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[milano] Gli abitanti di via Adda: «Cacciate gli abusivi»
by dal corriere Thursday, Sep. 18, 2003 at 11:12 AM mail:

Gli abitanti di via Adda: «Cacciate gli abusivi». La difesa dei nomadi: «Qui non ci sono ladri».


Non è una cosa che si nota, quando chiusi in auto si sta in coda al semaforo di via Melchiorre Gioia. Non si nota neppure se ci si passa accanto di fretta, in via Pirelli, magari col taxi che ti sta portando a prendere un treno in Centrale. Ma per chi ci abita, in quell’isolato tra via Adda e via Cornalia, effettivamente è diverso. È diverso anche solo se ci si passa a piedi e si guarda la scena: il grande caseggiato dall’intonaco cadente, coi balconi pieni di panni stesi, voci di bambini nel cortile interno, crepe preoccupanti lungo i muri vecchi, andirivieni di zingari dentro e fuori dal portone.... È il famoso "palazzo occupato" di via Adda. Occupato da parecchi - decine, decine, decine - di quei rom che quasi due anni fa furono cacciati con le ruspe dal campo nomadi di via Barzaghi. «Basta, di questo casino non ne possiamo più», è lo sfogo ricorrente di una parte degli «altri» residenti dell’isolato Adda-Cornalia. Ma loro, i rom, rispondono: «Noi abbiamo solo cercato una soluzione al nostro problema, che era quello di avere un posto in cui vivere con le nostre famiglie. Questo palazzo dismesso era una fogna, è vero: ma lo stiamo mettendo a posto con le nostre forze, se ci accordiamo per un prezzo equo pagheremo anche l’affitto, come è giusto. Sia chiara una cosa, però: non accetteremo un nuovo sgombero alla cieca, come era avvenuto in via Barzaghi». Chi parla è Cristian, uno dei leader della comunità. E spiega: «Quando siamo arrivati qui in via Adda i problemi c’erano eccome. Ma erano precedenti al nostro arrivo. Problemi igienici, per prima cosa: il palazzo era in stato di completo abbandono, negli androni delle scale c’erano montagne di rifiuti, una cosa pazzesca... beh, noi lo abbiamo ripulito meglio che potevamo, stiamo imbiancando l’interno degli appartamenti, abbiamo fatto molto per renderlo almeno decente... anziché pensare di cacciarci via qualcuno dovrebbe venirci incontro perché potessimo completare i lavori e mettere a norma gli impianti, gli infissi...».
Che ai lavori di pulizia manchi ancora qualcosa è una percezione che in effetti si ha, passeggiando sul marciapiede e buttando il naso dentro il portone. «Ma noi siamo i primi - continua Cristian - a voler andare fino in fondo. Come abbiamo fatto, e stiamo facendo, anche per quanto riguarda quell’altro problema». Quello cioè della delinquenza, precisa lui stesso.
«La nostra non è - dice - una comunità di ladri. Ma prima che arrivassimo noi, questo è vero, il palazzo qui in via Cornalia di brutte facce era pieno eccome: marocchini, albanesi, gente che di notte spacciava in Centrale e di giorno bivaccava qui dentro. Però noi li abbiamo cacciati, e per molti mesi non si erano più visti».
E adesso? Fabio, uno dei volontari italiani che alla comunità rom di via Adda dedicano tempo ed energie, riconosce che certe complicazioni sono tornate ad affacciarsi: «Noi rispondiamo delle famiglie rom che conosciamo, e che qui sono la stragrande maggioranza. Ma gli sconosciuti che ogni tanto arrivano e si installano qui dentro ci sono: così come ci sono persone arrestate in Centrale, per i reati più vari, che dichiarano di vivere qui senza che noi le avessimo mai viste». Viceversa - raccontano altri membri della comunità - non sono mancati casi anche recenti in cui i rom «storici» di via Adda avrebbero collaborato all’arresto di facce assai meno raccomandabili delle loro, ma ugualmente insediatesi là dentro. «L’ideale - dice ancora Fabio - sarebbe se riuscissimo a organizzare un servizio di portineria».
«Ma i nomadi - chiede una signora che abita due porte più avanti - non dovrebbero appunto essere "nomadi"?». Cristian sorride: «Non tutti. La nostra comunità, anche in Romania, era stanziale da almeno due generazioni. L’80 per cento di noi, adesso, ha un permesso di soggiorno regolare. I nostri figli vanno alle elementari. Per quelli delle medie, che sono più indietro, tanti ragazzi come Fabio stanno cercando di darci una mano con lezioni di recupero. Certo, tutti noi vorremmo anche avere un lavoro più stabile di quelli spesso saltuari che invece abbiamo. Ma soprattutto chiediamo di avere una casa: non un campo di roulottes. È una cosa fuori dal mondo?».

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