema e non una collettiva. Ma il momento in cui i due ambasciatori torneranno ad alzare assieme la mano sembra ancora lontano.

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