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Teheran vietata agli studenti
by Il manifesto Wednesday, Jul. 09, 2003 at 2:21 PM mail:

Tehran, città vietata agli studenti Proibite le manifestazioni, chiusi alcuni campus, rinviati gli esami a settembre. Così il regime iraniano si prepara alle commemorazioni dei cortei studenteschi del 1999 MARINA FORTI, Il Manifesto 9 luglio 2003

Tehran, città vietata agli studenti
Proibite le manifestazioni, chiusi alcuni campus, rinviati gli esami a settembre. Così il regime iraniano si prepara alle commemorazioni dei cortei studenteschi del 1999
MARINA FORTI
L'ostello universitario di Amir Abad, a Tehran, è chiuso per tutta la settimana. Le sessioni d'esame sono rinviate, gli studenti fuorisede sono tornati a casa. Ogni assembramento è vietato anche all'interno dell'università, gran parte dei leader delle organizzazioni studentesche sono stati arrestati. La tensione sale: i dirigenti della Repubblica islamica iraniana vogliono evitare a tutti i costi manifestazioni di piazza. Soprattutto temono un nuovo round di dimostrazioni come quelle di giugno, quando una protesta di studenti contro la privatizzazione dei servizi universitari ha innescato un happening spontaneo di migliaia di cittadini, con caroselli d'auto e scontri con le milizie islamiche: ben dieci notti di proteste nelle maggiori città del paese. Una voce molto ricorrente a Tehran dice che quelle notti di giugno sono state un complotto dei conservatori, che così hanno avuto il pretesto per arrestare attivisti e prevenire manifestazioni il 9 luglio. Vera o falsa, la voce testimonia del clima di tensione. Gran parte degli arresti in giugno sono avvenuti a manifestazioni concluse, e sono stati mirati: 4.000 persone, ha detto il procuratore generale dello stato, tra cui una sessantina di attivisti studenteschi. Gli studenti sono convinti: l'arresto di gran parte dei dirigenti dell'Ufficio per promuovere l'unità, la maggiore organizzazione attiva nelle università di tutto il paese, è stato un «colpo preventivo» in vista del 9 luglio, oggi.

Questa data è diventata d'improvviso molto importante per gli studenti iraniani. Il 9 luglio del 1999 poliziotti antisommossa e miliziani islamici assaltarono l'ostello universitario di Tehran. La sera prima centinaia di studenti avevano protestato contro la chiusura di uno storico giornale della sinistra islamica. Nell'assalto uno studente fu ucciso, centinaia feriti. Non fu mai detto chi aveva dato l'ordine, e più tardi gli assalitori furono assolti. Seguirono giorni di rivolta e una repressione durissima. Molti attivisti sono rimasti in galera per mesi o anni. Nelle settimane successive decine di giornali indipendenti furono chiusi dalla magistratura, giornalisti e intellettuali arrestati. Una battuta d'arresto nelle riforme democratiche avviate dal presidente Mohammad Khatami due anni prima.

Quest'anno gli studenti a Tehran hanno annunciato l'intenzione di commemorare l'anniversario nonostante i divieti. E' la prima volta: finora la data del 9 luglio aveva avuto risonanza limitata. Del resto la speranza di cambiamento aperta dall'arrivo di Khatami si è da tempo tramutata in delusione. Giovani e studenti hanno cominciato a riversare la loro insofferenza piuttosto nei blog elettronici. Mentre la ricchezza si concentra e i prezzi salgono, sono incerti sul futuro. Certo, gruppi universitari sono rimasti attivi: come quelli che hanno preso a invitare noti intellettuali riformisti a tenere conferenze nelle loro facoltà. Nell'ottobre scorso una di queste conferenze a Isfahan ha fatto scandalo: il professor Hashemi Aghajari aveva accusato il clero sciita di formare una classe di potere che usa la religione per perpetuare il proprio dominio; parlava di «protestantesimo islamico», di separare la religione dalla politica e democratizzare le istituzioni. Accusato di insultare l'islam, Aghajari era stato condannato a morte: è allora che il movimento degli studenti iraniani si è rivitalizzato, ci sono state proteste in tutte le università del paese, finché la condanna è stata sospesa.

Questo rinnovato movimento studentesco è più radicale di quello del 1999. Più precisa la critica: gli studenti se la prendono con le istituzioni della repubblica islamica, non elette, che discendono dal potere assoluto della Guida suprema, ma sono anche contro il presidente Khatami. L'Ufficio per promuovere l'unità in questi giorni discute di cambiare nome (in «promuovere la democrazia») e si dichiara fuori dalla coalizione riformista. Questi ragazzi - i dirigenti hanno 25 o 26 anni - dicono che il tentativo di riformare il regime dall'interno è fallito. «L'unico luogo che consideriamo ancora legittimo è il parlamento», hanno scritto giorni fa a Khatami: ma se non sarà in grado di rispondere (sulla sorte degli arrestati, e sulle riforme) «perderemo fiducia in tutto il sistema». Se Khatami non è in grado di difendere le riforme, dicono gli studenti, dovrebbe «prendere coraggio» e dimettersi. Questi studenti non sono antiamericani, se non altro perché gli suona falsa la propaganda antiamericana di regime. Ma non sono neanche filoamericani, e hanno reagito con fastidio alle dichiarazioni di solidarietà arrivate da Washington: forniscono ai conservatori ottime scuse per accusarli di lavorare con il «nemico esterno» (il regime liquida le manifestazioni di giugno come un complotto esterno, proprio come aveva fatto nel `99).

Lo schieramento riformista d'altra parte è diffidente verso le manifestazioni di piazza. E però in giugno intellettuali e attivisti riformisti hanno infine difeso il diritto degli studenti a criticare il regime, con un appello in cui chiedono alla Guida suprema di cedere il potere a istituzioni democraticamente elette. Deputati riformisti hanno protestato contro gli arresti. Ma intellettuali e attivisti dei pochi, deboli partiti d'opposizione tollerati a Tehran non credono di avere la forza di confrontarsi con il regime, che controlla le leve dell'economia oltre alla magistratura, le forze di sicurezza, le forze armate. Il regime non teme: ma è rimasto scosso dal livello di insofferenza e frustrazione pubblica dimostrata dalle manifestazioni notturne di giugno. E anche i riformisti temono manifestazioni «anarchiche» fomentate dai gruppi di esiliati negli Stati uniti .

In effetti le tv trasmesse via satellite dalla California moltiplicano gli appelli a manifestare: proprietà di imprenditori vicini al figlio dello shah Palhavi, sono un misto di musica pop di basso livello e proclami contro la teocrazia, telefonate in diretta e notizie. Così Radio Farda («radio domani»). Tre giorni fa un'altra tv americana in lingua farsi ha cominciato le sue trasmissioni verso l'Iran. La guerra di propaganda è intensa, nei giorni scorsi gli agenti dei servizi iraniani hanno ricominciato a sequestrare le antenne paraboliche, in teoria vietate ma assai diffuse: nel vano tentativo di isolare gli iraniani dal mondo.


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