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Ventenne suicida in carcere a Roma. È il quarto in due mesi
by dall'unità Sunday, Jul. 06, 2003 at 10:45 AM mail:

Ventenne suicida in carcere a Roma. È il quarto in due mesi.


Un altro suicidio in carcere, questa volta a Regina Coeli e proprio a pochi giorni dal definitivo annacquamento del cosiddetto “indultino” e nel giorno della risposta del presidente della Camera Pier Ferdinando Casini ad una lettera dei detenuti. Un giovane di vent’anni si è tolto la vita sabato mattina inalando il gas della bombola con cui cucinava nella sua cella. Al ragazzo erano stati revocati gli arresti domiciliari alla fine di maggio. Il ritorno in carcere sembra dunque essere la causa dell’ennesima tragedia avvenuta dietro le sbarre di una Casa circondariale. Il dolore degli altri detenuti e degli agenti della Polizia penitenziaria si è subito trasformato in un messaggio di forte solidarietà alla famiglia del giovane.

Si tratta del quarto suicidio nelle celle degli istituti di pena romani negli ultimi due mesi. Sempre con una bombola a gas il 24 giugno si era tolto la vita un uomo di 40 anni, mentre si trovava nell’infermeria del Nuovo complesso di Rebibbia, chiudendosi poi la testa con una busta di plastica. Sempre a Rebibbia a metà maggio, a distanza di pochi giorni, due detenuti si erano uccisi impiccandosi con il lenzuolo ridotto a brandelli alle sbarre delle celle. Il primo, 41 anni, era stato dichiarato per ben due volte incapace di intendere e di volere dal Tribunale di Roma, che ne aveva consigliato il trasferimento all’ospedale psichiatrico giudiziario. Il secondo era un ragazzo di vent’anni che credeva di aver finito la sua detenzione. All’origine del suo gesto lo sconforto nell’avere appreso che invece lo aspettava un altro anno dietro le sbarre.

La notizia è stata data dal parlamentare dei Verdi Paolo Cento che proprio ieri, in qualità di vice presidente della Commissione Giustizia della Camera, era in visita alla struttura carceraria di Roma per appoggiare la protesta di alcuni detenuti per la ripresa di un dibattito sull’indulto. «La situazione delle carceri in Italia è insostenibile - ha commentato Cento - stanno scoppiando e il ritardo con cui il problema si sta affrontando aggrava la situazione ogni giorno di più. Lo sciopero dei detenuti è sacrosanto perché dopo l’affossamento del Senato dall’indultino nessuno troverà beneficio». Il testo modificato a Palazzo Madama infatti prevede uno sconto della pena di un anno, ma per giovarsene i detenuti devono avere tutta una serie di requisiti che, secondo stime delle associazioni che operano nelle carceri, riguarderebbero solo fra i seicento e i settecento detenuti in Italia. «In più - continua Cento - in molti casi uno sconto anche superiore i detenuti l’hanno avuto usando la legge Gozzini e i premi. Per ultimo, nel testo dell’indultino vengono previsti obblighi molto severi come quello di non lasciare il Comune di residenza. Alla fine anche quei pochi che potranno goderne, rinunceranno».

Il caso del giovane di ieri mette in luce anche un ulteriore problema, spesso sottovalutato. «Il ragazzo probabilmente era tossicodipendente - spiega Cento - e i servizi sanitari stanno scontando ritardi burocratici nel passaggio delle deleghe alle Regioni e alle Ausl». Su questo fronte la giornata di ieri ha anche registrato un esposto depositato dai Radicali alla Procura di Salerno nel quale denunciano la sospensione del trattamento con metadone a 66 detenuti nel carcere di Salerno-Fuorni, prima seguiti da vari Sert della Regione Campania. «Per legge - attacca l’europarlamentare Marco Cappato - dal 1 gennaio 2000 sono state trasferite al servizio sanitario nazionale le funzioni di assistenza sanitaria ai tossicodipendenti svolte prima dall'amministrazione penitenziaria. Ciò non sarebbe accaduto nel carcere di Salerno. Per questo motivo chiediamo alla procura salernitana di accertare se esistono delle responsabilità».

Tutto questo spinge Cento a rilanciare l’ipotesi di un nuova misura di clemenza generalizzata: «Torniamo ad un indulto minimo con uno sconto di pena di 6 mesi per tutti i carcerati. Mi appello a tutte le forze democratiche perché diano un segnale di speranza a chi dentro al carcere attende da anni un provvedimento di clemenza».

Il segnale che chiede Cento è arrivato nel pomeriggio di ieri anche dal presidente della Camera. Pier Ferdinando Casini ha risposto infatti alle molte lettere giuntegli da detenuti delle carceri di Regina Coeli, San Vittore (Milano), Sollicciano (Firenze) e Le Vallette (Torino). «Il 13 dicembre 2002 - scrive il Presidente della Camera - in occasione della mia visita al carcere di San Vittore, assunsi l’impegno a far sì che la Camera prendesse una decisione su questo tema. Quell’impegno fu onorato». Ora Casini si prende un ulteriore impegno: «le forze politiche si assumano la responsabilità di una decisione definitiva». Per quanto gli spetta, il presidente della Camera non può far altro che calendarizzare il prima possibile il provvedimento in assemblea e già domani ripartirà la discussione. Su come finirà il confronto parlamentare Casini precisa che «in ragione delle mie funzioni istituzionali non posso darvi alcuna assicurazione sul merito del provvedimento poiché le valutazioni di contenuto sono rimesse esclusivamente alla autonomia delle forze politiche e dei gruppi parlamentari. Ritengo tuttavia di poter dire - sottolinea il presidente della Camera - che il legislatore non si è dimostrato insensibile ai problemi sollevati con preoccupazione dai tanti detenuti. La questione dei provvedimenti di clemenza, che pure presenta aspetti molto complessi, anche di carattere non esclusivamente politico, è stata costantemente alla attenzione del dibattito parlamentare degli ultimi mesi».

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