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Il labirinto basco | ||
by Manuel Monereo Pérez Wednesday, May. 14, 2003 at 12:21 AM | mail: | |
Come muoversi all'interno dell'intricato labirinto basco? Una chiave per il labirinto Per affrontare in condizioni accettabili un labirinto sarebbe necessario poter disporre di una mappa, o almeno di qualche indicazione, che permettano di progettare — man mano che si avanza — il percorso, e di individuare una chiave per cercare l'uscita. La prima cosa che è necessario aver presente è che la Spagna è uno Stato pluri-nazionale, con al suo interno tre nazioni storicamente definite (Euskadi, la Catalogna e la Galizia), che conquistarono uno statuto autonomo con la seconda Repubblica (1931-1939). Bisogna segnalare anche che nelle proposte politiche dei partiti della sinistra spagnola (Pce e Psoe) e in quelle dei partiti nazionalisti, catalani, baschi e galiziani, si sosteneva in modo molto netto che la conquista della democrazia in Spagna avrebbe richiesto, almeno, il ritorno agli statuti del 1936. Si può dire che uno degli aspetti più rilevanti del tipo di transizione democratica che c'è stata in Spagna fu — sicuramente — il mancato riconoscimento della riconquista di questi diritti. Esaminando il problema da un'altra prospettiva, bisogna prendere nota del fatto che la lotta politica e sociale antifranchista nei Paesi baschi fu più radicale ed ebbe un sostegno più esplicitamente maggioritario che nel resto della Spagna: e a questo contribuì — senza alcun dubbio — la presenza di un'organizzazione armata, come l'Eta, che aveva, in quel momento, un sostegno sociale largo, ben oltre i confini delle tendenze nazionaliste. Mentre in Catalogna e in Galizia, nel post-franchismo, non ci furono grandi difficoltà a ricollocarsi nel percorso di una transizione democratica, orientata e diretta dai settori riformisti del regime e dalle forze moderate dell'opposizione democratica, nei Paesi baschi il problema risultò molto più difficile, fino al punto che il referendum costituzionale ebbe come risultato una bocciatura maggioritaria in Euskadi, benché lo statuto autonomo, contrattato tra il governo centrale e quello basco, venisse approvato a maggioranza. Questo deficit di legittimità costituzionale sottolinea molto bene le difficoltà di connessione tra Euskadi e la Spagna. Davanti al labirinto La specificità basca si esprime anche nei rapporti di forza politici e sociali, nettamente diversi rispetto al resto dello Stato spagnolo, comprese le nazionalità storiche. Prima di tutto, vi si trova una maggioranza nazionalista, articolata in tre forze politiche: il Partito nazionalista basco (Pnv), Eusko Alkartasuna (Ea) ed Herry Batasuna (Hb)-Euskal Herritarrok (Eh, schieramento elettorale di Herry Batasuna dal 1998), queste ultime legate all'Eta. Nelle ultime elezioni basche (il 1998), il voto a queste tre forze sfiorò quasi il 54% del totale. In secondo luogo, si è andato configurando, dal momento che gli attentati dell'Eta si sono andati generalizzando dopo la fine della tregua, un blocco che si autodefinisce `costituzionalista', intorno al Partito popolare (Pp) e al Partito socialista (Psoe), sempre più ostile al nazionalismo — che è portato a combattere senza fare alcuna differenza tra le sue componenti. La somma dei voti di questi partiti nel 1998 raggiunse il 41% del totale. Poi, c'è Ezquer Batua-Izquierda unida (Eb-Iu), situata su una terza posizione rispetto alle due appena richiamate, che difende un progetto federalista, orientato a sinistra: nel 1998, questa formazione conseguì il 6% dei voti. Due questioni è necessario sottolineare: innanzitutto, la crescita spettacolare del Pp, che ha finito col configurarsi come la seconda forza politica basca (col 20%), dietro al Partito nazionale basco (28%), esito che rappresenta una novità radicale. Infine, le difficoltà crescenti di Herry Batasuna-Euskal Herritarrok, che è passata, oggi, dall'essere la forza che aveva capitalizzato la tregua dell'Eta (nel 1998 ottenne quasi il 18% dei voti, a spese, fondamentalmente, dei nazionalisti moderati e di Eb-Iu) ad essere l'organizzazione su cui si concentra il rifiuto delle altre forze politiche e dei media, per il fatto che non si differenzia dall'Eta. Nel labirinto In un certo senso, si può dire che le prossime elezioni del 13 maggio nei Paesi baschi sono considerate, specialmente dal governo del Pp, come occasione per aprire la strada a una nuova fase storica, caratterizzata dal passaggio all'opposizione delle forze nazionaliste e dalla vittoria dei partiti che aderiscono a quello che viene definito `blocco costituzionalista'. La campagna elettorale, cominciata già da molto tempo, sta riflettendo una bipolarizzazione politica, che risulta per molti aspetti artificiale e che nasconde l'esistenza di progetti molto diversi, tanto nelle forze nazionaliste che in quelle `spagnole'. Il Partito nazionale basco, uno dei partiti più antichi dello Stato spagnolo (fondato nel 1895) è formalmente un partito democratico-cristiano, con collegamenti molto solidi col movimento operaio basco (il suo sindacato di riferimento, Ela-Stv, è quello maggioritario in Euskadi, con un peso del 40% nella rappresentanza sindacale) e con la Chiesa cattolica; e a questo bisogna aggiungere una presenza molto viva nelle aree intellettuali legate alla lingua e alla cultura basca. Il Pnv nell'ultimo periodo ha sofferto di una radicalizzazione, in senso indipendentista, motivata da tre fenomeni legati tra loro: la svolta `centralista' del Pp, la volontà di egemonizzare l'insieme del nazionalismo basco, in alternativa a Herry Batasuna, soprattutto dopo la fine della tregua dell'Eta, e le possibilità aperte da un'Unione europea, vista come una dimensione, in cui potrebbe essere possibile consolidare i diritti storici di popoli senza Stato, come quello basco. L'obiettivo per il mondo nazionalista è stato ed è quello di conseguire una nuova tregua da parte dell'Eta e l'inizio di un dialogo politico orientato a pacificare la società basca e ad ampliare gli attuali margini di autogoverno, compreso l'esercizio del diritto all'autodeterminazione. Un altro progetto, chiaramente diverso, è quello del Partito popolare, che fino ad oggi ha saputo calamitare a sé anche il Partito socialista, seppure tra molte difficoltà. Il progetto del Pp riflette una volontà storica di sostituire il Pnv nell'egemonia, che tradizionalmente quel partito ha avuto nel blocco dominante e nella società dei Paesi baschi. Si tratta di smontare, da una collocazione di potere, la trama politico-istituzionale che si è andata intessendo attorno al nazionalismo, e di ricostruire su basi nuove la realtà sociale basca, facendo perno su una modernizzazione neo-liberale, favorita dai cambiamenti che si stanno producendo in Europa. È decisivo, di questa posizione, che muova da un presupposto negato dalla realtà, almeno come la riconosciamo sino ad oggi: l'inesistenza della questione basca. Quello che invece esisterebbe veramente, secondo questo orientamento, è il problema del terrorismo, che occorrerebbe risolvere, fondamentalmente, con misure poliziesche e repressive, isolando non solo Herry Batasuna, ma anche il nazionalismo moderato. Non è casuale che, per questo compito, José María Aznar abbia designato come candidato il ministro dell'Interno, un assai noto rappresentante della borghesia basca di tradizione `spagnola'. Il progetto di Herry Batasuna-Euskal Erritarrok, che difende l'Eta, ha come obiettivo l'esercizio del diritto di autodeterminazione del popolo basco, con una prospettiva nettamente indipendentista. Per questo, si ricerca la realizzazione del `fronte nazionale' col nazionalismo moderato e, insieme, un accordo politico tra l'Eta e il governo spagnolo, appoggiato da un vasto consenso basco. Le forze aggregate intorno all'Eta sono cresciute, mentre, presumibilmente, il suo consenso elettorale conoscerà una flessione. Una parte non irrilevante della gioventù basca, infatti, non solo è disposta a sostenere pubblicamente l'Eta militare, ma mostra anche una grande propensione a divenire parte della stessa struttura armata. Il dato di reale novità e politicamente più rilevante è l'incorporazione nell'Eta di nuove generazioni senza la preparazione ideologica, politica e militare di quelle precedenti. I quadri veterani dell'organizzazione o sono morti o sono in carcere e i giovani che li hanno sostituiti radicalizzano il loro militarismo. E i loro gruppi di azione sono disarticolati, ma agiscono con una frequenza ed una intensità sconosciute fino ad oggi. Tutto ciò in un contesto di nuove strategie, di lotta di strada (kale borroka), in cui si praticano `attacchi di bassa intensità', che sono il brodo di coltura delle nuove leve per l'organizzazione armata. Ezquer Batua-Izquierda Unida è una forza minoritaria, che senza dubbio ha mantenuto un progetto suo, basato su tre elementi fondamentali: la denunzia senza ambiguità del terrorismo, il dialogo politico visto come unico meccanismo reale di fuoruscita dal conflitto basco e la prospettiva di uno Stato federale, in cui trovi il suo spazio la specificità di Euskadi: tutto ciò accompagnato da un impegno per ricollocare la questione sociale e il confronto sinistra/destra dentro un contesto caratterizzato da un dibattito politico identitario. Eb-Iu cerca, senza molto successo, di creare un terzo polo, insieme ad alcune organizzazioni sindacali e pacifiste, che apra spazi di razionalità, di convivenza e di dibattito nel contesto di una realtà artificialmente polarizzata. Vie d'uscita In ogni labirinto ci sono vie d'uscita vere e false: la possibilità di confonderle è la condizione essenziale nelle regole del gioco di un labirinto, che sia veramente tale. La campagna elettorale sarà terribilmente dura e senza sfumature; respingente nei suoi toni e con attentati e uccisioni, che accompagneranno la discussione. I sondaggi danno risultati incerti, con una polarizzazione, che tende ad escludere qualsiasi altra posizione. Le vie d'uscita, le possibili combinazioni dipenderanno molto dalla campagna elettorale. Un governo basco `costituzionalista' dovrebbe fare i conti, da un lato, con una realtà sociale e politica molto conflittuale, soprattutto se da una posizione di potere si proponesse di criminalizzare il nazionalismo nel suo insieme, dall'altro con la difficoltà di consolidare un governo tra Partito popolare e Partito socialista in Euskadi, mentre nel resto della Spagna il Psoe cerca di recuperare consensi, per riconquistare il governo perduto nel 1996. Dovrebbe fare i conti infine con le attività dell'Eta. Per parte sua, un governo nazionalista dovrebbe far fronte non soltanto al problema della opposizione di popolari e socialisti, ma ad un patto molto difficile con Herry Batasuna, le cui rivendicazioni andrebbero molto oltre ciò che oggi il Pnv sarebbe disposto ad accettare e fare proprio, al di là dei suoi eccessi verbali. Ci sarebbero altre opzioni, come quella di un governo di `concentrazione' o la riedizione di una vecchia pratica di governo tra Partito nazionale basco, Eusko Alkartasuna, Partito socialista e Sinistra basca-Izquierda unida, se questa conseguisse un risultato pari alle aspettative. Per Izquierda unida, malgrado sia una forza minoritaria, si pone una grande responsabilità: riuscire ad ottenere i parlamentari sufficienti per rendere possibili maggioranze alternative. In Izquierda unida, infatti, facciamo una scommessa su una via d'uscita, che rompa i fronti esistenti e apra lo spazio per un ruolo politico e sociale della sinistra. Quanto queste ipotesi in campo siano fondate, lo sapremo dopo il 13 maggio. Manuel Monereo è della presidenza federale di Izquierda Unida |
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