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Ministro di Bolzaneto
by Alessandro Mantovani da Il Manifesto Friday, Sep. 19, 2003 at 11:29 AM mail:

Nel 2001 distingueva tra lager e campo di concentramento. Ora attacca i pm genovesi

E' il ministro di Bolzaneto. Da due anni difende a spada tratta l'operato della polizia penitenziaria nella caserma genovese, dove centinaia di persone arrestate al G8 del luglio 2001 subirono violenze, soprusi e vessazioni. Ha già detto che non sospenderà nessuno dal servizio fino alle condanne definitive, cioè tra dieci anni. E ieri Roberto Castelli ha ribadito su Italia1 di voler «difendere il buon nome degli agenti della polizia penitenziaria». Quanto ai pm che li accusano di abuso d'autorità, violazione della Convenzione europea dei diritti umani, ingiuria, minaccia, lesioni e percosse, Castelli dichiara: «Mi stupisce che, essendo stato io presente a Bolzaneto quella notte, nessun magistrato abbia avuto la curiosità di sentire cosa io avessi visto». Ma cosa dovevano chiedergli, se per lui andava tutto bene? «Il 6 settembre 2001 - ricorda il verde Paolo Cento - davanti alla commissione d'indagine del parlamento il ministro Castelli disse: `La mia visita a Bolzaneto è durata dall'1,35 circa alle 2,00 della nottetra sabato e domenica. Ho visto, ripeto, una situazione tutto sommato normale, tenendo ovviamente presente il contesto di quei drammatici momenti'. Ed è evidente - osserva Cento - che la normalità testimoniata da Castelli è incontrasto con le conclusioni della procura di Genova», che si prepara a chiedere il rinvio a giudizio di 42 tra poliziotti, agenti e medici della penitenziaria e carabinieri. Giovanni Russo Spena (Prc) va oltre: «Invece di coprire eventuali reati, che devono essere accertati, il ministro Castelli farebbe bene a ricordare che a Bolzaneto è morto un pezzo dello stato di diritto». Ma che ne sa l'ingegnere?

L'audizione del guardasigilli leghista sul G8 bisogna leggerla tutta, si trova su internet (http://www.misteriditalia.com). «Nelle celle che ho visto c'erano una decina di uomini, di ragazzi, da una parte - raccontò - con un agente della polizia penitenziaria e una ragazza dall'altra parte. In qualche modo mi ha un po' stupito. Quindi ho chiesto come mai fossero in quella posizione, rivolti verso il muro, in piedi. Mi è stato risposto che avevano fatto così per evitare il pericolo che gli uomini potessero dar fastidio alla ragazza. Questa è stata la risposta dell'agente». E lui l'avrebbe bevuta: «Ripensandoci, la risposta mi è sembrata non del tutto esaustiva», concesse Castelli. «Ma possibile - insisteva - che durante la visita del ministro nessuno si sia lamentato?». «Al di là di casi singoli malaugurati - concludeva - devo dire che non si sono verificati gravissimi problemi. Qualcuno ha pagato il prezzo di rimanere troppe ore in piedi. Non so se sia una cosa gravissima...». Ancora: «I metalmeccanici per 35 anni lavorano in piedi dalla mattina alla sera. Ebbene, non li ho mai sentiti lamentarsi». Ma la perla è un'altra: «Sono stato accusato di aver costituito un lager. Diverso è costituire un campo di concentramento, termine che non ha un'accezione negativa di per sé». E l'onorevole Antonio Soda (Ds) commentava: «Affinché resti agli atti, campo di concentramento è la traduzione di lager». L'avrà imparato, l'ingegnere?

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