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Il tempo è scaduto, sfratto al Leoncavallo
by dal manifesto Saturday, May. 31, 2003 at 12:27 AM mail:

Dopo dieci anni lo storico centro sociale milanese è «invitato» a lasciare lo spazio di via Watteau. La proprietà rivuole l'immobile. Ma gli occupanti rilanciano: «Da qui non ce ne andremo mai». Nel frattempo si cercano possibili terreni di mediazione. Si parla di una fondazione. E domani pomeriggio alle 15 manifestazione fino a Palazzo Marino.


Tempo scaduto. Oggi il Leoncavallo dovrebbe lasciare l'immobile che occupa da quasi dieci anni. Ma il centro sociale più famoso d'Italia non se ne andrà. Anzi. Proprio domani pomeriggio alle 15 da via Watteau partirà una manifestazione diretta a Palazzo Marino. E' un ritorno nelle strade per dire ai milanesi Il Leoncavallo non ci basta, rivogliamo la città. L'efficiente macchina organizzativa in questi giorni ha incollato ovunque questo manifesto, anche se di fronte alla nuova parola d'ordine molti sono rimasti perplessi: «Scusa, ma cosa vogliono?». Del resto al Leoncavallo non ne parlano molto volentieri, e c'è qualcuno che lamenta la mancanza di trasparenza. Ricapitoliamo. Il Tribunale di Milano ha emesso una sentenza di sfratto per il centro sociale che dal 1994 occupa una ex stamperia dell'immobiliare Brioschi (gruppo Cabassi). Proprio il 30 maggio, oggi, è fissato il «trasloco» ma non vedremo all'opera i carabinieri. Tanto più che anche il consiglio comunale, con una mozione presentata da un consigliere di Forza Italia, ha chiesto al prefetto di soprassedere, «per motivi di ordine pubblico». Insomma, a Palazzo Marino, nonostante i mugugni dei post fascisti, l'aria è distesa.

Lo sviluppo giudiziario però ha impresso un'accelerazione alla complicata trattativa tra gli occupanti e la proprietà, la quale, senza forzare la mano, in tutti questi anni ha cercato il dialogo per individuare una forma di regolarizzazione che contemplasse il pagamento dell'affitto: circa 500 mila euro all'anno per 14 mila metri quadrati. Una cifra che il Leoncavallo ha sempre detto di non potersi permettere, scartando anche diverse ipotesi di cogestione con la proprietà e di condivisione dei locali e delle spese con altre realtà impegnate nel sociale. Eppure c'è chi si chiede come sia possibile che un posto molto frequentato come il Leoncavallo non riesca a pagare un affitto con le sue iniziative di finanziamento. In ogni caso la causa civile intentata nel 1999 dalla società della famiglia Cabassi per ottenere in tempi lunghi il rilascio dell'immobile ormai è arrivata a destinazione.

Secondo Daniele Farina, portavoce del Leoncavallo e consigliere comunale del Prc, una soluzione solo «tra privati» è sempre stata impensabile, anche per non snaturare una esperienza alternativa fortemente ancorata nel sociale e solidaristica. Quello che in passato è mancato, e che forse continuerà a mancare, è dunque una via d'uscita «politica», laddove i politici in questa città sono sempre stati ostili, inconcludenti e sordi nei confronti di chi ha lavorato e lavora contro la dismissione di ogni iniziativa sociale. «Tre sgomberi tra il 1989 e il 1994 - dice Farina - sono tanti, il quarto sarebbe davvero troppo. Anche perché sono stati anni passati a cercare soluzioni. Ma senza una parte attiva di un ente pubblico territoriale, è una ricerca impossibile. Nel 1997 con il comune di Milano si era arrivati ad un passo. Ma non se ne fece niente».

E, adesso, in via Watteau, sono convinti che bisogna ancora ritornare a bussare allo stesso indirizzo - Palazzo Marino - per proporre un «prototipo» di soluzione valido anche per altri spazi occupati. Quale? Il Leoncavallo, per cominciare, sta pensando di costituirsi in fondazione. Questo sarebbe solo un primo costoso passo - servono circa 100 mila euro - per poi presentarsi con tutte le carte (contabili) in regola per cercare finanziamenti, con l'appoggio anche di alcune personalità della ricca borghesia milanese «illuminata», chiamate a garantire la solidità dell'operazione. I nomi che circolano sono pesanti - la famiglia Moratti, il principe del diritto societario Guido Rossi e don Gino Rigoldi, membro della commissione centrale di beneficienza della Fondazione Cariplo. All'orizzonte ci sarebbe poi l'idea di lanciare una campagna di azionariato popolare. «Il prototipo lo chiamiamo Fondazione - precisa Farina - noi insistiamo su un'area di proprietà privata che vogliamo diventi a partecipazione pubblica. Faremo la nostra parte ma non possiamo cambiare il patto solidale che sta alla base del nostro agire». Ma il problema, forse, sta nel manico, cioè negli interlocutori istituzionali. Perchè in comune comanda sempre un tale che è ancora fermo al «voi dovete mettere per iscritto che rinunciate alla violenza», mentre c'è un simpatico assessore «ai giovani», l'ex maoista Brandirali, il quale, stupito dalla bellezza dei graffiti di via Watteau, vagheggia un intervento nientemeno che delle Belle Arti. Mentre molti, in questi giorni, cioè al 90esimo minuto, a destra e a (centro) sinistra, si recano in pellegrinaggio al Leoncavallo per «scoprire» un super centro sociale - e la mensa, la libreria, lo spazio teatro, quello per i concerti, il baretto per il jazz, la sala riunioni... - che è sempre stato sotto il naso di tutti. Insomma, adesso, cosa si può pretendere da questo comune? «Entrando direttamente nella fondazione darebbe il segnale di un cambiamento di direzione nelle politiche sociali», dice Farina. Un'impresa che sembrerebbe disperata.

A questo punto, non è facile dire come finirà. Di certo è difficile immaginare che l'ipotesi della fondazione da sola possa bastare per far quadrare i conti con la proprietà: data per scontata l'impossibilità di pagare un affitto, l'acquisto dell'immobile sembra inavvicinabile al prezzo di circa 10 milioni. Di certo è che da quel luogo il Leoncavallo non ha alcuna intenzione di sloggiare, anche perché in questi dieci anni questa esperienza ha rappresentato un valore aggiunto inestimabile, per l'area in questione, per il quartiere e per tutta la città. Un valore che ormai nemmeno la giunta Albertini può far finta di ignorare. «Per adesso, come ogni volta precedente - conclude Farina - ci mettiamo in moto, alla fine sarà Milano a decidere. La sua storia ci ha insegnato che le giunte passano, i centri restano».

Dopo il corteo, diversi artisti domani sera porteranno la loro solidarietà al Leo. Su tutti, Modena City Ramblers, Francesco Baccini e Enzo Jannacci.

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