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Riferimenti legislativi di base sulla televisione
by www.dirittodellainformazione.it Sunday, May. 18, 2003 at 5:26 PM mail:

Le leggi che disegnano il quadro della situazione legislativa italiana in materia di televisione.



RIFERIMENTI LEGISLATIVI

TELEVISIONE

L. 103/1975

E' il primo intervento legislativo in materia di televisione. Prima di allora era stata la Corte Costituzionale a fornire alcune linee guida, pur nel silenzio della Costituzione a riguardo. Questa legge in effetti arriva l'anno successivo a due sentenze della Corte che, pur ribadendo la legittimità del regime di monopolio, a causa della limitatezza dei canali disponibili e della difficoltà di accedervi, con il rischio di creare un monopolio privato, riconosce la necessità di una sistemazione della materia, di cui indica alcuni criteri, traendoli dai principi costituzionali. Il Parlamento tiene in evidente considerazione i suggerimenti ricevuti in questa legge, detta della "radiotelevisione" e si occupa in particolare modo della Rai, la concessionaria della tv pubblica. A riguardo la legge razionalizza composizione e funzioni della Commissione Parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, prevista già nel 1947 ma senza poteri che potessero rendere il suo intervento davvero incisivo e alternativo al controllo essenzialmente governativo allora vigente. Con la l.103 la commissione acquista competenze, poi variamente attuate o strumentalizzate negli anni, in merito agli indirizzi per garantire il rispetto dei principi del sistema e ai relativi controlli. La commissione inoltre ha rilevanti poteri consultivi, dovendo esprimere il proprio parere ad esempio sul contenuto della convenzione Stato-Rai. Nelle originarie competenze che la l.103 attribuiva alla commissione di vigilanza vi era anche quella, successivamente abolita, di eleggere parte del consiglio di amministrazione della Rai.



L.10/1985

La legge, assai poco innovativa, si inserisce in un confuso contesto, maturato nel decennio precedente. Nel 1976, infatti, la Corte Costituzionale aveva affermato il principio di libertà di impresa televisiva a livello locale, affidando al legislatore il compito di stabilire un regime idoneo di limiti e autorizzazioni. Il legislatore, però, non interviene in modo tempestivo, indirettamente favorendo la cosiddetta "a-regolamentazione" del sistema televisivo locale, fino alla situazione definita di Far West dell'etere. Gli stessi operatori televisivi privati e locali subiscono grandi cambiamenti: i più piccoli cominciano a cedere alle pressioni economiche, mentre i grandi imprenditori cominciano a interessarsi alla televisione schiacciando definitivamente le piccole emittenti e avanzando pretese di trasmissione a livello nazionale. La Corte Costituzionale ribadisce nel 1981 la necessità di un intervento legislativo regolatore della materia, mentre le strategie dei privati si modificano; in più i grandi escono dal mercato lasciando emergere in posizione dominante il gruppo Fininvest.

In questo contesto la legge del 1985 avrebbe potuto svolgere un ruolo forte, ma il legislatore perde l'occasione limitando le disposizioni relative ai privati operanti in tv a pochi marginali articoli, lasciando sostanzialmente la situazione immutata e concentrandosi invece sul sistema pubblico, eliminando alcuni dei vincoli che la l.103/1975 aveva posto all'operato della Rai.



L.223/1990

Esortato dalla decisa reazione della Corte Costituzionale alle norme del 1985, il Parlamento perde un'altra occasione di razionalizzare il settore televisivo privato. Con la cosiddetta legge Mammì, infatti, non fa altro che fotografare, dando ad essa una veste di legalità, la realtà di fatto che gli operatori privati e in particolare il gruppo Fininvest avevano creato. Rai e Fininvest, insieme, hanno il dominio assoluto delle trasmissioni televisive, coprendo il 90 per cento degli ascolti e il 92 per cento della pubblicità. La normativa antitrust che la Corte Costituzionale aveva richiesto come indispensabile si limita a prevedere che ogni privato può gestire al massimo tre reti televisive su scala nazionale, esattamente quelle già possedute da Fininvest. Anche la pianificazione delle frequenze e la disciplina di pubblicità e sponsorizzazione contenute nella legge Mammì sono solo una canonizzazione della situazione esistente.

L. 206/1993

La legge 206 si occupa del rinnovo dei vertici Rai, con lo scopo di svincolare la concessionaria da una dipendenza troppo stretta con il potere politico. La nomina dei membri del consiglio di amministrazione della Rai è affidata ai Presidenti di Camera e Senato, mentre quella del direttore generale spetta ai consiglieri di concerto con l'Iri.

L.249/1997

E' la tappa finale dei grandi contrasti politici e istituzionali all'indomani della legge Mammì. Nel 1994 Berlusconi diventa Presidente del Consiglio, e a fine anno la Corte Costituzionale dichiara incostituzionale la legge Mammì, laddove prevede che per un solo privato sia possibile controllare tre reti televisive su dodici concessioni totali disponibili. Nel 1995, poi, si svolgono i referendum popolari sulla legge Mammì, volti a ridurre ad una le reti consentite a un solo soggetto: la consultazione popolare è preceduta da una serrata campagna sulle reti Fininvest e l'esito è negativo.

Nel 1996 sale al governo il centro sinistra con Prodi e il ministro alle Poste e Telecomunicazioni Antonio Maccanico propone due disegni di legge che razionalizzino il settore delle concessioni televisive. Solo nel 1997 si arriva all'approvazione della l. 249. Uno dei punti più caldi del testo di legge è l'individuazione dei limiti antitrust: per il principio del parallelismo nella diminuzione delle due grandi potenze televisive la Rai dovrà creare un rete senza pubblicità, mentre Mediaset dovrà "inviare sul satellite", per trasmissioni irradiate solo con questo mezzo, una delle sue tre reti.

Nella legge 249 si prevede l'istituzione dell'Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni, composta da un Presidente di nomina governativa e da otto componenti di nomina parlamentare, divisi tra maggioranza e opposizione e a cui sono affidate rilevanti competenze.


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