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MO: rapporto israeliano sui primi morti dell'Intifada
by gap Wednesday, Sep. 03, 2003 at 12:35 AM mail:

02 set 03 - fonte: lemonde.fr - trad: gap

Il rapporto israeliano sui primi morti dell'Intifada denuncia la responsabilità della polizia
Le autorità israeliane sono accusate di aver tentato di mascherare metodi sbrigativi.

Al termine di quasi tre anni di inchiesta, la commissione presieduta dal giudice israeliano Theodor Orr ha emesso il suo verdetto, lunedi 1 settembre.

Incaricati di fare luce sugli incidenti che opposero la polizia israeliana a manifestanti arabi israeliani all'inizio dell'Intifada, a partire dal 29 settembre 2000, e che si concluse con la morte di dodici arabi israeliani e di un palestinese presente sul posto, i tre membri della commissione, due giudici, Orr e Hashem Khatib e un orientalista, Shimon Shamir, hanno concluso che ci fu una pesante resposabilità da parte delle forze di polizia. Queste ultime, che hanno sostenuto, secondo i giudici, "una cultura di menzogna", sono inoltre accusati di avere avuto di fronte ai manifestanti un atteggiamento "a priori ostile" e di avere tentato di mascherare alla classe politica i metodi spicci, tra cui l'uso di proiettili veri, durante scontri in cui ci fu un'altra vittima, un israeliano di confessione ebraica, ucciso dal lancio di sassi.

Il primo ministro allora in carica, Ehoud Barak, e soprattutto il suo ministro degli interni, Shlomo Ben Ami sono ugualmente accusati per avere sottovalutato la gravità della situazione e di aver tardato a reagire. I tre esperti ritengono che alcuni rappresentanti della comunità dei palestinesi d'Israele, tra cui il deputato Azmi Bishara hanno, con il loro comportamento, gettato olio sul fuoco. Più di un milione dei 6 milioni e 600 mila cittadini israeliani sono arabi.

Puntando il dito contro gli attori di una repressione violenta, che faceva eco a quella in vigore allo stesso momento nei Territori Palestinesi, la commissione Orr a individuato dei responsabili, ma nessun colpevole, eccetto un responsabile subalterno della polizia. In effetti, la commissione non si esprime su provvedimenti a carico delle persone incriminate. Ovviamente, si pronuncia contro una eventuale reintegrazione dei due alti responsabili della polizia, che hanno già abbandonato le loro cariche e che Ben Ami non possa più, in futuro, esercitare un ruolo di resposanbilità nell'ambito della sicurezza interna israelina, ma questi ha già preso le distanze dalla politica. I commentatori israeliani sono d'accordo nel considerare che il rapporto della commissione non dovrebbe minacciare altrettanto Barak, in caso di un suo ritorno in primo piano. Conseguenze immediate: queste conclusioni non hanno attenuato il dolore e la collera delle famiglie delle vittime, che avevano già espresso la loro diffidenza nel corso dei mesi passati. Il Comitato di controllo, la più alta istanza rappresentativa della comunità degli arabi israeliani, ha vivamente criticato l'assenza di sanzioni giudiziarie e di accuse nei confronti dei responsabili arabi israeliani.

In realtà, la volontà evidente dei tre membri della commissione di non limitarsi ai soli incidenti ma di esaminarne allo stesso modo il contesto, per richiamare il paese ai suoi doveri nei confronti di alcuni autoctoni, vittime di lunga data di molteplici discriminazioni nell'educazione, nel alvoro, non ha comunque, a quanto pare, convinto gli arabi israeliani. Come se questi ultimi si aspettino che questo lavoro subisca l'identica sorte di numerosi rapporti allarmisti rimasti nel dimenticatoio. Perché la cicatrice degli avvenimenti dell'ottobre 2000 è lontana dall'essere rimarginata. Il malessere tra la maggioranza ebrea d'Israele e la sua minoranza araba, percepita spesso come una "quinta colonna" palestinese, è stata alimentata dai seguiti giudiziari intrapresi nel 2001 contro Bishara, in seguito ai suoi viaggi in Siria e di un discorso energico in favore della resistenza palestinese, come pure per gli intrighi che hanno coinvolto un altro deputato arabo israeliano, Ahmed Tibi, al tempo dell'iscrizione alle elezioni di gennaio, o ancora per le accuse di sostegno ad una "organizzazione terrorista", in particolare il Movimento della resistenza islamica (Hamas), portate contro il ramo del nord del movimento islamico israeliano e singolarmente contro il suo capo, lo sceicco Raed Salah.

Il rapporto della commissione Orr rischia dunque di non saldare i conti. Se sarà confermato, il raduno annuale che il ramo del nord del Movimento islamico organizza sin dal 1995 nella metà di settembre, in omaggoi alla moschea al-Aqsa di Gerusalemme, potrebbe offrire l'occasione a questo risentimento di esprimersi.

Gilles Paris

http://www.lemonde.fr/article/0,5987,3218--332366-,00.html

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Testo integrale del rapporto in inglese (Ha'Aretz)

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